Una volta eravamo tifosi, ci stiamo perdendo tra conti e big data
Un altro campionato di calcio ha inizio, un’altra sessione di calciomercato, stavolta fortemente influenzata da un giro di soldi più limitato tra i club italiani e dall’arrivo di fiumi di petroldollari dal mondo saudita. Siamo sempre tifosi, ognuno della sua squadra e seguiamo sempre quel principio a metà tra fede e appartenenza, totalmente irrazionale, per cui gioie e dolori di una nostra domenica sono dettati anche da cosa gli undici ragazzi che vestono i nostri colori riescono a combinare, anche se questo non porta alcun giovamento diretto alla nostra vita.
È così da sempre, lo vediamo anno dopo anno, ma certo è che guardando il modo in cui tanti appassionati hanno seguito l’ultimo calciomercato, più che tifosi sembriamo esserci trasformati in appassionati di numeri e contabilità. Fino a pochi anni fa solo pochi nerd si appassionavano a quale fosse lo stipendio dei propri campioni, in che modo la squadra riuscisse a fare economia, per non parlare delle leggi che regolano stipendi fuori dall’immaginazione per la schiacciante maggioranza della popolazione italiana.
E oggi? Sembra ormai si viva in un mondo diverso. Tra fairplay finanziario e ristrettezze economiche dei club, non sembriamo più attratti dai goal, dagli assist, dalle prestazioni sportive dei nostri beniamini, ma dal monte ingaggi, dall’eventuale plusvalenza e dal rischio di minusvalenza, dal costo a bilancio, dalla commissione o addirittura dall’impatto del decreto crescita sullo stipendio. Questioni che fino a poco tempo fa sembravano per molti un linguaggio esoterico cui solo contabili e commercialisti avevano accesso.
Ma anche parlando di prestazioni sportive, sembriamo destinati ad andare a sbattere contro un muro di numeri comprensibili a pochi. Alle considerazioni sulle qualità di un giocatore si risponde con percentuali di passaggi realizzati, tiri nello specchio, adesso addirittura “expected goals”, ovvero un calcolo di probabilità statistica che un determinato tiro si trasformi in goal in base all’angolazione, alla distanza dallo specchio della porta e altri elementi. Una volta più che l’aspettativa c’era la speranza, che un tiro impossibile si trasformasse in goal o che un calciatore apparentemente fuori dalla portata economica della propria squadra arrivasse a vestire i nostri colori, e la storia insegna che tali cose possono avvenire.
Ma non è che questo calcio di oggi, così attento alle statistiche e ai big data, così concentrato ad aspetti economici e contrattuali, stia finendo per trasformare i calorosi sogni di tifosi in gelida attenzione per numeri e cifre? Forse, ma la morale è che, quando la nostra squadra fa goal, non c’è più plusvalenza o commissione che tenga, il calcio giocato torna protagonista e possiamo essere in qualsiasi luogo, in compagnia di chiunque, ma in ogni caso esulteremo perché, dopotutto, è a questo sport che ci siamo appassionati.