Giro di Lombardia 2024: Tadej all’inseguimento di Coppi e Merckx
Va in scena domani, lungo 255 chilometri da Bergamo a Como, il 118° Giro di Lombardia, ultima classica monumento d’una stagione ciclistica memorabile. La corsa delle foglie morte, con il suo dislivello di 4.700 metri da tappone dolomitico, muoverà dalla patria di Gaetano Donizetti alle 10.40 per concludersi in riva al lago tanto caro ad Alessandro Manzoni intorno alle 17.00 in Viale Felice Cavallotti, anziché sul tradizionale traguardo di Lungolario Trento. Il cambio tardivo della sede d’arrivo è dovuto al rischio di esondazioni del lago.
In partenza, lasciata Bergamo, la corsa si dirigerà verso la Valseriana dove, dopo 20 chilometri, verranno affrontati, in rapida successione, il Forcellino di Bianzano (6,4 km al 5%) e il Selvino (10,9km al 5,5%), subentrato, all’ultimo minuto, al Passo di Ganda per motivi di sicurezza dopo le recenti piogge. Una lunga discesa precederà la successiva coppia di salite, composta dal Colle di Berbenno (4,6km al 6,1%) e dalla arrampicata verso Valpiana (10,1 km al 6,2%). Seguiranno, poi, 60 chilometri di discesa e pianura che costituiranno l’unico momento di tregua del percorso. Ad Asso, dopo 165 chilometri, inizierà un letale anello di 60 che comprenderà le due ascese iconiche della corsa in coincidenza con il traguardo lariano: la Madonna del Ghisallo (6,3 km al 4,1%), che sarà affrontata dal versante meno duro, e la Colma di Sormano (13km al 6,6%), con la sua durissima parte centrale con pendenze in doppia cifra. Finita la seguente discesa, superato nuovamente Asso ai meno 37, il percorso punterà verso Como con l’ultimo ostacolo, il feroce strappo di San Fermo della Battaglia (2,2 km al 7,8%), che terminerà a 5.000 metri dall’arrivo.
Ben sapendo d’essere ripetitivo, cosa di cui mi scuso, non posso che ribadire come tutto sembra essere apparecchiato per l’ennesima impresa galattica del campione del mondo. Vincendo domani Tadej scriverebbe due volte la storia, legittimando in modo inequivocabile il suo status d’immortale della bici. Alla santa trinità, composta, in ordine cronologico, da Fausto Coppi, Eddy Merckx e Bernard Hinault, si sostituirebbero i quattro cavalieri dell’apocalisse. Un trionfo consentirebbe allo sloveno d’eguagliare il poker consecutivo ottenuto sulle strade lombarde dal Campionissimo tra il 1946 e il 1949. Se ciò non bastasse, il Signore del Tricorno, con un successo, pareggerebbe anche la più grande stagione della storia del ciclismo: quel 1972 in cui il Cannibale, in aggiunta alla doppietta Giro-Tour, seppe conquistare ben tre delle cinque grandi classiche (Milano-Sanremo, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia). Equiparando la recente vittoria iridata in terra svizzera a quella in una gara monumento, Pogacar sarebbe alla pari con la più luminosa stagione di Eddy, lasciandosi alle spalle il magico 1949 di Coppi.
Analogamente a quanto avvenuto al Giro d’Italia cinque mesi fa, risulta problematico parlare di avversari in grado d’opporsi domani al fuoriclasse di Komenda. L’unico, infatti, da cui Tadej dovrà guardarsi è sé stesso. Se s’accontenterà di arrivare primo, rimanendo coperto fino al Ghisallo, è difficile prevedere una soluzione diversa da un suo trionfale arrivo solitario. Sappiamo bene, però, che a lui non basta vincere. D’altronde, è quando entra in modalità Nobody does it better che riesce a infiammare il pubblico, scatenando a bordo strada un entusiasmo senza precedenti nel terzo millennio. Questa sua esaltazione atletica è anche il suo tallone d’achille. A Zurigo, due settimane fa sarebbe potuta costargli molto cara. Riportato a distanza di tiro dai suoi avversari a 15 chilometri dal traguardo, è stato salvato dal mancato accordo di collaborazione tra Evenepoel, Hirschi e van der Poel. Domani, con un lotto di partenti decisamente meno qualificato, le probabilità che si possa ripetere una situazione analoga saranno decisamente minori.
Allacciamoci, quindi, le cinture e prepariamoci all’ennesima giornata memorabile di ciclismo epico, godendoci appieno la deliziosa potica di fine stagione.