“Circa 100 milioni di mancati incassi. I problemi non si risolvono tenendo i teatri chiusi”: parla il vicepresidente Anfols (Fondazioni lirico-sinfoniche)
Parla a TPI Fulvio Macciardi, sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna e vicepresidente nazionale dell'Anfols, l’associazione che rappresenta 12 delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche italiane. "I problemi non si risolvono tenendo i teatri chiusi. Purtroppo in questa fase prevale la paura di non saper gestire, più che il coraggio di darsi delle regole. Con Sanremo si è persa un'opportunità. Noi siamo pronti, abbiamo dimostrato di saper operare in sicurezza". "Nel 2020 - aggiunge Macciardi - si sono persi circa 100 milioni di euro di mancati incassi. Manca una progettualità a medio-lungo termine, il rischio è di non tornare all'ordinarietà neppure nel 2022"
Più volte in questi mesi drammatici abbiamo sentito dire, e vi abbiamo raccontato, che il mondo dello spettacolo è stato uno dei più colpiti dall’emergenza Coronavirus. A circa un anno dall’inizio dell’epidemia, teatri, cinema, sale concerto del nostro Paese sono ancora chiusi. Poche le certezze per chi lavora in questo settore su quando sarà possibile tornare alla normalità. Abbiamo provato a fare il punto della situazione con Fulvio Macciardi, sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna e vicepresidente nazionale dell’Anfols, l’associazione che rappresenta 12 delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche italiane. “Il nostro mondo è stato stravolto da questa pandemia – spiega Macciardi a TPI – Nessuno di noi ha annunciato una stagione 2021 e manca una progettualità a medio-lungo termine”.
Dottor Macciardi, qual è la situazione delle Fondazioni che fanno capo all’Anfols e come hanno fatto fronte a questo devastante 2020? A quanto ammontano le perdite?
“Abbiamo dei costi di produzione molto alti, e che spesso vengono affrontati prima della realizzazione degli spettacoli, come gli allestimenti e i trasporti. E poi c’è stato di fatto un azzeramento delle entrate dai botteghini. Prima della chiusura di novembre-dicembre, secondo una nostra stima, abbiamo avuto oltre 60 milioni di euro di mancati incassi. Se consideriamo anche la Scala di Milano e Santa Cecilia di Roma, che non fanno parte dell’Anfols, arriviamo intorno ai 100 milioni.
Per fortuna nessuno dei nostri teatri è fallito, anche perché non andando in scena abbiamo abbassato molto i costi, oltre a ricevere comunque finanziamenti pubblici. Un altro sostegno importante che abbiamo avuto nel 2020 è quello degli abbonamenti, che ovviamente vengono pagati in anticipo. In questo modo quasi tutti i nostri teatri hanno potuto chiudere il bilancio in pareggio. Ora quello che fa paura è il 2021: doveva essere l’anno del ritorno alla normalità, ma è iniziato nel peggiore dei modi”.
Su quali sussidi avete potuto fare affidamento? L’aiuto del Governo è stato soddisfacente?
“Il Governo sin dal lockdown della scorsa primavera ha garantito per il 2020-2021 alle Fondazioni lirico-sinfoniche lo stesso contributo dato dalla media degli ultimi tre anni (dal 2017 al 2019). Questo per noi è stato fondamentale. Negli ultimi anni nel nostro settore hanno acquisito sempre più importanza per la sostenibilità economica le entrate dalla biglietteria e quelle da sponsor. È vero, prendiamo finanziamenti pubblici, ma ad esempio a Bologna, sommando i contributi statali, quelli della Regione e del Comune, non riesco a coprire i costi fissi del teatro. Per questo cerchiamo di intervenire sugli sponsor e sulla diminuzione dei costi, ad esempio tramite la cassa integrazione. Ma più staremo fermi, più le ripercussioni saranno gravi”.
Realisticamente, quando pensate di poter tornare alla normalità?
“Speriamo in tarda primavera di avere una riapertura parziale, e che l’estate ci accompagni verso una ripresa più significativa. Ciò che manca maggiormente è una vera progettualità a medio-lungo termine. Inizio francamente a temere che non si torni all’ordinarietà neppure nel 2022. Il nostro problema non è solo quello del pubblico, ma di tutti gli artisti – i maestri d’orchestra, il coro – che inevitabilmente stanno vicini, cantano, suonano strumenti a fiato. In tal senso penso che torneremo davvero alla normalità solo quando tutti i nostri dipendenti saranno vaccinati”.
Molti teatri, come quello di Bologna, in questi mesi hanno proposto diversi spettacoli in streaming, grazie anche all’iniziativa promossa dall’Anfols “Aperti, nonostante tutto”.
