Sanremo 2023, il monologo di Pegah al Festival: testo integrale
Sanremo 2023, il monologo di Pegah al Festival: testo integrale
Tra le protagoniste della seconda puntata del Festival di Sanremo 2023, in onda su Rai 1 nella serata di mercoledì 8 febbraio, c’è anche l’attivista italo-iraniana Pegah, che propone un monologo con la partecipazione di Drusilla Foer, co-conduttrice della passata edizione della kermesse. Di seguito, il testo integrale del monologo proposto da Pegah durante il Festival di Sanremo.
Mi chiamo Pegah, italiana di origine iraniana, nata tra i racconti del “Libro dei Re” cresciuta tra i versi de “La Divina Commedia”. In Iran non avrei potuto parlare da un palcoscenico perché sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. Per questo ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta nella repressione.
Io mi chiedo esiste un paradiso forzato? Da noi si. Come si può chiamare un posto dove un regime uccide persino i bambini? Voglio ricordare al mondo che la musica è un diritto umano e per spiegare meglio quello che i miei coetanei stanno vivendo vorrei usare la melodia e le parole di una canzone diventata l’inno della rivoluzione, Baraye di Shervin Hajipour.
Per ballare in strada si rischiano 10 anni di prigione.
In Iran è proibito baciarsi.
In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la proprio femminilità.
Più di 20 milioni di persone sono sotto la soglia di povertà.
Tantissimi bambini sono sfruttati.
Il regime uccide i cani di strada.
In prigione ci sono più 18mila intellettuali e dissidenti che spariscono nel silenzio.
In Iran ci sono 1 milione di profughi afghani.
Omosessuali rischia l’impiccagione.
Chi è Pegah
Pegah Moshir Pour ha 31 anni e dall’età di 8 anni si è trasferita insieme alla sua famiglia da Teheran, la capitale dell’Iran, alla Basilicata, dove attualmente lavora come consulente per una multinazionale.
In Italia, infatti, Pegah ha conseguito una laurea magistrale in ingegneria edile e architettura e attualmente vive tra Potenza e Matera. Dopo la morte di Mahsa Amini e le successive proteste, che hanno innescato la violenta repressione del regime iraniano, Pegah ha iniziato a raccontare tutto quello che stava avvenendo in Iran condividendo sui suoi social e traducendo i video e le notizie che arrivano dal Paese.
Lo scorso ottobre, inoltre, la giovane ha lanciato un appello alle università italiane per chiedere “un intervento diretto che dia un segnale forte corale di solidarietà ma anche di azione, dei paesi occidentali e dell’Onu per difendere i cittadini e garantire agli studenti ospitalità presso università europee, creando dei corridoi accademici o borse di studio, non possiamo più tollerare tutto questo, ricordo un episodio simile nel luglio del 1999 sempre a Teheran, non possiamo fare finta di niente”.