“Violentata nel metaverso”: Facebook introduce la distanza di sicurezza dopo la denuncia di una ricercatrice
“Violentata nel metaverso”: Facebook introduce la distanza di sicurezza dopo la denuncia di una ricercatrice
Insultata e molestata da almeno tre utenti in meno di un minuto. È l’esperienza allarmante riportata da una donna di 43 anni chiamata a testare la nuova realtà virtuale realizzata da Facebook, uno dei prodotti su cui la piattaforma creata da Mark Zuckerberg sta puntando il proprio futuro.
“A 60 secondi da quando sono entrata sono stata molestata verbalmente e sessualmente”, ha raccontato Nina Jane Patel, cofondatrice e vicepresidente di Kabuni Ventures, società che si occupa di ricerca sul “metaverso”. Il racconto della donna, pubblicato su Medium, è stato uno dei casi che hanno spinto Meta, la società che controlla Facebook, a correre ai ripari dopo diverse segnalazioni di abusi sulle proprie piattaforme per la realtà virtuale.
Venerdì scorso il gruppo ha lanciato un nuovo strumento per consentire alle persone che utilizzano la realtà virtuale di mantenere una distanza minima di 1,2 metri dagli altri utenti, per evitare interazioni sgradite. “È un passo importante e c’è ancora molto lavoro da fare. Continueremo a sperimentare ed esplorare nuovi modi per aiutare le persone a sentirsi a proprio agio in VR”, ha affermato Vivek Sharma, vicepresidente delle piattaforme per la realtà virtuale Horizon. Secondo Sharma le nuove misure aiuteranno a stabilire “norme comportamentali” nel metaverso. Tra gli strumenti già introdotti, Meta prevede anche una funzione che consente agli utenti di attivare una bolla attorno al proprio avatar nel caso si sentano minacciati e una che fa sparire le mani degli avatar se invadono lo spazio personale di altri.
Secondo Patel, gli abusi subiti nella realtà virtuale sono più realistici di quanto non si possa pensare. “La realtà virtuale è stata progettata in modo che la mente e il corpo non possano distinguere le esperienze virtuali/digitali da quelle reali. In qualche modo, la mia risposta fisiologica e psicologica è stata come se fosse accaduta nella realtà”, ha spiegato la ricercatrice, che ha definito l’accaduto come “orribile”. “Tre-quattro avatar maschili, con voci maschili, essenzialmente, ma virtualmente, hanno violentato il mio avatar e scattato foto — mentre cercavo di scappare”, ha raccontato Patel. “Quando ho chiesto di fare una pausa, hanno gridato: ‘Non fare come se non ti sia piaciuto.’ È stato un incubo surreale”, ha detto.