Il campione Nba Marc Gasol salva i migranti sulla nave dell’Ong Open Arms
Marc Gasol, stella del basket spagnolo e giocatore della Nba (il più prestigioso campionato di basket al mondo), è stato uno dei soccorritori della donna abbandonata nel Mediterraneo e tratta in salvo ieri dall’Open Arms.
Sì, il campione dei Grizzlies, la squadra di Memphis, con uno stipendio da 24 milioni di dollari l’anno, ha deciso di passare le vacanze a bordo di una nave nel Mediterraneo, cercando di salvare più vite di migranti possibili.
E non è la prima volta. Già l’estate scorsa Marc – senza dire niente a nessuno – prese la stessa decisione.
La nave su cui sta offrendo il suo servizio la stella Nba è la ONG Proactiva Open Arms, quella che ha salvato Josephine abbandonata insieme a una mamma col figlio (poi morti) in acqua a largo della Libia e che ha poi denunciato al mondo quanto accaduto.
Resoconto che ha generato moltissime polemiche in Italia dove il Viminale ha smentito la versione dell’Ong.
A svelare la presenza a bordo del campione sono state le foto scattate in occasione del salvataggio di Josephine in cui si nota Gasol intento con i suoi compagni a salvare la donna.
Una volta uscite le foto, lo spagnolo ha deciso di uscire allo scoperto con un tweet: “Frustrazione, rabbia e impotenza. E’ incredibile come tante persone vulnerabili siano abbandonate alla morte in mare. Profonda ammirazione per questi che chiamo i miei compagni di squadra in questo momento”.
Frustración, rabia y mucha impotencia. Increíble que se abandonen personas en medio del mar. Admiración profunda para los que estos días son mis compañeros de equipo @openarms_found pic.twitter.com/9pavXHCCBV
— Marc Gasol (@MarcGasol) 17 luglio 2018
Gasol ha poi raccontato ai media catalani: “L’abbiamo salvata, caricata a bordo della barca e poi sulla nave, dove i medici le hanno prestato le prime cure. Era scioccata, spaventata. Le abbiamo detto che l’avremmo aiutata. Abbiamo saputo che il suo nome è Josephine, che è partita dal Camerun”.
Poi ha aggiunto: “Perché sono qui? La fotografia che nel 2015 ha fatto il giro del mondo, quella del piccolo Aylan Kurdi, morto in un naufragio sulle rive della Turchia, mi ha provocato un senso di rabbia. A quel punto per me era chiaro che tutte le persone devono fare la loro parte per far sì che queste cose non accadano più”.
Quindi l’incontro con la ONG: “È stato allora che ho incontrato la gente di Open Arms. Mi hanno fatto capire che è una realtà drammatica in cui vivono molti bambini in tutto il mondo. Per me è stato uno shock. Così mi sono messo a disposizione”.
“Ammiro le persone delle Ong, che hanno messo a disposizione loro risorse economiche, logistiche, personali per aiutare i disperati. Ammiro chiunque fa qualcosa, senza aspettare che gli altri lo facciano”.