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Mauro Repetto: “Cecchetto e Pezzali? Spero da vecchi si possa bere una birra tutti e tre. Con gli 883 finì perché eravamo su frequenze diverse”

Immagine di copertina

Mauro Repetto spiega perché ha lasciato gli 883 e Max Pezzali

Dalla lite tra Claudio Cecchetto e Max Pezzali all’amicizia con quest’ultimo sino al perché ha lasciato gli 883: Mauro Repetto ripercorre gli “anni d’oro” del duo, la cui storia è raccontata nella serie in onda su Sky, Hanno ucciso l’uomo ragno.

Intervistato dal Corriere della Sera, Mauro Repetto descrive così Claudio Cecchetto, talent scout e produttore degli 883: “Per me è il Walt Disney italiano, è uno che ha saputo concretizzare le sue intuizioni, come lui ha creato tanti personaggi. Mi ha sempre colpito il suo carisma: quando entrava in una stanza si accendeva un silenzio totale; per la personalità che emana sembra quasi un’entità spirituale”.

Su Max Pezzali, invece, l’artista dichiara: “È stato il mio migliore amico in assoluto, non potrò mai avere un migliore amico come lui, è la persona a cui umanamente sono stato più legato. Quando sei suo amico diventi una sola persona, ha inventiva e generosità, ha la capacità fusionale di farti divertire”.

Sulla lite tra Cecchetto e Pezzali, invece, Mauro Repetto afferma: “Spero che un giorno facciano pace. Prima di diventare tre vecchi in carrozzina mi piacerebbe bere ancora una volta una Tennent’s rossa tutti insieme”.

Repetto, quindi, ricorda quando lui e Pezzali si sono conosciuti tra i banchi di scuola: “Max mi ha sempre fatto l’effetto del surrealismo di André Breton, con una frase mi dava la possibilità di lasciare la sedia del banco a cui ero inchiodato per partire in un film in un universo parallelo. Ricordo una delle sue prime frasi durante un’assemblea a scuola: ti immagini se apparissero dei camosci e degli stambecchi dietro alla professoressa? Era così: un flash, un click surrealista geniale. Fingendo di ascoltare quello che succedeva intorno a noi partivamo per un viaggio in una galassia totalmente diversa”.

Poi il successo: “Ricordo la bellissima scuderia di Cecchetto — Jovanotti, Amadeus, Fiorello —, una scuderia top, ma noi rimanevamo comunque ragazzi, anche dopo Nord sud ovest est vivevamo ancora con i nostri genitori”.

A proposito di Fiorello, Mauro Repetto ricorda: “Quando nel 1993 abbiamo vinto il Festivalbar il nostro manager doveva accompagnare Fiorello a vedere la prima partita di campionato, Inter-Reggiana, lui era già una star e così noi due siamo rimasti da soli. Rivedo la nostra immagine in macchina, sulla Golf rossa di Max, con i fan fuori dall’hotel e io con in mano il trofeo enorme del Festivalbar, la coppa non ci stava nell’auto, era grande come un paio di sci”.

Il ricordo più amaro, invece, è legato a “quando tra me e Max sono cambiate le frequenze. Tra noi non si è rotto niente, la nostra amicizia rimane ancora forte, ma a un certo punto è arrivata questa chitarra con una nota distorta. La spiegazione che mi sono dato è che il duo, la coppia, è il vettore che va più veloce da un punto A a un punto B, però consuma tanto carburante così velocemente che senza accorgetene rimani in panne. Rimani per strada, scendi dalla macchina e a quel punto ognuno prende una direzione diversa. Come se due radio improvvisamente si sintonizzassero su frequenze diverse: non captavamo più le stesse note, è successo qualcosa di ‘davidlynchano’, alla Mulholland Drive“.

Mauro Repetto, quindi, molla tutto e parte alla volta degli Stati Uniti alla ricerca del sogno americano: “Sì, ma tutti e due parlavamo di american dream, anzi lui per primo era stato a New York e mi aveva raccontato la scena rap newyorkese. Per me era quindi normale andare a vedere quella giostra, cercare quella chimera che mi richiamava così forte. Non andavo via da niente, semplicemente proseguivo la mia sete di sogni, l’unica cosa che ho sottovalutato è stata la lingua. Mi proponevo come sceneggiatore ma non sapevo quasi parlare l’inglese”.

L’artista, però, non si dice pentito di quella scelta e della decisione di lasciare il marchio degli 883 a Max Pezzali rinunciando anche a molti soldi: “Ma no. I miei mi hanno sempre educato a fare attenzione prima alla lira e poi all’euro, non sono uno da champagne per tutti, ho un’educazione da genovese, sono nato pure lì. Con Max non ho mai discusso una volta in mia vita di soldi, parlavamo solo di sogni e desideri. Tra di noi il denaro non è mai stato argomento di confronto: sono partito per un’altra giostra, chissenefrega di quello che ho lasciato”.

Repetto rivela anche che Cecchetto lo ha chiamato più volte per fargli cambiare idea: “Claudio mi ha chiamato tante volte e mi ha fatto tornare in Italia in un paio di occasioni per farmi cambiare idea: partivo da Los Angeles senza valigie, stavo un giorno e tornavo indietro”.

Max Pezzali invece “sapeva che la mia era una scelta definitiva, irrevocabile, era un fiume in piena dell’anima che non si poteva fermare. L’american dream l’avevamo coltivato per tutto il liceo e la nostra vita insieme: sapeva che non avrei cambiato idea”.

Sul successo della serie, invece, afferma: “Credo che sia per l’estrema banalità e universalità di questi due protagonisti pavesini: due compagni di banco che amavano passare il tempo assieme e sognavano New York e Los Angeles. Una storia fiabesca e universale, che vale in ogni luogo e in ogni tempo, in cui si riconoscono milioni di persone”.

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