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Giro d’Italia: la settima volta del Kaiser

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Quella di domani, 22 maggio 2021, sarà la settima volta che il Giro d’Italia affronterà il Monte Zoncolan, il colosso delle Alpi Carniche. E’ una delle rare salite in cui l’arrivo della corsa praticamente coincide con la vetta della montagna. Infatti, l’altezza dello Zoncolan è 1750 metri mentre lo striscione del traguardo verrà posto solo 20 metri più in basso.

Lo Zoncolan ha esordito al Giro nel 2003 quasi a furor di popolo. Merito esclusivo di questa new entry va data ad Enzo Cainero, il pigmalione dello sport friulano che seppe raccogliere l’invito di migliaia di ciclo amatori che invocavano l’introduzione di questa salita dai due versanti. Il più morbido da Sutrio misura 15 chilometri. Su questo lato le pendenze s’impennano solo negli ultimi 3.750 metri. Verrà rispolverato domani dopo 18 anni, essendo stato utilizzato solo per la prima ascesa. La seconda opzione, che parte da Ovaro, è ben più feroce. Lunga “solo” 12 chilometri ha pendenze sempre in doppia cifra con sede stradale dimezzata rispetto all’ascesa da Sutrio. Cinque delle sei ascese disputate fino ad ora sono state da Ovaro.

In ordine cronologico, ricordo gli eventi salienti dei sei precedenti arrivi:

2003 – da Sutrio, dodicesima tappa. Il primo Zoncolan arrivò relativamente presto nel percorso di quel Giro. Vinse Gilberto Simoni che distanziò di mezzo minuto sul traguardo Stefano Garzelli, secondo quel giorno e anche a Milano a fine corsa. Terzo fu Francesco Casagrande che precedette Marco Pantani. Di quella prima volta restano memorabili le riprese dall’elicottero di Garzelli e Pantani, simili a due testuggini, che procedono lentissimi sul muro finale che precedeva l’arrivo.

2007 – da Ovaro, diciassettesima tappa. Con Danilo Di Luca padrone della corsa, per la prima volta si saliva da Ovaro. Fu l’unica volta che anch’io, in auto ovviamente, affrontai questo versante in cui più volte temetti per il motore della vettura sollecitato da continui stop e go e da un uso eccessivo della prima marcia. Ci fu il bis di Gilberto Simoni, coadiuvato da un eccezionale Leonardo Piepoli: un autentico Trofeo Baracchi della montagna, concluso con un doppio arrivo a braccia alzate.

2010 – da Ovaro, quindicesima tappa. L’edizione più celebrata, l’unica corsa di domenica in una splendida giornata di sole davanti a 150mila spettatori che riempivano l’anfiteatro naturale del Kaiser. Fu probabilmente anche l’occasione in cui il peso della tappa ebbe maggior valenza sul risultato finale del Giro con Ivan Basso, vincitore in rosa una settimana dopo a Verona, che ebbe la meglio dopo un durissimo testa a testa sull’australiano Cadel Evans in maglia iridata.

2011 – da Ovaro, quattordicesima tappa. Preceduto dal Grossglockner e seguito dal tappone dolomitico con arrivo al Rifugio Gardeccia, lo Zoncolan quell’anno si collocava al centro di un trittico infernale. Fu una tappa travagliata nel contesto di un Giro difficilissimo a causa della tragica morte del ciclista fiammingo Wouter Weylandt occorsa nella terza tappa nella discesa del Passo del Bocco. Le squadre straniere, usando questo drammatico evento come pretesto, contestarono la pericolosità della del Crostis, l’asperità che avrebbe dovuto precedere il Kaiser. Mauro Vegni ed Enzo Cainero accolsero tutte le richieste fatte ma non fu sufficiente! Il Crostis fu tolto dal percorso a tappa in corso con una ristrutturazione del tragitto last minute che lasciò l’amaro in bocca a 100 mila tifosi saliti su entrambe le montagne. Di quella giornata mi resta il ricordo personale dello sfogo per il torto subito di Cainero con i gemelli Viberti, suoi amici ancor più che cronisti, di cui fui testimone a fine giornata in una sala stampa ormai deserta. Per la cronaca vinse il basco Igor Anton davanti ad Alberto Contador, signore assoluto di quel Giro che poi gli sarebbe stato tolto a tavolino in favore di Michele Scarponi.

2014 – da Ovaro, ventesima tappa. Altro passaggio in tono minore quale ultima difficoltà di un Giro già in mano al colombiano Nairo Quintana. A tutt’oggi questa giornata viene ricordato per la caduta, causata da un tifoso irresponsabile in maglia iridata, di Francesco Manuel Bongiorno, che si stava giocando la vittoria con l’australiano Michael Rogers. Rimasto solo grazie a questo incidente, Rogers riuscì a portare a casa il successo, rintuzzando l’attacco, forse troppo tardivo dell’enfant du pays, Franco Pellizotti.

2018 – da Ovaro, quattordicesima tappa. La prima vittoria di Chris Froome al Giro d’Italia in una giornata piovosa. Una tappa caratterizzata da distacchi minimi con la maglia rosa Simon Yates, in quel momento padrone della corsa, che diede l’impressione quasi di lasciare il successo all’anziano connazionale. Gli eventi susseguenti mostrarono che non fu così!

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