Iaia Forte a TPI: “Il cinema è un mezzo per leggere meglio una realtà che è già sotto i nostri occhi. La creatività è sempre salvifica”
L'attrice si racconta da Tokio: "La legge sulla maternità è un’altra delle aberrazioni di questo governo. Mi piacerebbe che la cultura influisse maggiormente sulla società civile"
E’ un momento d’oro per l’attrice Iaia Forte impegnata a Tokio con uno spettacolo sulle poesie di Patrizia Cavalli, grande poetessa e grande amica, dopo la full immersion alla Festa del Cinema di Roma, dove ha presentatoMarko Polo, il nuovo film di Elisa Fuksas in cui si racconta una conversione al cattolicesimo, e il cortometraggio Il presente, diretto da Francesca Romana Zanni, con Alberto BoubakarMalanchino, Barbara Chichiarelli e Massimiliano Caiazzo, nella sezione separata di Alice nella città.
«È un periodo sì carico, ma piacevolissimo perchépieno di progetti che mi corrispondono – racconta Iaia Forte da Tokio -. Ci sono delle volte che per lavorare accetti cose verso cui non hai una corrispondenza totale. In questo caso, invece, parliamo di opere verso cui la simmetria è piena e questo mi aiuta anche energeticamente a livello personale».
Ilcortometraggio Il Presente incentrato su un tema scottante come quello della maternità surrogata è stato proiettato ad Alice nella Cittàproprio il giorno in cui è passata la legge sulla gestazione per altri già illegale in Italia dal 2004, reato universale, rendendo i figli nati da chi è ricorso a maternità surrogata all’estero, illegali.
«È stato incredibile. Come ha dichiarato durante il Festival, Francesca Romana Zanni, il cinema racconta il presente, molto spesso addirittura lo anticipa, a volte è un mezzo per leggere meglio una realtà che è già sotto i nostri occhi. Con questo cortometraggio lei ha descritto egregiamente il presente che stiamo vivendo, senza giudizio e senza falsi moralismi, raccontando l’amore e soprattutto gli esseri umani. Per quanto mi riguarda, la legge sulla maternità è un’altra delle aberrazioni di questo governo. Io sono per la libertà di ogni essere umano, e la maternità surrogata cosi come il suicidio assistito dovrebbero essere solo scelte individuali».
Cosa l’ha convinta a partecipare a questo progetto che è un cortometraggio, quindi ha una diffusione limitata ai festival.
«Mi ha convinto prima di tutto l’idea, il tema, e poi sono una grande fautrice dei cortometraggi. Il mio primo film, Libera di Pappi Corsicato, nacque da un cortometraggio che andò benissimo e diventò un film composto da 3 corti. Sono convinta che in un momento storico il cui il cinema sembra vivere solo per un consumo immediato, un corto può rappresentare un’espressione libera dagli obblighi di mercato. Il mio ruolo nel Il Presente mi ha divertito tanto, questa attrice dai fasti passati con una sua scelleratezza…. ho sempre amato le figure femminili non convenzionali. Quando ho l’opportunità di incarnare figure eccentriche, sono sempre più felice».
Il cinema, la cultura possono ancora fare la differenza?
«Mi piacerebbe che la cultura influisse maggiormente sulla società civile, ma ormai le vere espressioni culturali sono poche e troppo individuali. In genere sono i movimenti che hanno maggiore capacità di influenza, ma di veri movimenti di pensiero non ne vedo».
C’è grande fermento nei movimenti femminili culturali.
«Per quanto riguarda le donne, preferisco sempre parlare di individui. Sono gli individui ad interessarmi aldilà del loro sesso. Certo mi rendo conto che per le donne è più difficile e che è stato importante denunciare le difficoltà maggiori che vive l’universo femminile, però non bisogna limitarsi a questo».
Ultimamente ha partecipato ad un progetto per la Rai Donne di Campania, (Rai Play) che ha invece una grande valenza culturale e di divulgazione portando sullo schermo vite di donne straordinarie e coraggiose, legate profondamente al loro territorio. Tra queste donne c’è, al centro della puntata che la vede protagonista, la storia di Elvira Notari,la prima regista italiana, del tutto dimenticata dalla storia,che invece ha segnato profondamente il panorama culturale del suo tempo.
«Un’esperienza meravigliosa anche per l’opportunità di far conoscere la storia di un’artista eccezionale. Purtroppo per le donne è sempre stato difficile esprimere la propria visione artistica in un mondo che, da sempre, ci ha messe ai margini. C’è sempre stato un problema culturale e psicologico, però anche noi donne, in qualche modo, abbiamo contribuito a limitarci, faticando a credere nelle nostre capacità di esprimerci come esseri autonomi. È importante per il nostro percorso superare i nostri limiti, non solo quelli imposti dall’esterno, ma anche quelli interiori, per liberare la vera creatività. E in questo trovo straordinaria l’esperienza di Francesca Romana Zanni che ha esordito alla regia a più di 50 anni, dopo una lunga carriera come autrice. Grande!».
Quando ha superato i suoi limiti?
«Credo di appartenere a quella genia di donne tipicamente meridionali. Non dico che le donne napoletane hanno una marcia in più, semplicemente il meridione ha una matrice matriarcale che rende le donne antropologicamente più capaci di assumere la responsabilità di se stesse. La storia ci ha formato. Sono stata sempre virile come natura e personalmente non ho mai sentito limiti, se non relativamente. Sarà per tale motivo che ho sempre amato incarnare personaggi femminili bizzarri, non sentimentali, perfidi… Da attrice, preferisco un’assassina a una mogliettina. Se vogliamo usare una metafora televisiva mi collocherei in fascia notturna anziché in prima serata».
La recitazione cosa rappresenta per lei?
«In teatro più che al cinema ci si confronta sempre con personaggi che sono più grandi di noi nella loro manifestazione esistenziale. Avendo interpretato tanti classici ho potuto amplificare la mia immaginazione grazie anche alle parole di questi grandi autori che hanno toccato corde che forse non avrei mai sfiorato. L’esperienza dell’altro da te, se vissuta umanamente e non solo professionalmente amplifica tua esistenza, e riesci ad affrontare tutto con una capacità diversa. Aiuta anche a canalizzare il dolore: la creatività è sempre salvifica».