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Tour de France 2024: Tadej Pogacar arriva puntuale al rendez-vous con la storia

Immagine di copertina
Credit: AGF

Lo sloveno Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha vinto il 111° Tour de France conclusosi stasera al tramonto sulla Promenade des Anglais di Nizza. E’ stata un’edizione della Grande Boucle che sicuramente resterà negli annali per la concomitanza di tre eventi straordinari, due dei quali senza precedenti e uno atteso da ben 26 anni: la partenza dall’Italia, la chiusura lontano da Parigi e la doppietta Giro-Tour realizzata del fuoriclasse di Komenda, la prima dopo quella di Marco Pantani nell’ormai lontano 1998.

Credit: Giorgio Ialenti / TPI

Quando, poco prima di Natale, Tadej annunciò che avrebbe tentato di sovrapporre il giallo al rosa, in pochi presero la cosa seriamente. Alcuni dissero che, sicuro di perdere da Jonas Vingegaard (Visma Lease a Bike) al Tour, lo sloveno si voleva assicurare il Giro per mettere fine a tre anni di digiuno nelle grandi corse a tappe. Costoro ipotizzavano che, vinta la corsa rosa, Pogacar non si sarebbe neppure presentato al via da Firenze per via della feroce concorrenza che avrebbe reso impossibile tentare l’accoppiata. Chi mi legge, sa bene come io abbia sempre ritenuto fattibile, se non addirittura probabile, l’impresa, specificando che allo sloveno, in aggiunta alla miglior forma della vita, sarebbe servita anche un pizzico di buona sorte. Sotto quest’ultimo aspetto, quanto accaduto il 4 aprile al Giro dei Paesi Baschi non può essere sottovalutato. Per amor di precisione, ho qualche dubbio che il capitombolo collettivo che, in un solo colpo, ha mandato per le terre i tre principali avversari di Tadej abbia danneggiato le scarse possibilità di conquistare la maglia gialla di Remco Evenepoel (Soudal QuickStep) e Primoz Roglic (Red Bull Bora Hansgrohe). Al contrario, sono sicuro che il miglior Vingegaard avrebbe potuto contrastare validamente il figlio del Tricorno.

Credit: Giorgio Ialenti / TPI

L’odierno atto conclusivo, una cronometro di continui saliscendi che, in poco meno di 34 chilometri, ha portato i corridori da Montecarlo a Nizza, ha registrato, per l’ennesima volta, un risultato di giornata speculare alla classifica generale. Pogacar, pur rialzandosi per festeggiare a 500 metri dal traguardo, ha messo il suo sesto sigillo in questa Grande Boucle con il tempo di 45’24” alla media di 44.521 km/h. Jonas Vingegaard ha conquistato la piazza d’onore a 1’02” con Remco Evenepoel terzo a 1’13”. La graduatoria finale vede lo sloveno conquistare il suo terzo Tour de France con 6’17 sul campione uscente danese e 9’18” sul millennial belga al suo esordio nella corsa francese. Nel momento d’esaltazione che una prestazione come quella di Pogacar inevitabilmente genera, dobbiamo avere l’onestà d’ammettere che questo Tour non è stato all’altezza delle alte aspettative degli addetti ai lavori. Si era scritto dopo il Giro d’Italia che il dominio assoluto dello sloveno nella corsa rosa era dovuto alla mancanza di avversari. In realtà, il tanto decantato Tour delle meraviglie, altro non è stato che il secondo tempo del film iniziato a maggio sulle strade del Bel Paese.

Credit: Giorgio Ialenti / TPI

Digerita l’accoppiata, da domani inizierà il tormentone Vuelta. La corsa spagnola, che partirà da Lisbona sabato 17 agosto, offrirebbe a Tadej, in caso di partecipazione e conseguente vittoria, la possibilità d’ampliare i confini delle due ruote oltre i limiti del pensabile. Spero ardentemente che lui accetti la sfida anche se ben comprendo i motivi di chi si è espresso contro la sua presenza nella penisola iberica. Pochi sport come il ciclismo fanno leva sull’esaltazione della creatività. Ne consegue che l’idea di Tadej sul podio di Madrid domenica 8 settembre in maglia roja, dopo la rosa di Roma e la gialla di Nizza, regalerebbe al mondo della bicicletta un mito istantaneo destinato a durare in eterno.

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