La direttrice d’orchestra Gianna Fratta contro la collega Beatrice Venezi: “A Sanremo ci ha fatto tornare indietro di 50 anni”
Ha fatto parecchio discutere in questi giorni la presa di posizione di Beatrice Venezi, direttore d’orchestra molto apprezzata, che ha co-condotto al fianco di Amadeus la quarta serata del Festival di Sanremo 2021. Sul palco dell’Ariston ha ribadito di voler essere chiamata “direttore” e non “direttrice”, suscitando diverse polemiche. A mente fredda, Beatrice Venezi non ha cambiato idea e ha spiegato le sue ragioni: “Lo rifarei. Penso che le lotte importanti, quelle che concretamente cambiano qualcosa siano altre. L’ambiente da cui vengo è conservatore. Ci sono le figure del Maestro e del Direttore d’orchestra. La declinazione al femminile non solo non aggiunge niente – non sento la necessità del femminile per sentirmi riconosciuta – ma ci sono dei connotati peculiari: maestra rimanda alla maestra di scuola, un altro lavoro. Se l’obiettivo è avere pari opportunità che senso ha sottolineare una differenza di genere, dividere sempre più così da arrivare a una ulteriore disparità. Io voglio essere una tra i vari direttori d’orchestra”.
Una posizione non condivisa da una sua illustre collega, Gianna Fratta: “A Sanremo c’è stato un salto indietro di 50 anni per tutte le donne e gli uomini di questo paese e uno schiaffo in faccia alle tante che si sono battute e ancora si battono per la parità. Il cambiamento parte da noi: dalle direttrici e maestre d’orchestra che sanno di esserlo!”, ha spiegato al sito Foggiacittàaperta.
“Ecco come distruggere in un secondo, davanti a milioni di italiani, il cammino lungo e spesso tortuoso di migliaia di donne. Ecco come inanellare in una sola frase parole, perché di concetti non mi pare opportuno parlare, in grado di ignorare contemporaneamente grammatica, lingua, processi, percorsi di decenni”, ha aggiunto Fratta, parlando di un messaggio “pericoloso e diseducativo nella forma e nei contenuti, davanti a milioni di giovani”. Sempre in riferimento alle dichiarazioni di Beatrice Venezi sul palco dell’Ariston, Fratta ha chiosato: “Grazie alle mie lotte di direttrice d’orchestra e alle lotte di tutte quelle prima di me, la signora di ieri può stare su un podio; cosa impensabile fino a qualche decennio fa”.
“Riflettevo – prosegue – sul fatto che nessuna sarta si sognerebbe di dire ‘Scusi, mi chiami SARTO, lo preferisco’, mentre ancora esistono avvocate, direttrici d’orchestra, ministre che rivendicano il cosiddetto “maschile professionale”, retaggio di una sottocultura che degrada il femminile. Non è che siamo più autorevoli, credibili, competenti se ci facciamo chiamare col maschile, siamo solo meno consapevoli, dunque più insicure. Strano, poi, che più il lavoro è figo, altolocato, più numerose sono le donne dei no, scusi, preferisco ministro, prego mi chiami ingegnere, per cortesia, direttore, per carità, avvocato. Il femminile di direttore c’è e può e deve usarsi”.
La direttrice non rinuncia ad una stoccata nei confronti di Amadeus: “Mi sarei aspettata da Amadeus un bel: ‘Guardi, io la chiamo per come devo, per come si deve, per come la nostra lingua richiede, per come è corretto per lei e per tutte le donne'”. Infine l’ultimo monito: “Non sentiamoci più fighe a farci chiamare avvocato o direttore, che rischiamo solo di passare per persone che hanno bisogno di sentirsi “maschi” per essere considerate brave, nel migliore dei casi, per ignoranti, nel peggiore. E con noi chi ci asseconda. Il cambiamento parte da noi! Dalle donne e dagli uomini capaci di cambiare il mondo. Dalle direttrici e maestre d’orchestra che sanno di esserlo! Da chi non vuole lasciare il pianeta che ha trovato, ma cambiarlo in un mondo migliore e più giusto per tutti. Un mondo in cui la parità viene anelata ad ogni livello, in ogni modo, con ogni mezzo e il combattimento alle disuguaglianze, intolleranze, discriminazioni altrettanto”.
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