Omicidio Marco Vannini, bufera su Un giorno in pretura: “Vergogna, difendete degli assassini”
Domenica 28 aprile il programma di Rai Tre “Un giorno in pretura” ha mostrato il processo per la morte di Marco Vannini, avvenuta a Ladispoli (Roma) il 17 maggio 2015.
Vannini era un ragazzo di 21 anni. La sera della morte era andato a casa della fidanzata Martina Ciontoli e dei suoi genitori. Il decesso è stato provocato da un proiettile che gli ha trapassato il polmone e il cuore.
A sparare sarebbe stato, per errore, Antonio Ciontioli, padre della fidanzata di Vannini. Ciontoli ha raccontato di aver fatto partire un colpo per sbaglio mentre mostrava una pistola a Vannini nel bagno della sua abitazione.
Sia lui sia la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico sono imputati di omicidio volontario per aver ritardato i soccorsi. Vannini è infatti rimasto in casa Ciontoli per oltre un’ora prima che la famiglia chiamasse il 118.
Antonio Ciontoli, come da lui stesso ammesso in dibattimento, nell’immediatezza del fatto non rivelò di aver sparato, sostenendo che Marco fosse soltanto in preda a un attacco di panico. Solo all’arrivo in ospedale comunicò al medico di turno che a ferire Marco Vannini era stato un colpo di pistola, aggiungendo: “Ma non lo dica a nessuno, rischio di perdere il lavoro”.
I familiari di Ciontoli hanno quindi sostenuto di non essersi accorti di quanto accaduto, proprio a causa della condotta tenuta dall’uomo, una circostanza contestata dall’accusa, secondo cui invece anche la moglie e i figli di Antonio Ciontoli avrebbero consapevolmente contribuito a ritardare i soccorsi nel tentativo di salvare il capofamiglia.
Il 29 gennaio 2019 la Corte d’Assise d’appello di Roma ha ribaltato la sentenza di primo grado, che aveva condannato a 14 anni per omicidio volontario Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina militare distaccato ai Servizi Segreti, e a 3 anni per omicidio colposo la moglie Maria Pezzillo e i due figli, Martina e Federico. La pena di Antonio Ciontoli è stata ridotta a cinque anni.
Nel mettere in scena il processo, però, “Un giorno in pretura” non si è limitato a una normale cronaca.
Già prima della messa in onda, la conduttrice Roberta Petrelluzzi aveva preso posizione in un post sulla pagina Facebook del programma: “Cara Martina Ciontoli, ti vogliamo far sapere che siamo assolutamente in disaccordo con questo accanimento mediatico che, non si capisce perché, vorrebbe la vostra morte civile. È un segno dei miseri tempi che stiamo vivendo, dove l’odio e il rancore prendono il sopravvento su qualsiasi altro sentimento. Ci auguriamo che il nostro lavoro riesca a riportare la tragedia vissuta (perché tragedia è) alle sue reali dimensioni”.
Una posizioni emersa anche durante la puntata. Più volte infatti la Petrelluzzi ha rimarcato la necessità di evitare il “clamore mediatico”, alludendo a una sorta di giustizia sommaria e di piazza che avrebbe messo alla gogna i Ciontoli ben prima che si celebrasse il processo.
Verso la fine della puntata, la conduttrice nell’introdurre una dichiarazione spontanea di uno degli imputati parla di un “emozionato Federico Ciontoli”, empatizzando con la famiglia sul banco degli imputati in una maniera giudicata da molti utenti eccessiva.
Al termine della trasmissione, il programma pubblica un altro post su Facebook che riporta quanto detto dalla Petrelluzzi in chiusura di trasmissione: “Noi crediamo però che solo le vittime, spinte dalla propria disperazione, hanno il diritto alla protesta, anche a quella più rumorosa. Crediamo anche che il troppo clamore spinge tutti a radicalizzare il proprio convincimento e non contribuisce a fare giustizia”.
Il riferimento è alle grida disperate della madre di Marco Vannini nei confronti dei giudici di appello. Il messaggio è chiaro: lei è legittimata a indignarsi, ma per il resto il clamore mediatico è eccessivo, così come l’accanimento nei confronti della famiglia Ciontoli.
Sul web scoppia la bufera. La trasmissione, generalmente molto apprezzata dagli utenti, stavolta viene travolta da critiche e insulti.
“Dopo questo schifo non vi guarderò mai più”; “Eh no cara signora! Tutti abbiamo diritto a protestare, ad indignarci, a gridare “vergogna” perché Marco poteva essere mio fratello, mio figlio, mio amico. Se permette ho diritto a incazzarmi”; “Ma state scherzando voi di Un giorno in Pretura? Ma le intercettazioni le avete ascoltate? Noi cittadini abbiamo IL PIENO DIRITTO DI PROTESTARE CONTRO LA MALAGIUSTIZIA ALL’ITALIANA”.
E ancora: “Moralmente disgustata dalla palese presa di posizione del programma, che d’ora in avanti boicotterò”; “E con questo ho finito di guardare un giorno in pretura. Lo schifo totale”; “Vi hanno pagato pure a voi vero?? La prego di andarsene in pensione che il suo lavoro non riesce più a farlo”,
La pagina del programma è stata letteralmente presa d’assalto da migliaia di commenti indignati, segno di quanto questa tragica vicenda abbia scosso l’opinione pubblica e di come molti ritengano che, in attesa della sentenza della Cassazione, per il momento giustizia non sia stata fatta.