L’Italvolley femminile certifica la nascita di un’Italia multietnica
Che l’Italia sia, da qualche decennio, un Paese in cui l’etnia mediterranea e la religione cattolica siano sempre meno maggioritarie lo sanno tutti. Questo dato consolidato della società civile, tuttavia, non trova piena rispondenza nelle vigenti leggi con riferimento specifico a quella sulla cittadinanza. Quest’ultima, ottima al momento della sua promulgazione nel febbraio 1992, oggi necessita d’una doverosa revisione. Da anni su questo tema è in atto un dibattito, purtroppo astratto e fortemente demagogico, in cui, a mo’ di coniglio dal cilindro, vengono tirati fuori argomenti disparati, evitando volutamente il ricorso all’unico elemento che dovrebbe fungere da guida in questi casi: il buonsenso che, giova ricordarlo, non ha colore politico.
Come sperato da molti, a permettere il compimento d’un passo in avanti sono arrivati gli appena terminati Giochi Olimpici di Parigi. Questo appuntamento ci ha ricordato che, al di là dei nostri confini, le altre nazioni dell’Europa Occidentale da tempo sono alla ricerca di soluzioni alle incombenti questioni etniche e religiose. Indubbiamente, paragonare il nostro Paese a Francia e Regno Unito può essere iniquo. Alla fine del XIX secolo, quando queste due potenze costruivano i loro imperi coloniali, nel neonato regno sabaudo aveva inizio una continua emorragia emigratoria che, in più d’un secolo, ha portato alla presenza, oggi, di più di dieci milioni di cittadini italiani sparsi per il mondo. La mancanza effettiva d’un nostro impero coloniale e, conseguentemente, di una politica a esso dedicata hanno posto le premesse per le successive difficoltà. Infatti, diversamente da quanto è avvenuto in Francia e Regno Unito, i cui immigrati sono arrivati nel tempo dalle ex colonie, maggiormente preparati dal punto di vista culturale alla realtà che avrebbero incontrato, chi è giunto in Italia, divenuta solo negli anni ottanta metà d’immigrazione, si è trovato catapultato in un contesto sociale completamente alieno ai suoi usi e costumi.
Spiegati i motivi storici che hanno reso più difficile l’integrazione dei nuovi arrivati in Italia, bisogna, altresì, capire che è giunto il tempo di creare un clima meno ostile nei confronti di chi, avendone diritto formale e sostanziale, dimostri in modo chiaro di voler diventare cittadino. Questo non significa trasformare l’accesso alla nazionalità in una passeggiata di salute bensì renderlo fattibile in base a un percorso precisamente evidenziato che tenga conto di dati oggettivi e concreti. Sotto questo profilo, la scuola emerge come criterio discriminante supremo.
Infatti, a certificare l’impareggiabile valenza della formazione scolastica, è arrivata ieri la conquista del titolo olimpico da parte di quello splendido mosaico multietnico che è la Nazionale femminile di pallavolo. Un successo che ha le sue radici proprio dalla scuola, alma mater imprescindibile di questa bellissima disciplina sportiva. Non è un caso che, in Italia, la pallavolo sia l’unico sport di squadra in cui vige la parità di genere nell’interesse del pubblico. Giovani d’ogni estrazione cominciano a praticarla insieme dalla scuola primaria in avanti. Solo pochi, ovviamente, arrivano in alto. Il processo di selezione, splendido laboratorio d’integrazione a 360°, è indiscriminatamente aperto a tutti .
Nell’aprile del 2023 il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida lanciò l’allarme della sostituzione etnica nella speranza che, spinti da degli incentivi economici, gli antichi italiani si sarebbero convinti a generare più figli. Successivamente, qualche mese fa il Generale Roberto Vannacci si è soffermato, in modo decisamente marcato, sulle caratteristiche morfologiche, molto diverse da quelle mediterranee, della fuoriclasse della Nazionale neo campione olimpica, Paola Egonu. Queste due uscite, decisamente infelici, hanno generato non poche polemiche. A conferma di quanto sia potente come collante la vittoria, tanto Lollobrigida quanto Vannacci, nelle ultime ore, hanno corretto il tiro, inserendo decisamente la retromarcia. Questo ravvedimento non può che far piacere, generando, al contempo, la speranza che da settembre si possa aprire una nuova stagione politica che porti all’ampliamento della legge 92/91 in modo da consentire a tantissimi giovani, italiani in tutto tranne che nel loro diritto fondamentale, di diventare a pieno diritto cittadini.