Maurizio Battista a TPI: “Vi spiego perché ho preso a insulti quei due giornalisti”
Maurizio Battista: “Vi spiego perché ho preso a insulti quei due giornalisti”
Peccato li abbia frettolosamente cancellati, poche ore fa, dalla sua pagina Facebook, altrimenti vi avrei consigliato di dare un’occhiata a un paio di video postati da Maurizio Battista. Due dirette da più di 11 e 16 minuti (la prima in onda ieri e la seconda stamane) esemplari di come un personaggio di spettacolo non dovrebbe mai reagire alle critiche o alle note di stampa. Un disastro. Un concentrato di errori di comunicazione (di forma e sostanza) che andrebbe studiato nelle Università.
Chi è Maurizio Battista? direte voi. Battista è un cabarettista romano in attività dal 1978. Di recente Rai2 gli ha affidato tre prime serate: uno show minimale ma insolitamente elegante per i suoi standard ruspanti intitolato Poco di tanto. Giocando sul filo della nostalgia di tre decenni (Anni 60-70-80), il nostro si è calato all’interno di un appartamento ogni volta riplasmato e riarredato ad hoc con oggetti delle diverse epoche prendendoli a prestito per una narrazione affettuoso/consolatoria stile Piero Angela della memoria. Col contributo delle Teche Rai e di pochi ospiti.
Pur contando su un ottimo trovarobato e un disegno delle luci curatissimo, lo spettacolo si ammosciava sui testi, banalotti eppure pretenziosi, innestati su una lunghezza snervante. E sull’equivoco di un Battista che per statuto e indole ti aspetti faccia altro. Mi spiego meglio: se prendi Tomas Milian e gli fai fare il compìto cameriere al Ballo della rosa a Montecarlo, forse è inadatto al ruolo. Forse la gente si spiazza e cambia canale. Ed è esattamente ciò che è successo: 3,6% di share la prima puntata; 3,5% la seconda, per finire al 3,1%. Insomma, un “flop” conclamato per la rete.
Il problema è che alcuni giornalisti (come l’esperto di tv Davide Maggio e Marco Castoro di Leggo) l’hanno scritto. E lì apriti cielo. Battista ha aperto la vena sulla sua pagina Facebook, che vanta ben 236mila iscritti, dando voce a un attacco rancoroso che ha pochi precedenti. A parte Maggio, chiamato costantemente “Di Maggio” e l’evocazione generica di “pseudo giornalisti”, gli strali sono soprattutto per Castoro. Uno che “Non scrive né per il New York Times né per il Corriere della sera”. Gente che “Non si sa poi se ha il titolo per criticare”. E ancora: “Ringrazio Leggo di cui sono grande inserzionista su tutta la catena, per cui la prossima volta che dovremo fare pubblicità lo terremo molto presente”.
E ancora: “Io sono un professionista, un’eccellenza, non sicuramente come Marco Castoro, che è un free lance”; “Io sono un leone, tu sei un cane”. Mettendo poi velatamente in dubbio i dati d’ascolto: “Ma sei sicuro che i numeri sono questi? Sei sicuro che i numeri sono reali?”. Con riflessioni sulla gratificazione professionale: “Ho sbagliato? Chi ha sbagliato? Ce stavi te su Rai2? Io ce stavo”. E chiudendo con la ponderosa riflessione che uno come lui potrebbe essere giudicato “Soltanto da Brignano e Proietti”.
Il primo a rispondere è Davide Maggio: “Scopro da voi dell’esistenza di questi video di De Battisti. Se in tv non lo guarda nessuno, figurarsi sui social. La cosa tuttavia non mi stupisce: se dovessimo tenere in considerazione il parere di chi va in video, ci troveremmo a discettare soltanto di successi straordinari, anche in presenza di programmi che non vedono nemmeno i parenti stretti del conduttore. Roba da ridere. Anzi, nel caso del comico di cui parlate, nemmeno quella. Credo non faccia ridere nessuno. Però devo essere onesto, ha ragione: il 3% non è un flop, ma un superflop. E se è vero, come dice, che gli artisti devono essere giudicati solo dagli artisti, credo proprio che possa essere giudicato da chiunque”.
