Tour de France 2023: la resurrezione del novello Lazzaro
Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha vinto la sesta tappa del 110° Tour de France, la brutalmente intensa frazione pirenaica di 145 chilometri da Tarbes a Cauterets-Cambasque. Il campione di Komenda, simile a un pugile che si rialza, dopo essere andato al tappeto, e mette ko l’avversario, ha staccato di 24″ l’antagonista Jonas Vingegaard (Jumbo Visma). Al terzo posto si è piazzato con pieno merito il sorprendente norvegese Tobias Johannessen (Uno X Pro Cycling Team) a 1’22. La nuova classifica generale vede Vingegaard in maglia gialla. Il campione uscente può vantare un margine di 25″ sul rivale sloveno con l’ex capoclassifica, l’australiano Jai Hindley (Bora Hansgrohe), sceso in terza posizione a 1’34 dal danese. Difficile che il podio di Parigi non ospiti questi tre corridori considerando che il quarto in graduatoria Adam Yates (UAE Team Emirates) dista già 3’14 dalla maglia gialla.
La giornata odierna ha confermato la tendenza della Grande Boucle di quest’anno di produrre coppie di tappe in fotocopia. È stato così sia per le prime due giornate in terra basca di Spagna che per le successive due frazioni aquitane. I Pirenei hanno confermato che non c’è due senza tre. In partenza si formava una fuga comprendente corridori d’altissimo lignaggio come Wout Van Aert (Jumbo Visma), Mathieu Van der Poel (Alpecin Deceuninck), Julian Alaphilippe (Soudal Quick Step) e Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers). Inspiegabilmente, considerando l’assoluta mancanza di uomini di classifica tra i fuggitivi, la Bora Hansgrohe si schierava davanti al gruppo non lasciando dilatare il vantaggio degli attaccanti che non superava mai i quattro minuti. Sul Col d’Aspin, intanto, passava primo Neilson Powless (EF Education Easy Post) che così riconquistava la maglia a pois degli scalatori sottratagli ieri dall’austriaco Felix Gall (AG2R Citroen). La corsa cambiava radicalmente a metà salita del Tourmalet. Mentre davanti Van Aert scremava i battistrada, dietro Vingegaard, grazie al lavoro dell’imprescindibile Sepp Kuss (Jumbo Visma), faceva, quasi, il vuoto. A resistergli solo l’eterno rivale sloveno. Concetratissimo il campione di Komenda s’incollava alla ruota de Re Pescatore. I due diarchi, simili a motociclette, superavano i dispersi del drappello d’attaccanti della prima ora. In vetta al salita simbolo del Tour transitava in testa Johannessen che precedeva il portoghese Ruben Guerreiro (Team Movistar). Al termine della lunga discesa del Tourmalet, ai meno 25 dall’arrivo, al comando si compattavano in otto: il duo Jumbo composto da Vingegaard e Van Aert, quello EF formato da Powless e dal britannico James Shaw, Guerreiro, Johannessen, Kwiatkowski e Pogacar.
Prendeva a questo punto in mano la situazione Van Aert che, per 20 chilometri, imponeva un ritmo durissimo sia in pianura che all’inizio della salita conclusiva. Il fiammingo dava tutto, anzi forse anche qualcosa in più posto che rischiava d’impantarsi nel momento di lasciare strada al suo capitano sotto lo striscione dei 5.000 metri al traguardo. Vingegaard, a questo punto, passava in testa producendo uno scatto cui resisteva, nuovamente, solo Pogacar. Tadej pareva diverso da quello che era andato ieri in difficoltà. Dopo un paio di velleitari tentativi del danese, ai 2.500 metri era lo sloveno a rompere gli indugi, lasciando sul posto l’avversario e andando a conquistare un successo rilevante ancor più per il morale che per il distacco cronometrico. Nel breve spazio di 24 ore il mondo si è capovolto. Se temporaneamente, o in via definitiva, lo sapremo domenica sul Puy de Dome.
Domani andrà in scena la settima tappa, poco sostanziale ma molto didascalica. Si pedalera’ da Mont de Marsan, paese d’adozione di Luis Ocana, vincitore mezzo secolo fa del Tour 1973, per raggiungere dopo 170 chilometri Bordeaux, uno dei traguardi più iconici nella storia della corsa gialla. Sarà sicuramente volata ma, dopo le ultime due tappe, direi che si può pure accettare.