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Sanremo 2024, le pagelle della terza serata del Festival

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Sanremo 2024, le pagelle della terza serata del Festival

Terza serata del Festival di Sanremo 2024. Questa sera abbiamo riascoltato 15 tra le canzoni in gara, con gli altri cantanti sul palco per annunciare i loro colleghi. Alla conduzione Amadeus affiancato dalla co-conduttrice Teresa Mannino. Di seguito tutti i voti di TPI ai concorrenti, ospiti, conduttori e personaggi di oggi.

Teresa Mannino 8,5 – Vulcanica, intelligente, incontenibile mina vagante. Raramente i comici sul palco dell’Ariston hanno avuto vita facile, vedi Angelo Duro. Lei invece è un ciclone che travolge tutti. Rompe gli schemi. Dispiace vederla così poco in tv, ma preferisce il teatro e ci sta.

Russell Crowe 7 – Gli autori per essere coerenti gli dovevano dare l’abito da gladiatore, pur un po’ attempato, con Fiorello e Amadeus vestiti da centurioni. Invece scopriamo che sa cantare e ha una sua band. Si dona con generosità. Irresistibile nella battuta perculatoria su John Travolta.

Gianni Morandi 8 – L’eterno ragazzo della canzone italiana. Dicono abbia 79 anni, ma io non ci credo. Siamo tutte bimbe di Gianni.

Il Tre 6,5 – Nel mucchio dei 30 brani in gara la sua “Fragili” non lascia particolarmente il segno. Orecchiabile e potenzialmente radiofonica, ma non andrei oltre. Lui un patatone che, quasi commosso, ci racconta di aver superato le sue fragilità (“credere nei propri sogni ripaga”), poi scende in platea per abbracciare la mamma e regalarle i fiori. Ormai ci commuoviamo con poco: un punto in più.

Maninni 6 – Il brano più sanremese di questa edizione, manca di particolari guizzi. Eppure Amadeus ha puntato forte su di lui, scegliendolo direttamente tra i Big. Saprà sfruttare al meglio questa grande chance e spiccare il volo? Lo scopriremo solo vivendo, per ora si becca un sei politico.

Bnkr44 6 – Colorati, portano un po’ di allegria e sano cazzeggio. Non puntano certo alle alte vette della classifica, sono a Sanremo per divertirsi e farsi conoscere. Parlano di disagio giovanile e voglia di rivalsa. Simpatici ma ancora abbastanza acerbi, anche nella performance. Un po’ la quota Colla zio di questa edizione. Ve li ricordate, no?

Santi Francesi 7 – Elegantissimi, sguardo magnetico, fisicità. Se fosse una gara di figaggine gli avremmo dato 10. Ma siamo qui per dare modesti giudizi sulle canzoni. Una performance precisa ma troppo timida. Il pezzo c’è: sound pop contemporaneo e originale, cresce di ascolto in ascolto. Il testo resta un po’ un mistero: una raccolta di diapositive senza però una precisa meta.

Mr. Rain 5,5 – Cerca di bissare il successo di “Supereroi”, che lo ha consacrato, rinunciando al coro di bambini, e puntando su due altalene vuote, rimando simbolico al significato della canzone, ispirata alla storia di un genitore che ha perso due figli. La messa in scena anche in questo caso è fondamentale, teatrale e un po’ paracula. L’effetto magico dello scorso anno però non sembra ripetersi. D’altronde raramente le minestre riscaldate funzionano. La vita e l’amore ce lo insegnano.

Rose Villain 7 – Ha talento, voce, fisico e domina il palco come se fosse casa sua. Canzone un po’ tamarra che varia improvvisamente tra le strofe e l’inciso, lasciando quasi spiazzati. L’anima pop e quella urban di Rosa Luini si fondono in un pezzo che migliora con gli ascolti.

Alessandra Amoroso 6,5 – Lei ci mette tecnica, precisione, eleganza e una bella dose di energia, ma il pezzo è troppo classico e ampolloso. Il punto forte è sicuramente rappresentato dal testo: il periodo buio e la sofferenza vissuti non possono lasciare indifferenti. L’Ariston lo capisce e le regala un lungo applauso che ha il sapore di un abbraccio.

Ricchi e Poveri 7 – Ribaltano completamente lo stereotipo sulla partecipazione degli Over a Sanremo. Coloratissimi e scanzonati, portano un brano leggero, ma irresistibile e squisitamente dance. L’Ariston si scatena. Super hit. Vorrei avere un quarto della grinta della “brunetta” Angela Brambati. Datemi quello che prende lei.

Angelina Mango 8,5 – Gitana, anche nel look, si mangia il palco come una veterana. Vocalità e presenza scenica. Fa ballare tutti e il pubblico la omaggia con un’ovazione. Di poche cose siamo sicuri, una di queste è che Angelina ha un grandissimo talento. D’altronde la genetica non mente. Punta dritta almeno al podio, come dimostra il primo posto nella classifica di questa sera data dal televoto e dalle radio.

Diodato 8 – La sua voce, la sua classe, il modo con cui rende poesia tutto ciò che esce dalla sua bocca, sono patrimonio dell’umanità. Anche l’outfit è impeccabile. Coerente con la sua carriera e il suo stile. La presenza del corpo di ballo fa volare ancora più in alto il pezzo.

Ghali 7,5 – Omaggio a Michael Jackson nel look, insieme a Dargen porta l’unico testo politico di questo Festival. Il dialogo con un alieno, seduto in platea, la stupidità della guerra: “Con linee immaginarie bombardate un ospedale, per un pezzo di terra o per un pezzo di pane”. La disarmante attualità che fa riflettere. Magnetico, cresce con gli ascolti. Esibizione sporcata da qualche stonatura. Secondo nella classifica di questa sera.

Fiorella Mannoia 7 – Storie di donne, un inno all’emancipazione, con echi di De André. Come interprete è unica, riconoscibilissima. Non c’è un’altra Mannoia in tutto il panorama musicale italiano. Dà peso e scandisce ogni parola. C’è da dire che in carriera ha cantato brani migliori.

Negramaro 6,5 – La canzone sembra non partire mai, non avendo un vero e proprio ritornello. I Negramaro fanno i Negramaro, un brano nelle loro corde. E di certo di questi tempi la coerenza non è un disvalore, anzi. Emozionante il finale. Uno dei versi più belli di queste 30 canzoni: “Eravamo una canzone di Battisti all’alba, anche senza “bionde trecce”.

Sangiovanni 5 – Capisco più quando canta Geolier in napoletano che il buon Sangio. Il pezzo non decolla neanche con il passare delle serate. Decide di rinunciare al ruolo di hitmaker, ma appare spento e fuori fuoco. Si gioca male l’opportunità di salire sul palco più importante d’Italia.

La Sad 5 – La cosa che rimane di più è l’urlo “la seeeeeed”. Pop-punk con poche pretese. Trenta canzoni sono davvero troppe: chi vuole intendere intenda.

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