Davide Desario, direttore di Leggo, ribatte invece punto su punto: “Battista non ha letteralmente capito la differenza tra un’analisi dei dati Auditel e un articolo che recensisce il suo spettacolo. Che non è stato recensito. Sono stati invece giudicati i risultati d’ascolto. Dopodiché, è veramente di pessimo gusto fare la classifica dei giornali parlando di New York Times e cose del genere; cosa di uno snobismo più unico che raro e tutt’altro che democratica. Poi attaccare una persona che viene giudicata ‘free lance’, quando il valore di un giornalista non è certo dato dal contratto che ha e neppure dal giornale su cui scrive. E infine, cosa peggiore, è credere che facendo pubblicità su un giornale, quel giornale ne debba per forza parlare bene. Non so in che mondo viva e abbia vissuto sino a oggi Maurizio Battista. Il dispiacere è che gli sia stato dato tanto credito, al punto da portarlo in prima serata su Raidue, quando ci sono fior fior di comici e autori che probabilmente valorizzerebbero quegli spazi molto meglio”.
Maurizio Battista: l’intervista
Maurizio Battista, perché questa querelle?
“Prima ho visto quella cosa di Di Maggio, poi Castoro che ha tirato in ballo il ‘flop’, e me so’ offeso. Ho 63 anni, con quelli della Ballandi avevamo messo assieme un programmino particolare, ricercato, per rete e target. Una cosa fatta col cuore, in un momento molto difficile. Era come un figlio per me”.
Ma se è stato un flop, lei come l’avrebbe chiamato?
“Non è andato bene, è vero. Si possono fare tante riflessioni: era per gente sopra i 45 anni. Ma non è per me, figùrate. È che ci hanno lavorato dietro 80-100 persone, delle eccellenze. Ci sono rimasto male. Ci voleva un po’ più di sensibilità da parte sua, doveva metterci magari quelle quattro-cinque parole in più pe’ spiegà anche che ci sono stati altri (nun me faccia fa’ nomi) che hanno fatto quell’ascolto. Forse non funziona quel prodotto. Po’ èsse. Con Castoro ce conosciamo da tanto, è stato pure a casa mia”.
Aveva un rapporto d’amicizia col giornalista?
“Capirai, casa mia è ‘na stazione dàa metro… Una volta è venuto qui a vedè Sanremo tutta la sera. Ma famme ‘na telefonata e dimme le peggio cose. Ce sta. Messa così per me è stata ‘na stretta ar còre. Era ‘n figlietto, ‘sto programma, fatto co’ tanta fatica da tante famije, me vedo solo ‘flop’, ‘non buca il video’… È ingiusto. Dì che la conduzione era debole. Ho le spalle grosse”.
Se un artista conosce un giornalista non può più essere obiettivo?
“Mannò, è che ho reagito d’istinto e ho fatto quei video, sono uno de còre. Se s’è offeso mi scuso, ma in fondo nun è morto nessuno, dai. Voi giornalisti dite la vostra, io dico la mia”.
Ma lei ha fatto offese personali: “Io sono un leone, tu sei un cane”.
“È’ la citazione di una storia che lei non so se conosce. Comunque l’ho detto in un momento di rabbia e delusione. Ho il mio carattere nel bene e nel male”.
Qual è la storia del leone e del cane?
“Ma io quando m’aràbbio dico qualsiasi cosa… No è che il leone è morto. Me sento un leone ma morto, il cane lo morde, ma il leone rimane leone e il cane rimane cane. Lui domani rimane giornalista, io quello che ha fatto ‘na cosa che nun è andata bbbène. La vita è questa. Ci sono problemi più gravi”.
Senta, ma questa minaccia di non fare più pubblicità su Leggo?
“Ma non so se è una minaccia… Avessero messo un minimo di parole in più, un aggettivo. Lei che cosa vuole che le dica, mi perdoni? Lei mi fa queste domande, io le sto dando spazio del mio tempo, lei che cosa vuole sentirsi dire? È stato un giorno storto, tutto lì”.