“Stiamo utilizzando le trasmissioni in streaming perché ci permettono di mantenere un rapporto con il nostro pubblico e con i sostenitori. Il rischio dell’oblio altrimenti è molto alto. In questi mesi è stato molto importante il fatto che ci è stato permesso di tenere in piedi le attività. Così i nostri dipendenti hanno potuto continuare a venire a lavorare, nella massima sicurezza, perché applichiamo tutti i protocolli e veniamo costantemente sottoposti a tamponi. Per un artista non andare sul palcoscenico è come per uno sportivo non gareggiare mai. Per realizzare questi eventi in streaming però serve anche un adeguamento tecnologico dei nostri teatri”.
A marzo sulla Rai vedremo l’opera Adriana Lecouvreur registrata a porte chiuse al Teatro Comunale di Bologna.
“Quando interviene una corazzata come la Rai, con grossi investimenti, come stiamo facendo a Bologna, hai modo di avere una visibilità importante ed esporre fuori dal teatro un lavoro di eccellente qualità. Quello che stiamo realizzando non è solo uno spettacolo teatrale, ma un’opera-film, con un grande lavoro di postproduzione. Dovremmo fare almeno una produzione del genere all’anno, anche perché permette di avvicinare un pubblico vasto ed eterogeneo al mondo della lirica”.
Come si immagina il ritorno alla normalità per il mondo dei teatri e delle Fondazioni che lei rappresenta?
“Stiamo già lavorando per preparare degli spettacoli da mettere in scena appena si tornerà alla normalità. Quando si potrà ripartire, anche se con un pubblico ridotto, dovremo farlo velocemente. Penso soprattutto ad artisti giovani, a inizio carriera, che a causa di questa pandemia rischiano di saltare anni fondamentali. A Bologna curiamo con attenzione le nuove leve, che oggi rischiano di essere le più penalizzate. Anche perché quando ripartiremo, tutti punteranno presumibilmente sui nomi di maggior richiamo per attirare il pubblico. Ma lo star system non deve uccidere le giovani promesse dello spettacolo”.
Dopo giorni di aspre polemiche, la Rai ha deciso che non ci sarà pubblico al teatro Ariston al prossimo Festival di Sanremo. Che ne pensa?
“Abbiamo dimostrato che i teatri possono essere luoghi sicuri. Secondo le attuali misure anti-Covid, gli spettacoli possono ripartire nelle cosiddette zone bianche, ma al momento nessuna Regione è vicina a raggiungere questi parametri. Bisognerebbe trovare dei protocolli che non facciano delle chiusure l’unico strumento. Con Sanremo si è persa un’opportunità. Si poteva concedere una capienza ridotta, mantenendo le distanze. D’altronde nei teatri non parliamo di carovane di persone come sarebbe per gli stadi. I problemi non si risolvono tenendo i teatri chiusi. Purtroppo in questa fase prevale la paura di non saper gestire, più che il coraggio di darsi delle regole. Pensare che non possano entrare un po’ di persone, doverosamente controllate, per me è un errore. Forse è più pericoloso salire su un bus che stare in un teatro con tutte le distanze rispettate.
Il nostro lavoro è anche quello di alleviare i patimenti umani e psicologici delle persone, così provate da questa situazione. Speriamo intorno ad aprile di avere una riapertura parziale. Noi siamo pronti, abbiamo messo il plexiglass, separato entrate ed uscite ecc. Abbiamo dimostrato, durante i mesi dell’apertura estiva, di poter operare in sicurezza. Rinunciando a una vita normale non risolveremo questi problemi con i quali dovremo convivere ancora nei prossimi mesi”.
L’Adriana Lecouvreur a marzo su Rai 5
“I quattro atti dell’opera diventano quattro spaccati di epoche diverse, con le muse che hanno ispirato il proprio tempo. Un omaggio al teatro e al cinema che, in questa produzione in collaborazione con la Rai, si trasforma in un film per la televisione”. Parte da questa idea la regista pesarese Rosetta Cucchi, direttore artistico del Wexford Festival Opera, per la messa in scena dell’Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea: una nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna, registrata a porte chiuse dal 3 al 6 febbraio e trasmessa da Rai Cultura in prima visione su Rai 5 giovedì 11 marzo alle 21.15, con la regia televisiva di Arnalda Canali.
Lo spettacolo, originariamente previsto lo scorso maggio ma sospeso a causa dell’emergenza sanitaria, aprirà in maniera inedita l’anno operistico 2021 del teatro felsineo. Protagonista in un doppio debutto, nel ruolo del titolo e nella Sala Bibiena, è il soprano lettone Kristine Opolais, reduce dal successo televisivo di “A riveder le stelle” che ha sostituito la prima della Scala e tra le star più contese dai principali teatri della scena internazionale.
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