Alfonso Signorini si dà ai podcast e il risultato è un concentrato di retorica zuccherosa
C’è il pop di ‘Viva la mamma’ by Edoardo Bennato, ma anche la struggente ‘Mamma’ di Beniamino Gigli. Al cinema non mancano le commedie: ‘Mamma ho perso l’aereo’ e ‘Getta la mamma dal treno’, di e con Danny DeVito. Ma se vogliamo più spessore culturale si arriva a ‘La madre’ di Grazia Deledda e persino a ‘Madre coraggio e i suoi figli’ di Bertolt Brecht.
In tempi di austerity (ma in attesa, si immagina, di un ponderoso volume della Casa) Alfonso Signorini lancia qualcosa che si potrebbe intitolare ‘Infila la mamma nel podcast’. Il magnifico Alfie l’ha fatto davvero, per sua stessa voce, nel quadro della recentissima campagna di rilancio di Chi, il settimanale Mondadori che il nostro dirige dal 2006. Che cosa non si fa per un ‘figlio’, del resto. Per cartaceo che sia.
La collana (che comprende anche uno stucchevole Lapo Elkann in un’agiografica ode all’Italia) è stata battezzata ‘Storie d’amore’. E il signorinico audio che circola sul web (lo trovate anche su Spotify), intitolato ‘Mia mamma, il mio sole’, inizia con un prologo che presenta tutta l’iniziativa. “Storie d’amore racconta l’amore in tutte le sue forme: per un uomo, per una donna, per un figlio, per una madre, per un padre, per un amico, per un animale domestico, per un luogo. L’amore è il sole che scalda e illumina tutta la nostra vita”, dice Alfonso cercando di tenersi il più possibile lontano (Dio non voglia) da ogni tipo di retorica. A seguire, l’affettuoso mini-ritratto della genitrice del giornalista milanese, 56 anni, lanciato in tv da Piero Chiambretti.
“La prima immagine che ho di mia mamma” assicura Alfie “è la coperta, perché durante soprattutto l’adolescenza – la cosa mi infastidiva molto – veniva la notte sempre a coprirmi perché diceva che io mi scoprivo e che prendevo freddo. Anche d’estate. Quello era il suo modo per non staccare mai la spina da me. Si alzava di notte, nella profondità del sonno, arrivava e mi rimboccava le coperte”. Una sorta di sonnambulismo benefico, par di capire. Ora, evitando di soffermarsi sull’originalità dell’aneddoto (mia madre fa una crostata ai frutti di bosco che vale tutto il Decalogo di Kieslowski, ma è così schiva che io – ingrato – non le ho mai dedicato neanche un vocale in una chat su Whatsapp), non sembra così inusuale il fatto che una mamma rimbocchi le coperte al figlioletto adolescente.
A seguire Signorini approfitta per ricordare che “mia mamma, che non aveva fatto le scuole perché si era fermata alla terza media; anzi, forse non le aveva neanche finite” si beava, degli eruditi racconti del pargolo frequentante il Ginnasio. Stirava “lenzuola, camicie, tovaglie” e lo ascoltava mentre ripassava “i miti greci, la Storia di Enea, la storia di Ulisse, il suo peregrinare per il mondo, il suo coraggio, e mia mamma diceva: ha fatto davvero tutte quelle cose lì? Era così curioso nella vita? Ho detto: essì. E dice: ‘E pensare che io non ho mai visto neanche la Svizzera. E lui tanti anni fa aveva già conosciuto le Colonne d’Ercole'”. Come si può notare è tanta roba, amici.
Ma occhio che arrivano anche il momento pulp e l’immancabile scoop con inatteso balzo indietro temporale che spiega tante cose anche del presente signoriniano. Ma seguiamo il racconto dello stesso direttore. Tenetevi forte: “Poi ci sono stati tra noi anche dei malumori: la più grande delusione forse della mia vita”, rivela Alfie. “Quando alle scuole elementari la maestra ci disse un giorno di disegnare la nostra mamma e io ero un bambino un po’ silenzioso, un po’ taciturno, molto solitario: ho disegnato un sole molto grande con due pomelli rossi – perché mia mamma quando beveva un po’ di vino aveva le gote molto rosse – e i raggi molto molto lunghi, e con un bel sorriso. La maestra dopo che vide questo disegno mi prese da parte e mi disse: ‘Alfonso, ho chiesto di disegnare la tua mamma’, e io non mi ero posto il problema perché per me mia mamma era quella roba lì. Era il sole. E quando la maestra mi disse: ‘Adesso disegna bene la tua mamma’, io le ho rifatto un altro sole. Allora la maestra mi prese il diario e scrisse: ‘Signora Signorini, domattina sarebbe bene che lei accompagnasse Alfonso a scuola perché disobbedisce alla maestra’. Quella nota preoccupò tutti in famiglia: mio papà, mia mamma… Io poi ero un bambino molto bravo a scuola. Non avevo mai dato problemi. Il mattino la maestra spiegò questa cosa a mia mamma e mia mamma davanti a tutti i miei compagni mi diede uno schiaffo proprio da cinque dita sulle gote, violentissimo. La testa mi girò e io piansi come un pazzo. E quel pianto lì non si è più fermato. L’ho portato fino alla sera, non ho più mangiato. Sono andato in cameretta, ero disperato. E quella disperazione lì ce l’ho ancora dentro oggi. Ma non per il dolore dello schiaffo, che mi fece un sacco male. Ma perché mia mamma non mi aveva capito. Non aveva capito che quel sole lì era lei, era il calore, era il sorriso, era la luce. E allora ho iniziato a capire che anche le persone che ti amano magari ti deludono. Quei segni sulla faccia erano lì a ricordarmelo, e ancora oggi ho paura di quella delusione”.