Non voglio sentirmi dire niente, mi creda. Le chiedo conto di quello che ha detto dopo aver ascoltato i suoi video. Ma si riferisce alla pubblicità dei suoi spettacoli?
“Sì, la facciamo su tutti i giornali, non solo su Leggo, al quale siamo molto legati. Io poi ‘sto da solo, quindi non c’è un plurale”.
Quei due video però lei oggi li ha cancellati.
“Me li hanno fatti cancellà, io li avrei lasciati benissimo. Vabbé, leva tutto. Questo è quanto: uno può èsse un po’ più delicato, nel caso il giornalista. L’altro può èsse un po’ più delicato, nel caso il comico. Non facciamone una questione di vita o di morte. Se s’è offeso, chiedo scusa e quando lo vedo lo farò personalmente. La prossima volta magari metterà un aggettivo in più”.
Perché due video così li rifarebbe?
“Mannò, oggi non li rifarei. Ma io dico: famme ‘na telefonata, mannaggia la p… e dìmme quello che te pare. Sono la persona più disponibile del mondo, magari hai pure raggiòne. Ho un brutto difetto: faccio le cose col cuore ed è un difetto. Diventi anche irrazionale, a volte”.
Ma non si deve reagire così.
“Eeehhh, so’ tante le cose che non bignerebbe fa’. Anche un programma in prima serata non bisognerebbe fa’. Io faccio altro, in genere. Campo d’altro. Si sbaglia, si esagera e si chiede scusa. Non è che ho ammazzato nessuno, mi perdoni. Le sto parlando per educazione. Pur avendo deciso di non parlare più di ‘sta cosa, le sto dedicando del tempo”.
Lei ha detto anche: “Mi dovrebbe giudicare soltanto Proietti”.
“Questo è un discorso più ampio. Un giorno ci prendiamo un caffè, e glielo faccio. Così lei finisce di registrare questa telefonata e io le dico le cose come le vedo io, dalla mia età e posizione”.
Facciamolo ora, non c’è problema per me.
“Secondo me uno che scrive dovrebbe aver calcato il palcoscenico, per capire meglio. Quando si parla di certe cose bisognerebbe sapere che cosa si prova quando si sta su un palco. Momenti particolari. Forse voi ne avete visti tanti, e parlate. Ci sta. Però…”.
Solo un giornalista ex attore la può giudicare.
“Nooo, è che ci sono sensazioni, momenti, quel giorno magari ti è capitata ‘na cosa, sei stato male. Chi scrive non lo sa”.
Anche Anzaldi, della commissione di vigilanza della Rai, l’ha aspramente criticata.
“E vabbé, ma quello fa er mestière suo. Va bène, va bène…”.
Non è che le hanno dato la bella occasione di uno spettacolo in prima serata su Rai2, s’era montato un po’ la testa, le è andato male, e lei ha fatto ‘sta sbroccata?
“Non mi conosci. Ti sto dando del mio tempo, ma non mi conosci. L’unica cosa che non ho io è il montarmi la testa. È una delusione, fa male, se capisci il significato. Ero già ferito, ha buttato benzina sul fuoco, sale sulla ferita, porca p… maledetta. Ma rispetto il lavoro degli altri. È che questa era ‘na cosa delicata, di sentimento, parlavo di nostalgie, non una caciarata di quelle che faccio di solito. Ma dovrebbero istituire anche l’indice di gradimento. Io su ‘ste cose m’arrovello”.
La stampa lei dovrebbe conoscerla bene perché ha fatto anche l’edicolante.
“Chi, io? No, il barista. Se fossi stato edicolante avrei avuto più dimestichezza coi giornali. Deve capì la mia buona fede, proprio perché me so’ arabbiàto”.
Posso capirla, ma la sua è stata una reazione molto violenta e inaccettabile.
“Perché quando ho letto ho pensato: porca misèria, so’ rimasto er barista de prima. I cornetti nun so’ bòni e me rode er c…”.
Quindi ripetiamo insieme, per accettarlo: il programma è andato male, ed è stato un flop.
(Ride) “Sì, andato male ed è stato un flop. Del resto ne ho sbajate tante, anche i matrimoni, quindi…”.
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