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Calcio e Covid, Calcagno (presidente Aic) a TPI: “Non passi il messaggio che il protocollo è immutabile”

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Calcio e Covid, Calcagno (Aic) a TPI: “Il protocollo non è immutabile”

“La situazione Coronavirus in Italia è così in evoluzione che quello che è valido oggi non lo è più domani. Per questo non deve passare il messaggio che il protocollo, al momento l’unico strumento che garantisce la salute di giocatori e staff, sia immutabile”. Non ha dubbi Umberto Calcagno, presidente dell’Aic (Associazione italiana calciatori), che a TPI commenta il caos che il mondo del pallone sta vivendo da qualche settimana. Prima il caso Genoa, poi la partita non giocata tra Juventus e Napoli: nel calcio italiano che deve fare i conti con la seconda ondata del Covid non mancano scontri e polemiche attorno al documento che ha sancito le regole del gioco. Tra chi reputa il protocollo ormai superato visti i nuovi focolai di queste settimane e chi invece difende le norme al suo interno, Calcagno spiega al nostro giornale qual è il punto di vista dei calciatori di Serie A, da lui rappresentati.

Dopo il focolaio al Genoa, la situazione in Serie A è precipitata in pochissimi giorni. I calciatori si sentono al sicuro con le attuali misure di sicurezza?
La preoccupazione c’è da parte di tutti. Con l’aumento dei contagi siamo tutti più a rischio. Però c’è anche la consapevolezza che il protocollo, fino al caso Genoa, ha retto. Mai, prima, c’erano stati così tanti contagi tutti insieme. Ovviamente però siamo legati ai numeri, quindi quello che oggi è valido domani potrebbe non esserlo più. Come hanno detto il ministro dello Sport Spadafora e il presidente della Figc Gravina, il protocollo è l’unica modalità che garantisce la salute di giocatori e staff. Ma deve essere applicato alla lettera, oggi più che mai.

Ci sono dei punti in cui il protocollo andrebbe migliorato?
In questo momento, andiamo avanti con questo protocollo. Ma settimana dopo settimana va valutato se ci sono delle situazioni che richiedono modifiche alle regole comuni. Non c’è nulla di intoccabile: l’importante è che non passi il messaggio che il protocollo è questo e che si andrà avanti così fino a fine stagione. Ce lo auguriamo, perché vorrebbe dire che la situazione non è peggiorata, ma dobbiamo essere pronti a eventuali aggiustamenti.

È impensabile arrivare a creare una bolla come in Nba, con tutte le squadre in ritiro in un luogo comune per finire la stagione?
Quella è l’unica cosa che possiamo escludere a priori. Non avremmo le strutture per mettere tutte le squadre insieme, con un certo numero di campi in cui allenarsi. L’Nba è una situazione a parte, che coinvolge anche un numero minore di persone. E poi non è proponibile finire un campionato in una bolla, anche perché la stagione è appena iniziata, non siamo nei playoff come nel basket americano.

Parliamo di Juventus-Napoli: molti hanno puntato il dito contro i partenopei, perché anche altre squadre hanno affrontato trasferte dopo aver riscontrato qualche giocatore positivo.
C’è un’indagine della giustizia sportiva, quindi non posso dare una valutazione dei fatti. Anche perché non siamo a conoscenza nello specifico di ciò che è accaduto. La Asl di Napoli ha scavalcato il protocollo impedendo ai partenopei di andare a Torino? Il fatto che ci sia un supplemento di indagine dimostra la volontà della giustizia sportiva di fare chiarezza su una situazione così delicata.

Con la sosta per le Nazionali, non c’è un rischio ancora più alto di nuovi contagi?
Il nostro è uno sport in cui si viaggia sempre. I rischi ci sono e continueranno a esserci. Dobbiamo capire fino a che livello è accettabile il rischio e avere delle norme che tutelino la salute. Il nostro primo obiettivo è non far correre ai calciatori rischi superiori a quelli che corrono tutte le altre persone. Chi pensa che quelle adottate finora non siano le soluzioni migliori, dovrebbe anche proporre delle alternative valide. Oggi non ce n’è neanche una. Il Paese sta cercando di andare avanti in tutti gli ambiti con regole compatibili con la convivenza con il Covid e anche noi dovremo essere bravi a farlo, senza pensare a interrompere il campionato. Se un giorno la curva epidemiologica non permetterà di continuare a giocare, ne prenderemo atto. Oggi questa esigenza non c’è.

Cosa vi preoccupa di più, oltre al protocollo, per le prossime settimane?
Sicuramente il calendario, che quest’anno è particolarmente affollato. La necessità che ci potrebbe essere di rinviare qualche partita potrebbe poi non trovare uno slot libero nel calendario, soprattutto perché la stagione va chiusa presto perché poi ci saranno gli Europei. Nelle prossime settimane, un ragionamento in questo senso andrà obbligatoriamente fatto.

Leggi anche: 1. Covid, c’è il calcio e poi c’è il resto del mondo: quando le regole non sono uguali per tutti / 2. Genoa, 14 tesserati tra giocatori e staff positivi al Coronavirus / 3. Preziosi: “Noi del Genoa non abbiamo contattato l’Asl, perché De Laurentiis l’ha fatto? Ora il calcio è nel caos” / 4. Coronavirus, in Spagna alcuni ragazzi organizzano la partita di calcio “sani contro infetti” / 5. Calcio: per la prima volta nella storia lo stadio San Siro di Milano ospita un match di Serie A femminile

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