Mick Jagger incorona i Maneskin: “Mi stupisce che la più grande rock band nel mondo sia italiana”
Mick Jagger incorona i Maneskin: “Mi stupisce che la più grande rock band nel mondo sia italiana”
“Non so se il rock come forma di musica abbia un futuro, se durerà ancora a lungo o se vivrà in una forma fossilizzata (…) Certo, oggi mi stupisce che la più grande rockband nel mondo sia italiana”. A elogiare i Maneskin è ancora una volta Mick Jagger. In un’intervista a 7 per parlare dell’ultimo album dei Rolling Stones, il cantante 80enne ha anche ricordato il concerto del 2021 a Las Vegas, quando sul palco salì anche il gruppo romano.
“È strano, no? L’Italia ha una tradizione musicale fantastica, ma non è certo conosciuta per le rock band”, ha detto Jagger al settimanale del Corriere della Sera. “Abbiamo fatto uno show con loro, hanno avuto una risposta meravigliosa dal pubblico e sono andati benissimo. Sono la band dei ventenni di oggi e tutti ci aspetteremmo che in quel posto ci sia un gruppo inglese o americano”.
L’Italia è anche il paese che negli ultimi anni Jagger ha frequentato spesso, come dimostrano le foto pubblicate su Instagram dei suoi viaggi in Sicilia. “Tutti amano l’Italia… In Sicilia ci ho passato molto tempo durante il lockdown e mi è piaciuta molto. Per questo torno spesso in visita”, ha detto.
Il nuovo album
L’album “Hackney Diamonds” è in uscita oggi, a 18 anni dal precedente “A Bigger Bang”, con ospiti del calibro di Lady Gaga, Stevie Wonder e Paul McCartney. “In fondo Paul aveva cantato con noi un paio di volte già negli Anni 60. E io ho suonato molto con John Lennon, ci divertivamo a cazzeggiare insieme con la chitarra. Paul era in studio a Los Angeles e aveva dei giorni di lavoro con il nostro stesso produttore, Andy Watt. Lo abbiamo coinvolto, gli abbiamo fatto sentire dei pezzi e lui ha suonato questo, molto tirato: è un gran bassista”, ha detto Jagger, che ha parlato anche dell’assenza di Charlie Watts, storico batterista della band scomparso nel 2021. “Charlie non sia più lì, dietro la batteria, sempre con il suo enigmatico sorriso, composto ed elegante come un lord. È stato molto difficile e credo lo sia stato anche per il pubblico che ci ha visti sempre con lui. Steve Jordan, poi, deve aver sentito una gran pressione: alla gente importa poco che tu sia un grande batterista, sono abituati a Charlie. Io stesso a volte mi avvicinavo a lui e gli chiedevo di non dimenticarsi di un particolare beat che faceva Charlie perché ne avevo bisogno, ma poi ho compreso che anche lui ha bisogno di mettere la sua impronta nella nostra musica”.