Bello il documentario di Sfera Ebbasta: peccato si parli di tutto tranne che della strage di Corinaldo
Sfera Ebbasta, “Famoso”. Si Parla di tutto tranne che di Corinaldo
Esce oggi “Famoso”, il documentario su Sfera Ebbasta. Ovviamente la “esse” di famoso è scritta col simbolo del dollaro, giusto per tranquillizzare il pubblico a casa: Covid o non covid, si fattura un casino. Quasi due ore di video in cui il regista, Pepsy Romanoff (Giuseppe Romano per l’istituto Luce) noto ai più per le sue collaborazioni con Vasco, ci guida attraverso una serie di immagini esclusive e interviste dell’artista made in Cinisello e del suo entourage. Special Guest: RVSSIAN, Steve Aoki, J.Balvin, Marracash e Charlie Charles.
Due ore di documentario? Caspita. Era lecito sperare in un prodotto che oltre all’aspetto promozionale, tipico di questo tipo di operazioni, riuscisse ad aprirci una piccola finestra sugli aspetti più personali dell’artista numero uno d’Italia? Forse.
Purtroppo però arrivati a fine pellicola lo spietato riassunto potrebbe essere: Sfera è ricco, famoso e bravo a fare musica. Ah, Steve Aoki ha una casa pazzesca. Forse sarebbe potuto bastare un cortometraggio.
Attenzione, gli spunti interessanti non mancano e siamo sicuri che i fan più accaniti non rimarranno delusi da un prodotto che è stato pensato quasi esclusivamente per loro. Su tutto, i video di repertorio in cui un giovanissimo Sfera, al McDonald a contare gli spiccioli per il panino, delinea i membri e la “road map” del gruppo creativo destinato a cambiare la discografia italiana per sempre.
Esiste una musica italiana prima e dopo Sfera Ebbasta. L’artista che più di tutti è riuscito, sia dal punto di vista estetico che delle tematiche, a parlare non “alle” nuove generazioni ma “per” le nuove generazioni. C’è una bella differenza. Ci sarebbe piaciuto intravedere in “Famoso” qualcosa dello Sfera Ebbasta persona, qualcosa che si discostasse anche solo parzialmente dalla narrativa del self-made man alla conquista dell’America che tanto puzza di comunicato stampa.
La sensazione che si sia persa un’occasione per raccontare l’artista da una prospettiva diversa, qualcosa che andasse al di là dell’idea che ci eravamo già fatti con un rapido scroll del suo profilo Instagram. Si parla di molte cose, probabilmente di troppe, ma a lasciare perplessi, in un video in cui si è trovato anche il tempo per la marchetta al ristorante aperto col calciatore Andrea Petagna, è la scelta di lasciare Corinaldo fuori dall’equazione, eccezion fatta per la dedica dopo i titoli di coda.
Una questione emersa anche nel corso della videoconferenza di presentazione (a cui Sfera era incredibilmente assente nella perplessità generale) e a cui non si è riusciti a trovare una risposta. Per carità, il tema è delicatissimo, ma in un documentario di due ore in cui si è riusciti a trovare il tempo per parlare della svolta salutista dell’alimentazione di Sfera, si fatica a comprendere come si sia scelto di dribblare quasi in toto l’evento più tristemente spartiacque della storia della musica live in Italia.
Corinaldo è quel momento in cui ci si è resi tristemente conto di come la musica urban sia diventata un fenomeno troppo grosso, specie per i suoi artisti più illustri come Sfera, per continuare a vivere di “doppiette” (veloci ospitate in discoteca nell’arco di pochissime ore), locali fatiscenti intasati nella speranza di rientrare dall’esborso per il cachet dell’artista e norme di sicurezza sconosciute.
Per la cronaca, nessuno si sogna di accusare Sfera di niente. Oggi, come allora, si continua a esprimere perplessità per la scelta del “Lanterna Azzurra” di Corinaldo come location per un’ospitata in discoteca dell’artista numero uno d’Italia. Sarebbe stato bello, per una volta, sentire una voce diversa da quel “non è stata colpa nostra” con cui l’artista, ma soprattutto il suo management, hanno risposto a chiunque si sia sognato di esprimere le proprie perplessità sull’accaduto.
Forse questo documentario poteva essere l’occasione giusta per spendere due parole su una vicenda che è stata tutt’altro che marginale nella definizione di quel fenomeno mediatico che è diventato oggi Sfera Ebbasta.
Sfera ha più volte detto di non voler commentare pubblicamente l’accaduto e di essersi occupato della vicenda in maniera “privata”. Comprensibile, ma fa sorridere che artisti che sui social ostentano ogni aspetto più irrilevante e frivolo delle proprie esistenze, si ricordino all’improvviso della sfera, per l’appunto, privata.
Verrebbe da pensare che, per una volta, si sarebbe potuto usare quella stessa esposizione mediatica per veicolare un messaggio diverso dal macchinone o dalle mazzette di pezzi da 20. Menzionare Corinaldo, avrebbe potuto dirci molto di più sull’artista di qualsiasi inquadratura suggestiva per le vie di Los Angeles. Ma forse sbaglio io. D’altronde il documentario si chiamava “Famoso”, mica “Maturo”.