Viaggio nel Chianti: terra di arte e vino
Sulle orme della manifestazione "Chiantissimo. Contenitore di Arte Contemporanea", un progetto d'arte diffusa curato da Davide Sarchioni e organizzato da TerraMedia APS nei tre comuni del Chianti Fiorentino
Parte il nostro tour vinicolo e artistico nel territorio collinare più noto al mondo, terra di vino e olio, ma anche fulcro di energie, patria che ha accolto, nel corso dei secoli, intellettuali, scrittori, artisti, navigatori. Questo angolo di mondo così ricco di stimoli e fascino, di offerte culturali dalla alla letteratura all’attività culinaria, accetta le sfide della creatività in tutte le sue sfaccettature, aprendo le porte all’arte contemporanea.
Il percorso che intraprenderemo segue le orme della manifestazione Chiantissimo. Contenitore di Arte Contemporanea, un progetto d’arte diffusa curato da Davide Sarchioni e organizzato da TerraMedia APS nei tre comuni del Chianti Fiorentino (che hanno patrocinato il festival), a partire da San Casciano Val di Pesa, epicentro dell’intero progetto, fino a Greve in Chianti e Barberino Tavarnelle. L’arte contemporanea crea così nuove rotte percorribili e incide sul paesaggio culturale, accorciando le distanze e offrendo inedite prospettive della realtà.
Dove parte il nostro viaggio? Ci troviamo a San Casciano Val di Pesa, borgo distrutto parzialmente dai bombardamenti e ricostruito dopo la seconda Guerra Mondiale. Il centro è tuttavia rimasto per alcune parti intonso e i cittadini l’hanno ammirato vestirsi a festa, prima con i colori delle 5 contrade nel periodo del carnevale, poi con insoliti stendardi caratterizzati da fasce cromatiche sovrapposte e frasi incisive che si dipanano lungo 4 delle 5 strade principali dalla Piazza dell’Orologio. Se le bandiere sono state cucite a mano, l’ordine e l’accostamento dei colori (tra i quali il fucsia che offre un senso di benessere) insieme alle frasi sono state originate grazie all’intelligenza artificiale. Sono opera del collettivo e centro di ricerca sperimentale romano Numero Cromatico nato nel 2011 e interessato alla Neuroestetica e ai fenomeni della Percezione. Quest’installazione di poesia visiva lancia quasi un guanto di sfida tra pensiero umano e Machine Learning. San Casciano è infatti famosa anche perché fu qui che Machiavelli compose il suo capolavoro, il Principe. Si trovava qui in esilio e si dedicò alla scrittura nel podere dell’Albergaccio, da qui poteva ammirare la cupola del Brunelleschi, simbolo della sua amata Firenze, con l’amarezza di non potervi fare ritorno. I vessilli di Numero Cromatico recitano versi poetici come “Le sfere celesti sono già troppo buie per i nostri sensi” o “Le tenebre hanno ceduto il loro passo a un flusso di onde brillanti”. L’autore è S.O.N.H. intelligenza artificiale istruita dal collettivo a scrivere testi sul futuro dell’umanità.
Poco fuori dal centro, dove si trova il Parcheggio Stianti e una pista per skater, incontriamo la seconda opera. In una composizione eclettica, Flavio Favelli (Firenze, 1967) riflette sul concetto di Chianti Classico che deriva dal Sangiovese (per almeno l’80%), vitigno principe della Regione, a volte unito con le uve rosse del Merlot, ma è legato, in realtà, ad un territorio ben delimitato. Quest’ultimo comprende sette comuni: San Casciano Val di Pesa; Greve in Chianti; Castellina in Chianti; Gaiole in Chianti; Radda in Chianti; Barberino Tavernelle (2 comuni che si sono uniti) e Castel Nuovo Berardenga (dove ci fermeremo a dormire). Fu nel lontano 1716 che Cosimo III de’ Medici fissò i confini del Chianti Classico, ma l’immagine del Gallo nero in relazione alla produzione del vino risale al XIV sec. Sulla superficie dell’opera di Favelli compaiono così i nomi di celebri cantine. Sul logo di Antinori è orchestrata una finzione: la villa rinascimentale rappresentata non la Villa del Cigliano a San Casciano val di Pesa, persa dalla famiglia per oltre 30 anni, bensì un altro possedimento, la Villa di Monte Aguglioni a Scandicci (che si trova quindi fuori dall’area esclusiva del Gallo Nero). Compare anche l’etichetta del Frescobaldi, la cui cantina essendo a Pontassieve non può fregiarsi del logo del Gallo Nero.
