Serie e film: cosa vedere questo weekend in tv. I consigli del regista Matteo Vicino su TPI
Cosa vedere questo weekend in tv: la rubrica di TPI
Questa recensione NON contiene alcun spoiler e può essere letta liberamente. Vi parlerò di The Serpent da due punti di vista. Il primo è emozionale, critico, il secondo è da regista e produttore. Diciamolo subito, The Serpent è per stomaci forti. Nel vero senso della parola. Uno specchio drammaturgico che porta lo spettatore a vivere le sofferenze delle vittime.
La vicenda, incredibile, vera di Charles Sobhraj, un serial killer spietato nella Thailandia degli anni Settanta, inseguito da un funzionario di ambasciata, Herman Knippenberg. Una storia in cui correrete a informarvi alla fine della visione. E magari guarderete questa intervista dove il vero Knippeberg sostiene, qualche settimana fa, di avere visto un suo alter ego talmente credibile da immedesimarsi nel se stesso visto in televisione. Di ciò che ho visto negli ultimi tempi è la più appassionante a livello narrativo. Alla fine di ogni puntata vuoi subito vedere la successiva.
Al termine della terza puntata ho sognato una delle protagoniste per tutta la notte, ero angosciato per le sue sorti. Non entrò nei dettagli della trama che definisco davvero asincrona e mai come in questo caso davvero frammentata. Il serial soffre di qualche peccato come i continui e estenuanti flash back che a volte sono un modo molto scorretto, si veda qualsiasi manuale di sceneggiatura. Esempio, scena uno di un film: un aereo sta precipitando, il pilota tenta un atterraggio d’emergenza. Stacco. Superimpose sullo schermo: SEI MESI PRIMA. Ecco, questo è scorretto. E The Serpent ne fa un tripudio.
Ogni scena è un rimando a sei mesi prima, o due mesi dopo, o tre ore prima. Si poteva fare meglio? Si, da un lato, perché a volte la sofferenza nell’attesa è atroce. Ma è anche lo stile del serial. Di fatto The Serpent a mio giudizio è migliore della ‘Regina di scacchi’ ed è davvero emozionante. Raramente ho sofferto così tanto nelle opere recenti per i personaggi. Certo, non è Carlito’s way, ma funziona alla grande. Ora veniamo alla parte tecnica. Complimenti di cuore al producer, colui e coloro che hanno messo insieme fisicamente l’opera. Deve essere stato un incubo.
Anche se intelligentemente il fulcro è un piccolo resort con piscina, ci sono davvero tante, tantissime location, un bellissimo lavoro di ricostruzione, qualche magagna nel trucco, nelle alte luci della fotografia che enfatizzano problemi di Make up, ma in generale davvero bravi, bravi tutti. Ottima regia, pulita, al servizio dell’opera, eccellente montaggio delle inquadrature, mai uno sbaglio.
Recitazione altalenante ma funzionale. Bello il tentativo di Jenna Coleman, “Monique”, di parlare francese, considerato il fatto che la produzione stava per scegliere una francofona. Bravo Tahar Rahim come protagonista, di bellezza aliena Mathilde Warnier nel ruolo di Nadine, e bravo, davvero bravo Amesh Edireweera nel ruolo del cattivissimo Ajay.
Ottimi i ruoli di contorno, tutti credibili nonostante alcune situazioni posticce di acconciature, ma gli anni settanta tendono a fare uno strano effetto, quando ricostruiti. Persino American Hustle, un capolavoro, risente in certi momenti di questo effetto. Ma non è colpa di nessuno se le acconciature maschili in quegli anni erano davvero strambe. In generale davvero un bel regalo da parte di Netflix. Una storia pazzesca, che vi consiglio di non guardare prima di dormire.
L’ennesima clamorosa figuraccia dell’industria dell’audiovisivo Italiana, in questo caso i produttori sono prevalentemente inglesi e fanno vergognare i nostri prodotti. Come sempre vale la mia promessa con Netfilx Italia in caso sia chiamato di scrivere e dirigere per loro, farò a miglior opera mai fatta dal network divisione Italia. Perché ne sono sicuro? Perché la qualità degli sceneggiatori e dei creativi nel cinema italiano mainstream è così bassa, che anche scrivendo e dirigendo sotto gli effetti delle droghe di “The Serpent”, chiunque farebbe meglio.