La doppia giustizia degli arbitri
TPI è entrata in possesso di alcune sentenze sportive dalle quali emerge che alcuni direttori di gara di Serie A non avrebbero i requisiti per stare in campo
L’amministrazione della giustizia nell’Associazione Italiana Arbitri potrebbe presto rivelarsi una bomba ad orologeria con effetto boomerang. Dopo il terremoto nell’ufficio di presidenza di Alfredo Trentalange, lo tsunami potrebbe travolgere l’intero Comitato Nazionale. A rischio la legittimità dei campionati di Serie A e B.
Il 10 novembre 2022 il Capo della Procura arbitrale Rosario D’Onofrio viene arrestato per traffico internazionale di stupefacenti, colto in flagrante con 44 kg di marijuana. Dopo una condanna a 2 anni e 8 mesi – che stava scontando ai domiciliari da maggio 2020 – che non gli ha impedito di essere nominato Procuratore capo dell’Associazione Italiana Arbitri. È il 6 marzo 2021 quando, a tre settimane dall’elezione, il neo presidente dell’AIA, Alfredo Trentalange, gli affida le sorti della giustizia arbitrale. Quando D’Onofrio finisce in manette, i vertici dell’AIA negano il benché minimo sospetto mentre l’ex arbitro Giacomelli – da poco rimosso per 70 euro di rimborsi illegittimi – accusa pubblicamente D’Onofrio di averlo punito su volontà dei vertici dell’AIA. Là dove non arrivano i voti degli osservatori arbitrali, arriverebbero D’Onofrio e le sue “indagini”. La scossa di terremoto arriva ai piani alti della FIGC, che avvia subito un’indagine sulle modalità di nomina di quel D’Onofrio che, a fine ottobre, era già stato deferito dal Procuratore Federale, il Consigliere di Stato Giuseppe Chinè.
Il dubbio che qualcosa non torni viene anche ad Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i Giovani, ex Presidente della Lega di Serie B e del Credito Sportivo, grande conoscitore del sistema calcio e del mondo arbitrale: «Sono sorpreso che nessuno abbia sentito il dovere di dire ‘sono a disposizione’, perché questo dà il senso di una responsabilità che non è soltanto aver commesso il fatto, ma non aver compreso il fatto». Trentalange potrebbe rassegnare le proprie dimissioni e preservare l’AIA dal completo sfacelo ma preferisce dichiararsi «parte lesa». Mentre il braccio di ferro si fa sempre più intenso, assieme all’inchiesta federale vengono a galla altre anomalie. Se per ora il deferimento è un’ipotesi per il vertice dell’AIA, il rischio è che lo tsunami travolga l’intero Comitato Nazionale e non solo. TPI è entrata in possesso di alcune sentenze degli Organi di giustizia sportiva di FIGC e CONI dalle quali risulta che alcuni arbitri ed assistenti di Serie A non avrebbero nemmeno i requisiti regolamentari per scendere in campo. E tutto diventa un affare di Stato.
L’accusa di Giacomelli è grave perché svela due aspetti: i rimborsi gonfiati sono diffusi in tutti gli uffici ma i responsabili sarebbero stati pizzicati ad hoc. Giacomelli lo definisce letteralmente il grimaldello politico dei vertici dell’AIA. La Penna ad esempio, che sarebbe dovuto diventare internazionale al posto di un altro arbitro, è stato “fatto fuori” a sua volta per rimborsi irregolari. Ma su altri arbitri dai rimborsi sospetti, invece, D’Onofrio soprassedeva. Promuovendo l’azione disciplinare il Procuratore avrebbe indirizzato le carriere degli arbitri senza scomodare le decisioni sul voto per le prestazioni in campo. Fatto sta che per il suo primo anno di attività il Comitato Nazionale degli Arbitri premia D’Onofrio come miglior dirigente nazionale.
D’Onofrio ha prima inventato una laurea in giurisprudenza mai conseguita, poi falsificato i suoi rimborsi spese. Sì, proprio lui, che mozzava le carriere degli arbitri facendo le pulci sugli scontrini, avrebbe ottenuto migliaia di euro di rimborsi per trasferte mai fatte. Lo rivela un collaboratore AIA – solo dopo l’arresto – notando che non vi era corrispondenza tra i PNR dei biglietti ferroviari e il relativo QrCode: quei viaggi non esistevano nemmeno. Non solo, Daniele Tomei, impiegato dell’AIA e addetto alla liquidazione delle note spese (che però è anche il compagno dell’attuale Segretario dell’AIA, Silvia Moro, da cui ha avuto un figlio), non risultava nemmeno la corrispondenza tra i rimborsi richiesti e le attività effettivamente svolte. Davvero tra “direttori di gara” si possono drenare così i fondi pubblici senza che nessuno controlli?