Ritornando verso il centro storico, scopriamo il Teatro Niccolini grazie all’opera digitale Map (Star) the World di Vincenzo Marsiglia (Belvedere Marittimo, 1972). Un QRcode scannerizzato con lo smartphone rimanda al video dell’esperienza in realtà aumentata che si può vivere indossando il device HoloLens 2. I visori mostrano la superficie architettonica rivestita da una seconda pelle, la digital texture chiamata dall’artista “unità Marsiglia”, un pattern che ripete il segno grafico di una stella a 4 punte, che avvolge tutto come una guaina trasparente.
Dal teatro passiamo ad un altro centro propulsore, fondamentale per la comunità, la biblioteca comunale: ci attende A-cielo libero di Gabriella Ciancimino (Palermo,1978). Sulla superficie di una volta, proprio vicino alle librerie ricolme di libri, si anima una sorta di Giardino d’Inverno pittorico: un compendio iconografico che mixa insieme illustrazioni prese in prestito da vecchie riviste della Cultura libertaria come Umanità Nova, Il Risveglio, L’Alba dei Liberi. Sono effigiate alcune piante spontanee autoctone, che vennero usate come principale nutrimento nel periodo della Resistenza. Avvalendosi dell’aiuto del botanico Ivo Matteuzzi, capo-giardiniere del Giardino delle rose di Boboli, Ciancimino è riuscita ad individuarne alcune come la Clematis vitalba, l’Opuntia Mill. La Sanguisorba officinalis L., l’Equisetum arvense, la Borago officinalis, il Ruscus aculeatus e la Medicago-lupulina. L’intento è creare un parallelismo tra la resistenza biologica delle specie vegetali e la resistenza storica dei gruppi anarchici, di attivisti e pensatori libertari.
Tra questi, Pier Carlo Masini ex-sindaco di San Casciano Val di Pesa, morto nel 1998. Le figure umane, che sembrano sinuose rappresentazioni Liberty, si mescolano così ai motivi vegetali delle piante commestibili: spiccano la fava e un curioso Fico d’India.
Oltre a commissionare nuove opere d’arte, grazie alla presenza di sponsor di riguardo come Chianti Banca, Città metropolitana di Firenze e Publiacqua spa, Chiantissimo ha la missione di preservare le testimonianze artistiche promosse in passato, di mappare le opere superstiti e restaurarle, allo scopo di renderle fruibili alla popolazione e ai turisti.
Tra queste una preziosa installazione del 1997 di Mario Merz, è infatti l’unica che si trova all’aria aperta. Il neon blu composto da una teoria di numeri, che rispecchia la sequenza di Fibonacci, è realizzato con vetro soffiato a bocca. Disposto sul culmine delle mura del borgo, è contraddistinto da un cervo che nell’immaginario cittadino è diventato una sorta di icona: compare ad esempio nel logo del teatro, come animale-totem dei programmi di eventi culturali, nello stemma della squadra di calcio…una sciarpa della squadra di basket ha riscaldato il suo esile collo a vittoria ottenuta. Il cervo – prima impagliato poi fuso in alluminio – incarna per l’artista, originario delle Alpi Svizzere, un simbolo di natura primigenia.
Un’altra opera restaurata e allestita ora sulle Mura del Cassero è The end of second act (2007) di Perino e Vele, duo di artisti napoletani. In cartapesta pressata, rappresenta un pachiderma che pende, come un abito steso su un filo ad asciugare. L’elefante che richiama l’idea del volume e del peso per la sua importante stazza – la stessa scultura, fra l’altro, raggiunge i 260 chili – è in questo caso associato alla cultura popolare del panno steso. La sua superficie è coperta da un pattern che fa pensare ad una trapunta da letto e l’installazione vuole essere un monito: sottolinea l’importanza della protezione degli animali e delle tradizioni.
Ci spostiamo successivamente nel comune di Barberino-Tavarnelle. Avvolta dall’atmosfera di un magico tramonto, le cui dita rosate si fanno strada tra i pampini delle viti, compare alla nostra vista la Chiesa di San Michele a Semifonte. Quest’ultima, divenuta prospera e potente in un brevissimo arco di tempo, fu fiera avversaria della città gigliata – celebre la battaglia contro Firenze che ebbe luogo dal 1198 al 1202 -. Per tale motivo, persa la guerra, venne rasa al suolo con il divieto di costruirvi. Unica eccezione a salvarsi, la Cappella di San Michele. Al suo interno, sono custodite due opere di Valentina Palazzari (Terni, 1975). Le tele, in cotone riciclato, sono state impregnate di polvere di ruggine emulsionata e trattata. Il tessuto accoglie i segni lasciati dalla corrosione dei tondini di ferro; i materiali di cui l’artista si serve – reti elettrosaldate, plastiche da cantiere, cavi elettrici – danno vita a composizioni di scala monumentale. Le macchie pittoriche, lesioni e bruciature della superficie, sospese come fumi astratti, echeggiano il dramma ma anche la bellezza di un’esistenza transitoria. Sono infatti frutto di un processo di trasformazione, accelerato dall’artista, degli elementi organici. Palazzari intende instillare nel fruitore una sensazione di fragilità data dall’impatto con una realtà inevitabilmente effimera, come insegna il fulmineo passato di Semifonte, la sua rapida ascesa e la sua altrettanto subitanea sconfitta. Le tele non poggiano infatti direttamente a terra, proprio per suggerire una leggerezza apparente, una è rialzata grazie a dei cavi elettrici attorcigliati in volute sul pavimento.
