Giortì, la nuova serie con Giulia De Lellis e Gemma Galgani è folklore allo stato puro
La Tv leggera che attinge alle umane storie, di solito si muove su due binari: il pianto (o l’induzione al pianto) degli ospiti, che in genere è sciacallaggio low cost; oppure gioca sulla cialtroneria affettuosa e sorvegliata, magari lievemente pruriginosa ma in fondo onesta, che male non fa. Appartiene sicuramente a questa seconda branca dell’intrattenimento “Giortì“, il nuovo programma di Fascino e MediaMAI in onda solo sul web, sulle piattaforme di Mediaset Play e WittyTV.
In una quarantina di minuti e rotti Giulia De Lellis e Gemma Galgani (sorta di Mary Poppins un po’ agée uscita dal mondo coatto di “Uomini e donne”, eterna rivale di Tina Cipollari) diventano messaggere di pace e d’amore promettendo di andare a rovistare, volta per volta, tra le feste più curiose della Penisola e i loro bizzarri protagonisti. In un paese che, prima del Covid, i party non se li è fatti mai mancare, costasse quel che doveva costare.
Mi sono imbattuto in una puntata (registrata ovviamente prima dei vari DPCM) che era folklore allo stato puro: le sfarzose nozze salentine tra Giovanni Minerba, “regista e noto esponente della comunità LGBT”, come recitano le note di presentazione, e Damiano Andresano, suo compagno da 27 anni. Cioè da quando Giovanni perse il suo precedente e mai dimenticato amore, Ottavio Mai, col quale fondò anche il Festival del cinema di genere. O meglio, dei generi. E che si lasciò morire dopo aver contratto l’AIDS.
Muovendosi fra Aradeo e Galatone Giovanni e Damiano si sposano con rito civile, e l’officiante è nientemeno che Vladimir Luxuria. Tanto che fa un po’ effetto sentire la frase: “Io, Vladimiro Guadagno in arte Vladimir Luxuria, in virtù dei poteri conferitimi, vi unisco in matrimonio”. Fa effetto ovviamente e soprattutto perché il celebrante sente il bisogno di specificare “in arte”. E vabbé, del resto tutto fa Broadway.
Dopo il rito in comune, gli sposini bissano con una serata aperta al pubblico nell’arena di Aradeo, impreziosita dalla presenza dell’attrice Ida Di Benedetto (piuttosto kitsch, a mio avviso, la sedia vuota dedicata allo scomparso compagno di Minerba, che diventa presenza incombente del rito: come sposarsi in tre, di fatto), e da una festa con 200 invitati la sera successiva nel trullo di famiglia. Con tanto di bombastica Drag Queen platinata che intona pezzi di Mina. E Vladimir che porta Gemma su una sorta di poltrona che “è l’angolo del sesso” e la stuzzica da par suo facendo spettacolo: “Lo so, stai pensando: tutte le altre si fidanzano, pure i gay; solo io sono la solita sfigata… Siamo spaiate come i calzini”.
Con un menu così, di norma ci sarebbe di che specularci pesantemente per millenni. Invece gli autori di “Giortì” fanno planare sull’evento, apparentemente ignara, la Galgani, che si muove col suo sguardo (e con tatto) fra estasi, stupori e qualche lacrima ineludibile. Lei, che fu anche direttrice del Teatro Alfieri di Torino. Fuori campo la voce, perennemente estranea alla spontaneità, della graziosa Giulia De Lellis. Che a occhio e croce è stata messa lì solo come prezzo da pagare ai millennials. Per avvicinare, visto che ci si muove tra l’altro solo sul web, una fetta di pubblico giovane che potrebbe guardare con diffidenza tanto dispiego televisivo di carne vetusta.
“Giortì” gioca su meccanismi emozionali consolidati. Capostipite del genere, in Italia, fu il cult “Scene da un matrimonio” di Davide Mengacci, che dal ’90 in poi su Canale 5 e Retequattro piombò nelle location delle nozze più trash d’Italia intervistando sposi, parenti e invitati. Mengacci distillava candida perfidia dietro un sorriso disarmante. La Galgani punta più sul coté estatico-sentimentale, che le appartiene. Ma il gioco in fondo è sempre quello, e si può allargare anche a compleanni, prediciottesimi partenopei, e a tutti quegli eventi glam che abbiano un retroterra di varia umanità da scandagliare.