Quello che fa più ridere, se non si trattasse dei garanti del campionato di calcio, è il sistema messo in piedi per permettere a D’Onofrio (ai domiciliari) di presenziare ad alcune assemblee a Roma. Senza un’autorizzazione del magistrato ordinario, D’Onofrio non può uscire di casa. Il rischio è che il magistrato ordinario impedisca al magistrato dello sport “ai domiciliari” di svolgere la sua funzione, trattandosi di un narcotrafficante internazionale.
A questo punto la straordinarietà dell’intervento ha sede nel bottone “invio” della casella di posta del suo segretario, Gaetano Rutigliano. Per presentare una motivazione plausibile al magistrato ordinario, D’Onofrio riceve una comunicazione in cui viene paventata l’ipotesi di una rimozione dall’incarico qualora non si fosse presentato negli uffici della Sede romana. Tanto basta a sciogliere le remore del magistrato ordinario e a fargli ottenere la concessione di uscire dai domiciliari a cui era “segretamente” relegato. Ma può un segretario di una commissione mandare una email senza un confronto con i vertici dell’associazione stessa?
Il bello comincia adesso. Ovvero quando la lente di ingrandimento si sposta sulle decisioni delle graduatorie arbitrali: chi va a casa, chi resta (in Serie A e B), e chi, contro la volontà del tribunale federale e del CONI, ci ritorna. Esiste un’interrogazione parlamentare presentata da Fausto Longo il 13 giugno 2022 che intende fare luce su una questione che riguarda l’impiego nei campionati di ben 2 arbitri e 4 assistenti (di cui uno è al mondiale) e che atterrebbe non solo alle responsabilità di Trentalange ma dell’intero Comitato Nazionale.
La storia inizia il 10 agosto 2020 quando, sotto la presidenza Nicchi, gli arbitri Nicola Baroni e Daniele Minelli vengono dismessi per motivate valutazioni tecniche. Vale a dire “nel vivaio abbiamo di meglio”. I giornali mostrano una chat whatsapp che desta sospetto ed i due sostengono che i voti siano stati corretti ad hoc per svantaggiarli. Minelli e Baroni, difesi dall’avvocato Gallinelli, ricorrono. Perdono. Fanno appello. Perdono. Si rivolgono al Collegio di Garanzia del Coni e perdono di nuovo. I due sono costretti ad appendere il fischietto al chiodo.
L’anno seguente, l’elezione di Trentalange e Baglioni, che, con l’avvocato Gallinelli, condivide lo studio legale, ha per loro l’effetto di un colpo di magia. Il nuovo Comitato Nazionale se ne infischia di tutte le sentenze del tribunale sportivo e, come conigli estratti dal cilindro, Baroni e Minelli vengono reinseriti nell’organico di A nonostante fossero dismessi da più di un anno. Rocchi non osa obiettare e li designa di nuovo in Verona-Udinese e Sudtirol-Cagliari. I risultati non sono dei migliori ma ormai giustizia è fatta. Sono ancora lì e nessuno sa il perché.
Quei rimborsi gonfiati che sono costati il posto a Giacomelli, ma anche a La Penna, Pasqua e Massa, non hanno creato però problemi ad altri assistenti, come Giallatini, che sarebbero stati sgamati con lo scontrino nella marmellata ma ne sarebbero usciti indenni. Lui, ma non solo, elude anche un altro punto del regolamento degli arbitri: il sopraggiunto limite d’età che nel 2020/21 era di 45 anni. Proprio Giallatini, assieme ai colleghi Costanzo, Passeri e Vivenzi, dovrebbero cedere il posto ai più giovani in graduatoria. Nella delibera dell’1 luglio 2021 invece il Comitato Nazionale li mantiene in organico. Un quinto assistente, Maccadino – avvicendato per motivate valutazioni tecniche – non ci sta e fa ricorso. Il Tribunale federale lo accoglie e stabilisce che Maccadino va reintegrato ed i quattro assistenti dovevano andare in pensione. L’AIA reintegra Maccadino, ma mantiene nell’organico anche i quattro assistenti senza requisiti. Per un anno intero vengono designati contro il regolamento dell’Aia, contro le sentenze del Tribunale federale e senza alcuna deroga espressa. Anzi, uno di loro, Giallatini, confermato come assistente internazionale FIFA vola in Qatar. È in mondovisione, nella semifinale Argentina-Croazia, come emblema mondiale della correttezza e del rispetto del regolamento.
Se la giustizia sportiva dice che non possono arbitrare, come fa l’AIA a farli scendere in campo? Gli appassionati di calcio, i contribuenti ed il Parlamento ancora attendono una risposta dai vertici dell’AIA alle domande rimaste in sospeso nell’interrogazione parlamentare del giugno 2022. Le gare dirette dai due arbitri e quattro assistenti, durante l’ultimo campionato, si devono considerare validamente disputate? Se i rimborsi e le indennità percepiti per l’attività arbitrale vengano erogati a fronte di finanziamenti pubblici, tali condotte possono configurarsi come danno erariale? Nel frattempo si attende il 19 dicembre per scoprire quali saranno le prime decisioni del Consiglio Federale.