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Home » Sport

Kobe Bryant, gli insulti social dopo la sua morte: “Era uno stupratore”

Immagine di copertina
Kobe Bryant insieme alla moglie

In un momento così tragico alcune giornaliste e utenti social hanno fatto tornare a galla quell'accusa di stupro che investì il campione NBA nel 2003. "Era uno stupratore", hanno scritto su Twitter il giorno dopo la sua morte

Kobe Bryant riaffiorano le accuse di stupro del 2003. Gli insulti social

Kobe Bryant è morto in un incidente in elicottero ieri, domenica 26 gennaio, a Los Angeles, in California. Insieme a lui hanno perso la vita altre 8 persone, tra cui la figlia 13enne Gianna Maria. In un momento così tragico giornaliste e utenti sui social hanno fatto tornare a galla quell’accusa di stupro che investì il campione NBA nel 2003. “Era uno stupratore”, hanno scritto su Twitter proprio a un giorno dalla sua morte.

Sui social sono apparsi commenti orribili anche da parte di giornaliste, donne dello spettacolo e femministe. Felicia Sonmez, reporter del Washington Post, dopo la morte di Kobe Bryant ha postato un vecchio articolo del Daily Beast proprio su quelle accuse, dal titolo “Il caso dello stupro di Kobe: la prova del DNA, la storia della accusatrice, e la semi-confessione”.

In risposta al suo post gli utenti social le si sono scagliati contro. E lei ha replicato: “Alle 10mila persone che hanno commentato e scritto mail con insulti e minacce di morte, prendetevi un minuto e leggete il pezzo, scritto oltre tre anni fa e non da me. Ogni figura pubblica andrebbe ricordata nella sua totalità, anche quando è amata da tutti”. La cronista ha successivamente eliminato tutti i tweet che ha ricevuto e un collega di un’altra importante testata ne ha chiesto la sospensione.

kobe bryant

Ma la giornalista del Washington Post, non è la sola ad avere ripescato dal passato del campione NBA quella tragica vicenda da cui Bryant ne uscì innocente. Anche Danielle Campoamor, che nella bio di Twitter si definisce collaboratrice del New York Times e della Cnn, ha scritto sul social: “I miei pensieri sono e rimarranno con le vittime che vedono le loro accuse di stupro mascherate o ignorate solo perché un uomo sa praticare bene uno sport. La tua storia, il tuo trauma e la tua umanità contano più di una carriera”, scrive. “Potete avere il cuore spezzato per sua moglie, le sue figlie, i suoi amici, le persone che lo hanno idolatrato. È tanto triste quanto complicato”.

Le parole più forti arrivano da Evan Rachel Wood, 32 anni, attrice, conosciuta per la sua interpretazione nel film Thirteen nel 2003. “Ciò che è accaduto è tragico, ho il cuore spezzato per la famiglia di Kobe. Era un eroe dello sport, ma era anche uno stupratore. E tutte queste verità possono esistere contemporaneamente”, le parole di Rachel, che hanno provocato migliaia di commenti negativi nei suoi confronti.

 

Kobe Bryant, l’accusa di stupro

L’accusa di stupro del campione di basket risale al luglio 2003. Una ragazza di 19 anni, dipendente di un hotel in Colorado, accusò Kobe Bryant di averla violentata il 30 giugno 2003. Lui aveva 25 anni all’epoca ed era già un campione ed aveva già vinto tre titoli nel 2000, 2001 e 2002.

Il campione di basket viene arrestato il 4 luglio e rilasciato dopo aver pagato una cauzione di 25mila dollari. Kobe Bryant ammise di aver fatto sesso con la ragazza, ma in maniera consensuale.

Il 27 agosto del 2004 il processo vide il ritiro delle accuse di stupro da parte dei legali della presunta vittima. Ma le accuse pesarono molto sulle spalle del campione, persino gli sponsor non vollero più collaborare con lui: Nutella ha interrotto la collaborazione, Adidas non rinnovò il contratto e Bryant si legò così alla Nike.

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