Primo Maggio, il controconcerto di Taranto. Roy Paci a TPI: “Qui si cambia musica”
Roy Paci è nato ad Augusta ed è cresciuto a Siracusa, in Sicilia, ma crede che sia Taranto la città più bella del Mediterraneo. “L’ho vista sulle cartine, l’ho vista dal mare, è la più bella per il suo posizionamento e per il suo grande golfo”, afferma. Se non fosse per il cielo rosso colorato dalle polveri dell’acciaieria più grande d’Europa, che spaventano chi arriva da fuori, dice, molte più persone la penserebbero come lui, che dal 2013 ha avuto uno sguardo privilegiato sulla città pugliese organizzando da direttore artistico, insieme a Michele Riondino, il “Primo Maggio Libero e Pensante”, il concerto alternativo a quello di Roma che porta sul palco le vertenze dei dipendenti dell’ex Ilva e dei lavoratori delusi dall’azione dei sindacati.
“Il Primo maggio non si festeggiava più in maniera reale e cosciente. Quello di Taranto ha rappresentato una boccata d’aria in un momento in cui i lavoratori non erano più dignitosamente riconosciuti come prima dagli stessi sindacati. Questa giornata è stata importantissima per sensibilizzare il pubblico e nel corso delle edizioni è diventata sempre più importante. Quest’anno sono attese 100mila persone e speriamo questo ci faccia ripartire con il botto. Questa realtà deve rimanere viva perché è l’unica. Ne stanno nascendo altre, ma Taranto sta facendo da faro per tutto quello che accadrà”, racconta il musicista.
Avete detto che i sindacati confederali al concerto del Primo Maggio di Roma “suonano sempre la stessa musica”. Che musica si suona sul palco di Taranto, invece?
Quella del diritto, della democrazia, di messaggi politici puliti, scevri da qualsiasi manipolazione mediatica o partitica. Non c’è una bandiera sebbene anche noi facciamo politica, ma sana, costruttiva, a favore di chi si batte giorno dopo giorno con i fatti per le cause in cui crede, al di là del clamore mediatico, che conosce la quotidianità dei lavoratori e delle lavoratrici. Sugli altri palchi questo non c’è più. Io so benissimo dopo quasi 10 anni che tutti gli artisti coinvolti vengono per ragioni oneste. Nessuno deve presentare un album, tirare fuori un nuovo singolo. Il nostro è un palcoscenico importante perché i musicisti sono solo dei grandi amplificatori delle grandi questioni che i portavoce dei movimenti denunciano sul palco, dai Fridays for Future alla Terra dei Fuochi.
Vuol dire che gli altri palchi sono passerelle?
Sì, poi si può parlare di tematiche importanti, ma sono modaioli. Il nostro non è un ambiente che deve stare attento alle mode facendo fuori per esempio artisti di alcune generazioni. Noi quest’anno abbiamo Gianni Morandi. La sua presenza scavalca ogni confine e frontiera musicale, lui è un’icona della trasversalità.
Hai parlato di “anni di disimpegno nel repertorio musicale”, significa che la musica ormai si disinteressa alla politica?
C’è stata una disillusione, sì, ma Taranto ha fatto tornare la voglia di avere la forza e il coraggio di applicare alla creatività e alla scrittura un impegno sociale. Molte persone hanno trovato il coraggio di mettersi davanti a temi importanti e delicati, dai migranti alla terra dei fuochi. Ho visto la rinascita di una coscienza musicale.
Proprio questo aspetto ha attratto alcuni dei principali artisti del panorama musicale italiano, con una line up che da Margherita Vicario a Cosmo fa invidia a quella di San Giovanni.
Io non sto neanche pensando a Roma, perché nonostante sia amico da sempre di chi organizza quel concerto, non abbiamo nulla in comune. Noi abbiamo a cuore soprattutto gli sconosciuti, gli invisibili, non abbiamo bisogno di portare solo i vip. Per questo abbiamo invitato Aboubakar Soumahoro, lui cerca in ogni sua uscita di tirar fuori gli invisibili che lavorano la terra. Sarà presente anche Luisa Impastato, una delle icone del movimento antimafia, che non ha tutti i giorni la giusta visibilità. Dobbiamo tenere viva quella fiammella attraverso la musica.
È nato un movimento culturale in cui alcuni artisti e attivisti sembrano aver trovato una sponda.
C’è gente che sceglie, che ha il coraggio di dire: io vado a Taranto perché mi rappresenta e mi somiglia. È come entrare in una cabina elettorale, scegliere se fare del male o del bene al prossimo. Taranto è questo: fai una scelta. Pillola rossa o pillola blu. Vuoi venire a Taranto? Vuol dire che stai venendo perché ci credi. Anche perché nessuno ci dà nulla, non ci sono soldi. Abbiamo realizzato un’utopia meravigliosa.
C’è un musicista che ti ha colpito particolarmente per il suo impegno o coscienza politica e che partecipa alla manifestazione?
Amo tutti gli artisti che ci chiedono di venire e non riesco a fare distinzioni, ma sono contento che quest’anno abbia scelto di partecipare un musicista come Cosmo, che stimo tantissimo, perché si è esposto molto contro il Greenwashing. Come sai Roma è sorretta da un’azienda che proprio con il greenwashing cerca di fare un po’ di dribbling.
A Sanremo ha sussurrato “Stop greenwashing” quasi di nascosto, a Taranto lo griderà?
Certamente. Per questo sono contento.
Quello della decarbonizzazione e dell’utilizzo di fonti rinnovabili è uno dei temi più sentiti a Taranto. Quali altre vertenze secondo te è necessario far emergere durante il concerto?
Mi sta particolarmente a cuore la storia di Aboubakar Soumahoro, che difende la causa dei contadini che lavorano la terra ogni giorno. Io sono figlio di contadini, capisco benissimo di cosa stiamo parlando. Ho a cuore la terra e il movimento degli invisibili deve diventare popolare, perché sono loro che ci fanno arrivare il cibo, il pane, la frutta e la verdura. Se non sono importanti loro, chi lo è?
Hai origini siciliane, cosa accomuna la tua terra a quella pugliese?
Arrivo da una città, Augusta, che mi ha visto combattere sin da quando ero giovanissimo contro un altro mostro simile all’Ilva: il triangolo petrolchimico di Priolo, Augusta e Melilli, che ogni anno sforna mille bambini malformati. Facevo manifestazioni ma non mi hanno mai ascoltato, mi hanno detto che ero estremista e ho desistito. Per questo quando mi hanno chiesto di dare una mano alla direzione artistica di Taranto non ho esitato un momento. Tutti sanno che lì non ci sono soldi, quando qualcuno viene lo fa con il cuore, e io sono legato a questo posto perché tutto quello che non sono riuscito a fare ad Augusta lo sto ottenendo qui, almeno dal punto di vista dell’attivismo e della soddisfazione che ne deriva.
Hai avuto la sensazione che l’evento musicale aiutasse la causa dei cittadini che combattono contro l’inquinamento che l’ex Ilva produce?
Non so se li ha aiutati, ma li ha comunque messi in guardia. Qualcuno si è fatto delle domande. Molti ci hanno scritto e ci chiedono cosa vogliamo ottenere. Noi spieghiamo che combattiamo per un territorio pulito e per le energie rinnovabili, perché Taranto per me è la città più bella del Mediterraneo. Le persone non riescono a vederla bene perché hanno paura del colore rosso che si vede quando si entra, prima di arrivare all’Ilva, un’immagine che ti angoscia. Ma dobbiamo farla tornare al suo vero splendore, e per fortuna ora questo è un sogno di tanti.