Il fallimento della Superlega: senza il consenso gli affaristi e gli speculatori restano a bocca asciutta
La Superlega è abortita in una sola notte. Sepolta dalle rivolte di popolo in Gran Bretagna (con slogan e striscioni “Superleagueout”), screditata da un coro quasi unanime di dissociazioni, distrutta nella sua immagine fin dalla culla, e ridotta nel messaggio a quello che era: un circoletto secessionista di miliardari indebitati ed egoisti che provano a chiudersi in una fortezza dorata. Lo fanno in gran segreto, e per giunta non ci riescono.
La partita non è ancora ufficialmente chiusa, ma l’effetto valanga che porta a quel risultato è già intuibile sin da ora: prima il forfait clamoroso del Chelsea, che ha colpito al cuore il progetto ambizioso e folle di abbandonare i campionati del merito sportivo per creare un circo di ottimati. Poi le proteste, ovunque. Quindi l’annuncio informale – la notizia del martedì sera – che le squadre spagnole sono ad un passo dall’addio.
La figura peggiore la stanno facendo – come non dirlo – le italiane: la gaffe della Juve e del povero Andrea Agnelli (che Urbano Cairo chiama “Giuda”), il tentativo fallito di Inter e Milan di costruire consensi intorno a quello che il mister del Sassuolo, De Zerbi ha definito “un golpe”.
Il tema è che nel calcio i simboli della crisi diventano ancora più potenti nella realtà. L’idea dei più ricchi che se ne vanno, portandosi via il pallone, e inseguendo i miraggi dei diritti, con la garanzia della grande banca d’affari, era forse semplificata, forte, ma espressionisticamente esatta.
Ed è lo specchio perfetto dell’esito possibile della pandemia: un grande vento di egoismo che soffia nelle vele di chi pensa di difendersi, nel tempo della crisi, pensando solo a se stesso: si salvi chi può.
La fine del merito. La fine dello spirito sportivo, la fine dell’idea democratica che tutti sono tenuti a confrontarsi con tutti. La fine della possibilità di determinarsi il proprio destino, nella sfida in cui Davide può sempre mettere al tappeto Golia.
Ecco perché questa rivolta popolare che ha preso corpo in tutta Europa – facendo saltare la più grande operazione economica dell’anno – resterà un esempio senza precedenti. Senza il consenso gli affaristi e gli speculatori restano a bocca asciutta.
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