Anche se per fortuna non ho mai avuto un’esperienza simile (mia madre infatti non mi ha mai dato in pubblico uno “slavadenti”, come si dice dalle mie parti, stile Bud Spencer perché l’avevo raffigurata come un sole), qui mi sento di esprimere massima solidarietà all’ancora traumatizzato Alfonso. Anche se, va detto, avrebbe forse giovato un po’ di comunicazione in più con la maestra. Sono dell’idea che spiegare meglio i propri intenti avrebbe aiutato e forse evitato quel richiamo sul diario e le nefaste conseguenze.
L’ultima parte del podcast signoriniano è dedicato a “mother and son” e al loro controverso rapporto con i soldi, nel quale il direttorissimo dipinge sua madre così “Lei, tirchia per natura, io con le mani bucate fino all’inverosimile e a lei proprio questa cosa non andava giù”. L’antico ceffone deve aver fatto particolarmente male ad Alfonso, perché se io in qualsiasi documento pubblico definissi “tirchia” mia madre, riservata com’è e attenta alla propria immagine, verrebbe a recuperarmi anche dall’Aldilà per farmela pagare. Ma per fortuna è ancora viva e in questo momento fa un sacco di scongiuri. Una volta raccontai sul mio Facebook (mica il Washington Post) che mi aveva distrutto un frigorifero prendendo a mestolate d’acciaio il ghiaccio che si era formato nel freezer (aneddoto che suscitò parecchia ilarità), e mi ha tolto il saluto per più di un mese, festivi compresi. E ancora me lo rinfaccia.
Ma torniamo alle dolenti note del report economico alfonsiano. Dal quale emerge che, durante un agognato viaggio in India, il nostro aveva comprato uno stupendo “collier di zaffiri e di smeraldi” da regalare a mammà. Era al settimo cielo all’idea di portarglielo. Consegnatolo alla genitrice, si sentì rispondere freddamente: “‘Ma cos’hai buttato via a fare tutti questi soldi? Ma che cosa l’hai preso a fare? Lo metto al mercato per andare a comprare le patate e le cipolle?’. Ancora una volta aveva vinto lei”, commenta lui con amarezza. C’è spazio ancora per un flash, relativo agli ultimi due anni di vita dell’anziana genitrice, che dopo il consueto pranzo della domenica, prima di congedarsi dal figliolo, gli diceva: “Ma non la dai la mancia alla mamma?”. Cosa mai successa prima, anche perché la signora era accudita e badata a dovere.
“La cosa all’inizio mi sconvolse”, dice Alfie, “perché non aveva mai chiesto una lira. Anzi… Allungai una volta 50, una volta 100 euro, e lei era tutta contenta, se li metteva nel grembiule, poi mi baciava e diceva: ‘Ci vediamo la prossima settimana’”. Una pratica che durò a lungo. A due settimane dalla morte di mamma, zia consegna una busta ad Alfonso, e nella busta, che il nostro apre dopo un anno, ci sono: “Un sacco di soldi: 8.250 euro e un bigliettino: ‘Hai da sempre le mani bucate: queste sono le mance che mi hai lasciato. Però so che almeno restano in tasca tua’. La tua mamma”.
Il privato di Signorini messo a nudo dallo stesso Signorini, insomma. Che diventa protagonista mettendo in piazza tutto. Va detto che non lo farebbe chiunque, comunque la si pensi. Ma se consideriamo che di recente (proprio durante il rilancio di Chi) il nostro ha osato l’inosabile, ovvero piazzare in copertina se stesso, forse tutto torna. Quando mai un direttore di giornale dedica la cover alla sua persona? Del resto nel mare magnum dell’editoria italiana ci sono persino direttori che insultano e minacciano i loro giornalisti; dedicarsi un’autocopertina in fondo diventa peccato veniale. Il tutto in attesa che Vasco Rossi incida ‘Vi canto Vasco Rossi’ e che Cracco impiatti se stesso. Ma forse qui siamo più dalle parti del grande fotografo o del pittore che si dedicano un sobrio autoritratto.
Forse il corto circuito egotico nasce dal fatto che il nostro è anche personaggio televisivo, conduttore del Grande Fratello Vip. Della serie: non risparmio i tele-vippetti che vado a sbertucciare ogni settimana, ma vi dimostro che all’occorrenza non solo mi metto in gioco anch’io, ma metto sul piatto persino mammà. Parlo della sua tirchieria e di quella sberla malandrina che ancora mi fa male. Perché “Di mamma ce n’è una sola”, dice il vecchio proverbio. E a volte va bene così. Perché le mamme, rimarca un altro luogo comune, “sono sempre sacrificio”. E quello di finire in un podcast-verità di Alfie, non sembra davvero niente male.
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