I Backstreet Boys a Milano riportano i fan indietro agli anni ’90: racconto di uno show pazzesco
Backstreet Boys a Milano: i ragazzi di Orlando, 26 anni dopo. Ieri sera al Forum di Assago l’unica tappa italiana del DNA World Tour. TPI ci è andato per voi
Backstreet Boys Milano concerto | Un’esplosione d’oro sul maxischermo che sovrasta il palco, i volti dei membri della boy band made in Usa più celebre degli anni Novanta che vengono proiettati sulle note di ‘Everyone’.
Poi arriva il quintetto in carne e ossa: Nick Carter, Howie Dorough, Brian Littrell, AJ McLean e Kevin Richardson.
In tenuta total black, con giusto qualche dettaglio rosso vivo a rompere la monocromia, intonano ‘I wanna be with you’.
E ad esplodere, questa volta – in un boato di adrenalina – è il pubblico del Mediolanum Forum di Assago, sold out (da mesi) per l’occasione.
Il concerto milanese dei Backstreet Boys di mercoledì 15 maggio 2019, unica data italiana del Dna World Tour che li vedrà in giro per il mondo nei prossimi mesi, inizia così.
La band e il tempo che passa. Non hanno più l’età anagrafica degli esordi (in Florida, nel 1993) quando Nick, il più giovane, aveva spento solo 12 candeline e Kevin Richardson – il più ‘anziano’ del gruppo – non aveva ancora compiuto 22 anni.
Ma quando si muovono sul palco, sfoggiano tutta l’esperienza di chi è stato abituato ad ancheggiare a ritmo (e in sincronia) negli ultimi 26 anni.
Sul tempo che passa scherzano anche loro. «Non ci vediamo da un po’ perché la vita ci ha tenuti occupati: la famiglia, i figli… Ma ti amiamo, Milano», dichiarano ai fan in visibilio.
Prima di cantare ‘Passionate’, un brano tratto dall’ultimo album, si cambiano live dietro a un paravento che porta inciso il loro acronimo – Bsb – e uno dei cinque commenta: «Sono troppo vecchio per fare certe cose».
«Anch’io. E poi ieri sera ho mangiato troppa pasta: è così buona», gli risponde un altro.
Backstreet boys Milano concerto | Lo show. Protagonista indiscussa dell’evento dovrebbe essere la musica pop che ha caratterizzato l’ultimo decennio del ventesimo secolo.
Ma lo show proposto dalla band di Orlando colpisce soprattutto per altro. Le scenografie oscillano tra scenari quasi bucolici – boschi al tramonto, nuvole bianche, gocce di rugiada – elementi che rievocano Star Wars – costellazioni nello spazio, aste dei microfoni luminose simili a spade laser – e un tripudio di colori. Durante ‘Quit playing games with my heart’ e ‘As long as you love me’ il palazzetto si trasforma in una gigantesca cattedrale con le vetrate fluorescenti.
Gli outfit dei cantanti non sono da meno: il nero iniziale cede presto il posto a pantaloni color cachi, giubbotti di pelle, camicie in tartan. Poi è la volta di giubbini in jeans spruzzati di vernice multicolor e bomber con inserti ghepardati. Quando il look diventa total white, la serata decolla: loro cantano ‘Everybody (Backstreet’s back)’, il pubblico si scatena.
Le canzoni e il pubblico. Tra i brani più apprezzati – oltre a quelli già citati – spiccano i classici, cantati a squarciagola da tutti: ‘Incomplete’, ‘I want it that way’, ‘Larger than life’. Il pubblico è parte integrante dello spettacolo: prima sventola fogli che recitano “Bsb siete nel nostro Dna”, poi impugna rettangoli di tessuto verde, bianco e rosso e si trasforma in un tricolore in movimento. Anche canzoni tratte dal nuovo disco lasciano il segno: soprattutto ‘Breathe’, cantata a cappella mentre la piattaforma dove si trova il quintetto si libra nell’aria.
La maglietta dell’Inter. Ma le sorprese non sono finite. Per l’encore – gli ultimi due brani di saluto al pubblico – la band rientra in scena con una divisa speciale: pantaloni bianchi, giubbotti argentati e le magliette ufficiali dell’Inter. Accostamento azzardato ma promosso: coinvolge – ancora una volta – il pubblico.
Anche chi in un primo momento dà segni di dissenso, quando il gruppo attacca con ‘Don’t go breaking my heart’ abbandona qualsiasi accenno di protesta: preferisce ballare.
Una nota stonata. Al netto di una serata di festa, una nota stonata: la gestione del pubblico con disabilità. Può essere carina l’idea di riempire il parterre di poltroncine, come se si fosse in un teatro, e riservare agli spettatori in carrozzina posti in mezzo a tutti gli altri fan, senza prevedere una pedana dedicata (che alle volte rischia di somigliare a un ghetto).
Questa pensata perde di senso, però, se – come prevedibile – tutti i partecipanti ‘normodotati’ hanno acquistato un biglietto parterre per stare in piedi e, giustamente, scatenarsi. Non è questione di voler smorzare l’entusiasmo: ci si scatena allegramente anche su ruote, per carità. È solo che se tutti stanno in piedi, per chi è obbligato a rimanere seduto diventa difficile intravedere il palco.