Manovra, le atlete diventano sportive professioniste: la svolta storica in un emendamento
Una novità che rappresenta un passo avanti importantissimo non solo per le calciatrici, ma per tutte le atlete italiane
Manovra, le atlete diventano sportive professioniste: la svolta storica
È una giornata davvero importante per lo sport (e la parità di genere). La commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla manovra che equipara, finalmente, le sportive donne ai loro colleghi uomini. Anche le atlete, dunque, diventano delle professioniste.
Tale emendamento va infatti ad estendere le tutele previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo e, proprio al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile, introduce un esonero contributivo al 100 per cento per tre anni per le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo. Una novità che rappresenta un passo avanti importantissimo non solo per le calciatrici, ma naturalmente anche per tutte le atlete italiane che praticano altre discipline. Fino ad oggi le donne atlete erano soggette alla legge 91/1981, la quale non concedeva loro lo status di professioniste.
Con l’introduzione di questo agognato riconoscimento in Legge di Bilancio, quindi, le società sportive non avranno nemmeno più quegli alibi che finora gli consentivano di non assumere le atlete: con il nuovo scivolo di tre anni per il pagamento dei contributi opporsi ancora al professionismo diventerebbe “davvero impopolare”, come fa notare il Corriere. Ora sta alle singole Federazioni sportive deliberare in consiglio per le loro tesserate lo status giuridico: si tratta di passaggi tecnici e formali determinanti perché la legge, una volta approvata, trovi la sua concretizzazione pratica.
L’apertura al professionismo femminile riguarda non solo i quattro grandi sport di squadra – calcio, basket, volley e rugby – ma tutte le discipline sportive, e il budget stanziato dall’esecutivo per l’esonero contributivo è di venti milioni per il prossimo triennio (4 per il 2020, 8 per il 2021 e 2022). Tali contributi saranno a carico dello Stato fino a un massimo di 8 mila euro a stagione (pari a un lordo di 30 mila, il tetto massimo degli stipendi in Italia).
“Un passo storico e rivoluzionario che risolverebbe il problema della sostenibilità nei grandi sport di squadra. Ora tocca alle singole federazioni a deliberare il professionismo. Faccio fatica a immaginare, se l’emendamento dovesse passare, a quale altro alibi i presidenti dei club potrebbero appigliarsi”, ha dichiarato Katia Serra, responsabile per il calcio donne dell’Assocalciatori.
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