Ultima tappa firmata Chiantissimo, Greve in Chianti dove, nel Museo di San Francesco, vengono accolti particolari ospiti. In dialogo con la collezione permanente di arte sacra, si trovano tele, ceramiche e installazioni, in bilico tra astrazione e figurazione, attraversate da striature e colate di pittura energica. Thomas Lange (Berlino, 1957) si ispira al mito di Orfeo ed Euridice e trasforma un letto, recuperato da un ex ospedale psichiatrico infantile, in un’opera d’arte. Il letto incarna per Lange l’archetipo del ciclo della vita, dalla nascita alla morte, il congiungimento tra passato, presente e futuro. Adagiato sul metallo arrugginito un tulle leggero dove è tracciata la figura di una donna, l’effetto del velo trasparente e del suo movimento crea, a seconda di come è indirizzato lo sguardo, la sparizione dell’immagine. Quando Orfeo, disceso nell’oltretomba per recuperare la sua amata, non resiste alla tentazione di voltarsi per contemplarla ne causa la sparizione. Euridice è ormai inafferrabile, come un miraggio lontano. In un altro dipinto, ad olio diluito con acquaragia, Lange si ispira alla tavola di Nanni di Bartolo con la Vergine e il bambino.
Altri luoghi da non perdere? La torre astronomica Luciana, che si raggiunge percorrendo una via di campagna intitolata a Margherita Hack dove con sorpresa, quasi nascosta tra piante di finocchietto e spighe di grano, appare una misteriosa scultura rossa a falce d luna. È Luciana (1992) di Mauro Staccioli. Se volete associare il buon vino all’arte contemporanea potete inoltre visitare il Castello di Ama a Gaiole in Chianti che vanta le opere di 14 artisti di tutto riguardo tra i quali Louise Bourgeois, Daniel Buren, Robi Horn, Anish Kapoor, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Hiroshi Sugimoto, Pascale Marthine Tayou, Chen Zhen.
Dove fare tappa per dormire? A Castelnuovo Berardenga, al Dievole Wine Resort, che si estende per 600 ettari – caratterizzati da boschi, colline e vigneti – nel territorio del Chianti Classico a Vagliagli, a circa 12 km a nord di Siena. Il borgo risale al 1090 ed è Villa Dievole a dominare la vallata dai suoi 450 metri. Si tratta di un’azienda agricola che ha visto nascere la denominazione Chianti Classico, qui vino e olio extravergine di oliva vengono prodotti da quasi 1000 anni. Al piano terra della villa nobiliare si possono gustare le prelibatezze del ristorante Novecento, capitanato dalla Chef Monika Filipinska. Il ristorante guarda alla cucina tradizionale e si affida alle materie prime dell’azienda e di alcuni fornitori locali selezionati con cura, impiegando farine antiche macinate a pietra, ortaggi e frutta fresca di stagione, miele e formaggi. Il suo nome omaggia la riserva di Chianti Classico nata nel 1990 per celebrare i 900 anni di storia della tenuta.
Dievole, che prende il nome da “Se Dio vuole”, si batte per il territorio e le sue peculiarità. Ha infatti promosso l’evento “Chianti classico: Exploring a unique way of living”, durante il corso del quale sono state organizzate più tavole rotonde allo scopo di riflettere sul territorio e sulle sue peculiarità: partendo dal vino, si sono toccate tematiche quali il turismo, la ristorazione, la sostenibilità. Non a caso, nel 2014 la cantina di Dievole ha avviato il percorso di conversione al biologico, conclusosi nel 2020. In questo resort è possibile dedicarsi a ad attività sportive come passeggiate a piedi, in bici e a cavallo, ma anche lasciarsi coccolare e rilassarsi grazie a percorsi all’aperto, esperienze sensoriali per il corpo e per la mente, concepiti ad hoc con il contributo del team di Ants (Activity Nature Training Sense). Si propone ad esempio di camminare scalzi e di assaporare i cibi con lentezza, prestando attenzione ad ogni sensazione gustativa.