Zola: “Nessun allenatore doveva dirmi cosa fare. Sorpreso dalla rinuncia di Mancini, non me lo aspettavo”
Zola: “Nessun allenatore doveva dirmi cosa fare. Sorpreso dalla rinuncia di Mancini, non me lo aspettavo”
“Sono rimasto sorpreso. Se devo essere sincero, non me lo aspettavo”. Così Gianfranco Zola sulla decisione di Roberto Mancini di rinunciare alla panchina della nazionale italiana e passare poi a quella dell’Arabia Saudita. “Roberto ha fatto un grande lavoro, quando ha vinto l’Europeo. Non solo per il risultato, ma per il modo, lo stile in cui lo ha raggiunto. Dopo l’eliminazione ai mondiali io sono tra quelli che ha sostenuto lui dovesse continuare. Pensavo volesse arrivare ai mondiali”, ha affermato l’ex numero 10, intervistato da Walter Veltroni per il Corriere della Sera. “Sono, anche per questo, sorpreso e molto dispiaciuto della sua rinuncia”, ha aggiunto Zola, che nell’intervista ha voluto dire la la sua su come è cambiato il ruolo del fantasista.
“A me nessuno si è mai sognato di dirmi, quando avevamo la palla noi, ‘Vai di qua o vai di là, fai così o fai colì’. Io diventavo matto, quando cercavano di imbrigliarmi. Qualche allenatore ci ha provato, ma non era per me”, ha ricordato Zola, che vede la fine del fantasista tradizionale come “un processo iniziato alla fine degli anni Novanta con Sacchi”.
“Con lui si è cominciato a dare molto meno spazio alla creatività e molto di più all’organizzazione. Prima tutte le squadre erano strutturate allo stesso modo, con difese molto forti e marcatori capaci di annullare gli avversari. I due centrocampisti che recuperavano la palla la davano al numero dieci, o comunque al regista, che creava gioco, inventava l’assist per il bomber. Si lavorava molto per difendere, recuperare e impostare. Con Sacchi si è arrivati a una struttura più rigida, con i quattro centrocampisti, il 4-4-2, si faceva un grande pressing, tutti partecipavano alla manovra… Il fantasista doveva rientrare rigidamente in uno schema tattico predefinito. Non era come prima, quando il numero dieci era libero di andare dove voleva, seguire la palla, impostare la manovra”, ha affermato Zola, che ha anche voluto ricordare la figura di Diego Armando Maradona, con cui ha avuto “la possibilità di allenarmi e di giocare. E quella penso sia stata la svolta della mia carriera”. “Un gran bravo ragazzo. Buono come pochi”.