Spettacoli
Pif a TPI: “Spezziamo le catene della tecnologia”
Il nuovo film di Pif esplora un mondo di schiavi solitari della gig economy. L'intervista al regista sul nuovo numero di TPI, in edicola da venerdì 3 dicembre: “Altro che dittatura del Green Pass, per controllarci basta un algoritmo”
«Credo fosse una manifestazione a Roma contro il governo Berlusconi. Camilleri finì il suo intervento dicendo “Come disse il poeta: e noi come stronzi restammo a guardare”. L’ho trovata meravigliosa. Sono andato a chiedergli chi fosse il poeta, mi disse che non se lo ricordava. Temo che fosse lui». A dirlo è Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, spiegando l’origine del titolo del suo film “E noi come stronzi rimanemmo a guardare”, in onda su Sky Original a partire dal 29 novembre dopo il lancio in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Pif, intervistato da TPI sul nuovo numero del settimanale, in edicola da venerdì 3 dicembre, affronta i temi del capitalismo tecnologico e della gig economy.
Il protagonista del film è Arturo (interpretato da Fabio De Luigi), un manager over 40 licenziato dall’algoritmo che lui stesso ha creato per aiutare l’azienda ad ottimizzare le risorse. Si ritrova a consegnare cibo a 3 euro l’ora con un cubo sulla schiena per conto di un colosso della tecnologia diretto da un giovane in sneakers. «Questi fenomeni in teoria dovrebbero essere più domabili della mafia, che continua a fare il suo», dice Pif nell’intervista. «La tecnologia diventa un pericolo perché noi non vogliamo tenerla sotto controllo. Però sì, se non ci svegliamo le generazioni future, che nascono in piena gig economy, potrebbero rimproverarci di non aver fatto niente. Ma siamo ancora in tempo per fare qualcosa».
«C’è gente che pensa che il vaccino sia stato fatto per controllarci», prosegue Pif. «È molto più facile controllare le persone con un’app. Io preferisco dare i miei dati allo Stato piuttosto che a un’azienda privata. Il social è più invadente del Green Pass».
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