Vinicio Marchioni a TPI: “Se non si investirà nella cultura rimarremo uno dei Paesi più ignoranti d’Europa”
"Il nostro settore, oltre che da noi, è fatto di una serie di categorie e di migliaia di lavoratori che oggi vivono in condizioni anche più difficili delle nostre: molti piccoli teatri rischiano di non riaprire". L'attore Vinicio Marchioni commenta a TPI le difficoltà del mondo dello spettacolo a causa dell'emergenza Coronavirus. L'intervista di Fabio Salamida
Molti personaggi del mondo dello spettacolo si sono arrabbiati per essere stati definiti dal premier Giuseppe Conte “gli artisti che ci fanno divertire e appassionare”. Le parole pronunciate in conferenza stampa sono state lette da più parti come una mancanza di rispetto verso uno dei settori più colpiti dall’emergenza dovuta al Coronavirus e dal lockdown. “Io non sono uno di quelli che di solito si lamenta – spiega a TPI Vinicio Marchioni, apprezzato attore teatrale divenuto noto al grande pubblico prestando il volto a il Freddo, della serie tv Romanzo criminale – e penso che non ci si debba attaccare troppo alle parole. È un fatto, però, che nel precedente decreto non eravamo stati neanche menzionati.
Per questo ho cercato di leggere tutte le buone intenzioni in quella uscita del nostro Presidente del Consiglio, che comunque si è trovato a dover gestire un’emergenza senza precedenti, e ho pensato che finalmente ci si era ricordati anche di noi. Certo, l’approccio denota quantomeno una poca conoscenza del nostro settore, che oltre a noi è fatto di una serie di categorie e di migliaia di lavoratori che oggi vivono in condizioni anche più difficili delle nostre”.
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È circa un miliardo la cifra stanziata dal Governo per arginare la crisi del mondo della cultura e dello spettacolo, davvero poco se si pensa alle garanzie ben più corpose che si sta discutendo di offrire al prestito chiesto da FCA a Banca Intesa. Sembra quasi che si continui nel solco de “con la cultura non si mangia” di tremontiana memoria: “Purtroppo non è così da oggi: negli ultimi decenni la cultura nel nostro Paese è stata letteralmente massacrata; continui tagli hanno coinvolto tutti i suoi settori. Mi auguro che questi due mesi di clausura forzata abbiano fatto capire a tutti l’importanza della cultura in tutte le sue forme, perché quando se ne parla sembra sempre che sia qualcosa appannaggio di pochi, mentre invece si tratta di investimenti nelle scuole, del pane quotidiano di un pezzo importante della società, sia essa declinata dal punto di vista teatrale, cinematografico, artistico o musicale. Fino a quando non avremo dei governanti in grado di capire che bisogna investire nel sapere per far crescere l’intera popolazione italiana, rimarremo per sempre uno dei Paesi più ignoranti d’Europa”.
Dal 15 giugno, teoricamente, si potrà tornare in scena, ma con regole molto stringenti: diverse compagnie hanno già detto che non sarà possibile per gli attori recitare sul palco rispettando le regole anti-Covid. “Da quella data intanto potranno riaprire i i teatri, quello che ci metteranno dentro è un altro paio di maniche. Ad oggi penso che si potranno fare solo dei monologhi o poco più. Per lo spettacolo teatrale come lo abbiamo inteso fino al 6 marzo, temo dovremo aspettare l’anno prossimo. Non è detto che tutti i teatri ce la faranno, soprattutto i più piccoli. Si tratta di migliaia di realtà che sono disseminate in tutta Italia e avranno enormi difficoltà; non è detto che riusciranno a sopravvivere. Di solito quando si pensa agli attori, l’idea è di una categoria di super-privilegiati. In realtà, per ogni attore conosciuto che può permettersi di restare qualche mese senza lavorare, ce ne sono almeno duemila che non hanno nessun ammortizzatore sociale, perché di fatto si tratta di un comparto lavorativo inesistente.
Speriamo che il momento che stiamo vivendo diventi un’occasione per far capire sia al Governo che a chi ci guarda che siamo prima di tutto dei lavoratori, dei lavoratori molto specializzati in un mestiere molto particolare e misterioso. Nel momento in cui un’attrice o un attore famoso si esprime non lo fa quindi solo per se stesso, ma per tutti quelli che non hanno quella stessa visibilità”.
C’è chi invece si è ingegnato per portare il lockdown in una produzione cinematografica: Daniele Vicari, regista di Velocità massima e di Diaz, sta lavorando a un film girato rispettando tutte le regole di distanziamento sociale. Tra i protagonisti della sperimentazione c’è proprio Vinicio Marchioni: “In queste situazioni difficili, come sempre, ci sono anche i visionari e Daniele è uno di loro. Del progetto avevamo iniziato a parlare sin dai primi giorni della quarantena: ci ha subito coinvolti in ogni parte della scrittura del film e dei nostri personaggi. Siamo quattro coppie di attori che lavorano da casa, rispettando tutti i protocolli di sicurezza.
La produzione fornisce ad ogni coppia un kit che comprende un telefono di ultima generazione con obiettivo anamorfico, un microfono direzionale, un cavalletto. Mentre lavoriamo siamo in collegamento tramite Zoom con Vicari, con il direttore della fotografia, con i costumi, con il direttore del suono, con la scenografia e con tutte le altre figure che dirigono normalmente il set: ci seguono a distanza e ci danno indicazioni. Praticamente è un film in smart-working, un esperimento interessantissimo (anche se Daniele non ama definirlo così, per lui è un film a tutti gli effetti) su cui abbiamo deciso di investire in prima persona: facciamo tutto da noi, dal trucco al cambio abiti, dalla scenografia ai fuochi, fino alla regolazione dei microfoni. Insomma stiamo imparando moltissimo e c’è un’emotività molto alta. Sarà particolarmente importante osservare il tipo di linguaggio cinematografico che ne verrà fuori. Penso che, tra tutte le iniziative che sono state prese negli ultimi due mesi, questa sia sicuramente la più interessante. Abbiamo deciso di lavorare a compartecipazione, per farlo non prendiamo un euro. È prima di tutto un investimento su noi stessi”.
Abbiamo tutti osservato la natura riprendersi i suoi spazi, approfittando della nostra momentanea assenza. Il Coronavirus ha riaperto prepotentemente il dibattito sul nostro modo di abitare il pianeta. Argomento caro a Vinicio Marchioni, che ha prestato la sua voce al film di animazione Artic, realizzato per sostenere il lavoro di Greenpeace e che doveva arrivare nelle sale il 12 marzo: “La produzione stava cercando di portarlo nelle sale nei giorni precedenti il lockdown. Ora non so se andrà direttamente sulle piattaforme online o se verrà distribuito appena riapriranno i cinema. Io mi auguro che il Coronavirus abbia fatto riflettere molti sul nostro modo di stare al mondo. Poi siamo sempre italiani: bravissimi a reagire alle emergenze ma altrettanto bravi a ritornare subito dopo alle nostre cattive abitudini. Ho riflettuto molto sull’assoluta velocità con cui la natura sia stata in grado di riprodursi, di riappropriarsi di spazi e di rigenerarsi, dopo decenni di scarichi in mare e nei fiumi, di emissioni, di plastiche. Questo mi ha impressionato davvero e spero che chi produce inquinamento abbia compreso il segnale chiaro che la natura ci ha dato”.
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