Non sarebbe San Giuseppe se non si corresse la Milano-Sanremo
Domani, nel giorno di San Giuseppe, andrà in scena la 113ma Milano – Sanremo. Si correrà, solo per una coincidenza del calendario, nella festività soppressa: una tradizione inaugurata nel 1929, in una edizione che vide la prima delle due vittorie di Alfredo Binda, e mantenuta fino al 1977. Per la prima volta nella sua ultracentenaria storia la partenza avrà luogo dal mitico Velodromo Vigorelli alle 9.50. Il via ufficiale avrà poi luogo in Via della Chiesa Rossa prima d’affrontare i 293 chilometri che porteranno all’arrivo di Via Roma nella città dei fiori.
Con la distanza equamente divisa tra la discesa verso il mare, attraverso le provincie di Pavia ed Alessandria, ed il successivo lungo transito sulla Via Aurelia, il percorso ritrova dopo due anni d’assenza il Passo del Turchino, tradizionale trampolino di lancio di attacchi quasi sempre destinati al fallimento. Se non avverrà nulla di sconvolgente prima, e le previsioni di bel tempo lo rendono molto improbabile, le ostilità si apriranno subito dopo Alassio quando i corridori si troveranno ad affrontare in rapida successione i tre rinomati capi, Mele, Cervo e Berta, un tempo ultimi giudici della corsa. Sarà poi la volta dell’erta più dura del percorso, introdotta esattamente 40 anni fa: i cinque chilometri e mezzo che porteranno i ciclisti da San Lorenzo al Mare a Cipressa, lungo la salita di Costa Rainera con una pendenza di poco superiore al 4%. In cima, mancheranno 30 chilometri al traguardo.
Dopo la successiva discesa la gara tornerà sulla SS1, dando inizio al tratto più tattico: i 9.500 metri che precedono il bivio a destra che, lasciando l’Aurelia, porta al Poggio di Sanremo. Nella maggior parte dei casi le azioni scaturite sulla Cipressa non sono sopravvissute a questo segmento in cui il gruppo, se ben organizzato, quasi sempre riesce a fagocitare gli attaccanti. Se, invece, non ci sono fuggitivi da inseguire, questa fase è caratterizzata da una lotta feroce per guadagnare le posizioni di testa del plotone in modo da iniziare davanti la salita del Poggio. Questo dentello, introdotto nel 1960 da Vincenzo Torriani, viene solitamente percorso dal gruppo a velocità altissima, quasi non fosse in ascesa.
Il suo ultimo chilometro, un interminabile falsopiano, ha ripetutamente emesso giudizi inappellabili. Per un attaccante, infatti, può essere sufficiente iniziare la picchiata sul traguardo, distante solo sei chilometri, anche con soli 50 metri di vantaggio. La tortuosità della discesa favorisce un solitario che può impostare meglio le traiettorie rispetto agli inseguitori costretti ad affrontare i tornanti con maggiore circospezione. Questa situazione si capovolge al rientro sull’Aurelia a poco più di duemila metri dal traguardo. A quel punto, dopo 290 chilometri di gara, entrano in gioco le energie residue rimaste nel serbatoio. Non è infrequente che il vincitore arrivi solitario in Via Roma per essere ripreso da chi insegue un attimo troppo tardi. La foto dell’arrivo, in questi casi, offre l’idea di una volata che, in realtà, non c’è mai stata.
Quanto sopra descritto avvenne nel 2018, in occasione dell’ultima vittoria italiana con Vincenzo Nibali (Astana Qazaqastan), ripetendosi l’anno scorso con il successo del fiammingo Jasper Stuyven (Trek Segafredo). Entrambi, come il campione del mondo Julian Alaphilippe (Quick Step Alpha Vinyl), a sua volte vincente nel 2019, non saranno domani ai nastri di partenza. Le assenze illustri, purtroppo, non si fermano qui. Lo sloveno Primoz Roglic (Jumbo Visma) ha preferito rifiatare dopo la non del tutto convincente vittoria nella Parigi – Nizza mentre Sonny Colbrelli (Bahrain Victorious) e Matteo Trentin (UAE Team Emirates), due tra i pochi italiani che potevano ben figurare, non saranno della partita, volendo preparare al meglio l’imminente campagna del nord.
Nell’improbabile caso d’arrivo di gruppo, che non avviene dal 2016 quando vinse il francese Arnaud Demare (Groupama Fdj), l’uomo da battere sarà Caleb Ewan (Lotto Soudal). Il piccolo sprinter australiano dagli occhi a mandorla, beffato due volte in tempi recenti proprio da Nibali e Stuyven, dovrà guardarsi, oltreché dal transalpino, dal sempre imprevedibile Peter Sagan (TotalEnergies), il fuoriclasse slovacco che più volte ha visto la vittoria evaporare a pochi metri dal traguardo. Allo sprint potrebbe dire la sua anche Wout Van Aert (Jumbo Visma), conquistatore nel 2020 dell’unica edizione estiva della storia della corsa al termine di un feroce testa a testa con Alaphilippe. Il fiammingo, in realtà, è l’unico che può adattarsi a tutte le soluzioni generate dalla corsa. Non si può, infine, non menzionare Philippe Gilbert (Lotto Soudal). Al vallone manca solo la Milano – Sanremo per completare la scala reale delle cinque classiche monumento riuscita solo ai tre Mostri sacri fiamminghi: Eddy Merckx, Roger de Vlaeminck e Rik Van Looy. E’ altamente improbabile che Gilbert riesca nell’impresa ma c’è da aspettarsi che, al suo ultimo tentativo, proverà qualcosa di altamente improbabile come avvenuto al Giro delle Fiandre nel 2017, quando trionfò dopo una cavalcata solitaria di 90 chilometri.
L’impressione crescente, tuttavia, è che la Sanremo 2022 possa essere soprattutto la sfida d’un uomo contro tutti. Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) è sceso in Italia due settimane fa, reduce dalla vittoria nell’UAE Tour, conquistando con impressionante facilità Strade Bianche e Tirreno – Adriatico. Domani affronterà, per la seconda volta in carriera, la corsa dei fiori. Per il campione di Komenda il problema principale sarà trovare terreno sufficientemente selettivo in una gara in cui, da sempre, la creatività ha dovuto sopperire alle asperità mancanti.
Parlare degli italiani e delle loro possibilità rischia di suonare utopico. Diego Ulissi (UAE Team Emirates), compagno di squadra di Pogacar, difficilmente potrà giocarsi le proprie chance. Alberto Bettiol (EF Education Easy Post) e Gianni Moscon (Astana Qazaqastan) cercheranno di rifinire la gamba in vista delle classiche franco – belghe. Il duo della Ineos Grenadiers, Filippo Ganna ed Elia Viviani, è uscito malconcio dalla Tirreno – Adriatico. La tentazione di recitare il de profundis, insomma, è decisamente forte ma la Milano – Sanremo ci ha insegnato che in questa corsa anche l’impensabile può accadere. Una vittoria azzurra, infatti, sarebbe un bel regalo di Pasqua anticipato. Il ciclismo italiano ne avrebbe tanto bisogno.