Juventus, le intercettazioni: “Questa è come Calciopoli”. Coinvolti altri club
Erano convinti di “supercazzolare” gli ispettori della Consob. È quanto emergerebbe dalle intercettazioni della Juventus che hanno portato nei giorni scorsi ad un vero e proprio terremoto nella società bianconera, con tutto il Cda che si è dimesso. “Tanto la Consob la supercazzoliamo”, diceva a un collega il direttore finanziario della Juve Stefano Cerrato, parlando dello scambio con il Marsiglia Tongya/Aké e valso una plusvalenza di 8 milioni. L’intercettazione risale al 15 ottobre 2021 e l’ispezione dell’organo di vigilanza, avviata tre mesi prima, era ormai alle battute finali.
Da qui i pm hanno voluto vederci chiaro sulle presunte plusvalenze sui giocatori. I dirigenti nelle telefonate intercettate parlano a ruota libera di quanto sta accadendo e studiano manovre difensive per uscire indenni da quella verifica. Ignari che, dal 14 luglio, in ascolto c’è la guardia di finanza. Dopo aver parlato dell’affare Arthur-Pjanic con il suo predecessore Stefano Bertola (capo dell’area business), Cerrato telefona a Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young per dirgli di aver preparato la relazione: “Penso, che però, sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato? Invece di dire solo questo?”.
Queste intercettazioni durante l’ispezione della Consob saranno estremamente preziose per gli inquirenti che ora contestano ai vertici del club — Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene e ad altri manager — false comunicazioni sociali per tre bilanci (dal 2018 al 2020), ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e false fatturazioni. In particolare sotto accusa ci sono le presunte “plusvalenze artificiali” e le “manovre stipendi” sul differimento delle mensilità dovute ai calciatori nei mesi di pandemia.
Di questo si parla in una lunga conversazione in un ristorante tra il ds Federico Cherubini e Bertola. Poco prima dell’appuntamento i militari del nucleo di polizia economico finanziaria riescono a piazzare le microspie. Si tratta dell’unica intercettazione ambientale dell’inchiesta. “Io l’ho detto a Fabio (Paratici, ndr): è una modalità lecita ma hai spinto troppo”, dice Cherubini. “E lui mi rispondeva: “Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla””. Il ds insiste: “Fabio ha avuto carta libera”. Infine Bertola confida: “La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi”.
Un terremoto che rischia presto di allargarsi ad altri club. Secondo la tesi degli investigatori, coordinati dall’aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello: tutti sapevano tutto, dal presidente Andrea Agnelli ai manager. Un modo lecito – quello delle plusvalenze – di cui la Juve ha finito per abusare, se poi in maniera lecita o meno lo stabilirà un eventuale processo. Di certo, è un modus operandi utilizzato da altri club, tanto che i pm torinesi stanno valutando se e quali atti trasmettere ai colleghi di altre città. A breve formuleranno la richiesta di rinvio a giudizio per i vertici del club bianconero — mentre per alcuni ex sindaci e revisori c’è l’ipotesi di una richiesta di archiviazione — ma altre Procure potrebbero poi avviare a loro volta accertamenti. In particolare verso società che negli anni hanno stretto soliti legami di mercato con la Juve, come Atalanta e Genoa.
Secondo la tesi dei pm, dal tenore di alcune mail su “debiti residui” con altri club ed agenti e le mensilità posticipate ai giocatori, il club potrebbe avere debiti fuori bilancio per circa 70 milioni di euro. Accuse che la società di Torino respinge al mittente con una lunga nota: “Le contestazioni della Procura non paiono fondate e non paiono, peraltro, né quanto a presupposti, né quanto a conclusioni, allineate con i rilievi contenuti nella delibera Consob del 19 ottobre 2022”, spiega il club bianconero.
“La Procura — sostiene la Juve — afferma l’artificialità di plusvalenze e la fittizietà delle rinunce stipendi, mentre Consob contesta un valore considerevolmente minore di plusvalenze, peraltro senza menzione di falso in bilancio, e non contesta l’efficacia giuridica delle rinunce stipendi, né, con specifico riguardo alla “manovra stipendi” 2020/2021, la natura giuridicamente non-vincolante delle scritture integrative in corso di negoziazione nell’aprile/maggio 2021”. La società interviene anche sull’eventuale procedimento sportivo: “Juventus confida che, proprio in ragione della ritenuta assenza di qualsivoglia alterazione dei bilanci contestati, le conclusioni delle autorità sportive (che già si sono espresse, con riguardo al tema plusvalenze, in senso favorevole ai bianconeri) non cambieranno: in assenza di alcuna alterazione contabile, ogni sanzione sportiva risulterebbe del tutto infondata”.
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