Chloe Facchini, la chef transgender a TPI: “Giocavo con i trucchi di mia madre, ma mio padre fece sparire tutto”
Riccardo Facchini, storico chef de La Prova del cuoco, ha fatto coming out in un lungo post Instagram. Ora si chiama Chloe e ha deciso di raccontarsi a TPI: "A tre anni giocavo con le scarpe, i vestiti e i trucchi di mia madre. Ma mio padre, uomo di destra, come intuì quello che stava succedendo, fece sparire tutto. Io continuavo a sentirmi inadeguata nei panni di un ragazzino ma ho sempre cercato di sopravvivere in un contesto familiare che comunque era difficile e ostile".
“Alle 12 mi sono riletta il post e prima di spingere invio mi sono detta: ora è fatta. Mi massacreranno. Sai, alla fine il pubblico che mi segue da quando facevo La prova del cuoco è molto vasto, viene da contesti, regioni e fasce d’età diverse e quindi temevo un po’ le reazioni. E invece, adesso che è passata qualche ora, sono piena di speranza: non ho avuto un commento negativo che fosse uno. Al massimo mi fanno domande un po’ surreali tipo: ma fai ancora la chef? E io spiego che certo: il cambio di identità di genere non comporta un’inabilità a cucinare manicaretti”.
Ride in maniera contagiosa, Chloe Facchini, chef bolognese che, come Riccardo ha affiancato per anni Antonella Clerici nel suo storico programma di Rai 1 e che, oggi, sui social ha deciso di raccontare la sua transizione avvenuta in questi anni. “Un percorso che è cominciato fin da che io ho memoria”, mi racconta “A tre anni giocavo con le scarpe, i vestiti e i trucchi di mia madre. Ma mio padre, uomo di destra, come intuì quello che stava succedendo, fece sparire tutto. Io continuavo a sentirmi inadeguata nei panni di un ragazzino ma ho sempre cercato di sopravvivere in un contesto familiare che comunque era difficile e ostile. Meno male che chi mi ha sostenuta e cresciuta è stata mia nonna, che non mi ha mai limitata nelle scelte. La via più facile era definirmi gay, non sapevo cosa significasse essere trans: sentivo attrazione per gli amici del mio fratello maggiore e, come ben sai, a cavallo degli anni ’90, non si sapeva dove trovare informazioni sull’identità di genere e sessuale, per di più per uno come me cresciuto nella parrocchia. Anche in seguito non ho mai trovato la forza di affrontarmi. Poi, nel 2017 ho terminato una relazione molto lunga. Sentivo sempre più forte che l’immagine sullo specchio non mi rappresentava. Ho cominciato un percorso psicologico e nel 2019 ho iniziato i trattamenti ormonali: lì è iniziata la vera svolta perché ho potuto cominciare a mettere in linea quella che era la mia identità di genere con il mio aspetto fisico”.
“I miei genitori sono morti molti anni fa e con i miei fratelli non abbiamo grandi rapporti. La mia famiglia sono gli affetti che mi sono scelto. La prima persona a cui l’ho voluto dire è stato il mio compagno: era necessario che sapesse tutto di me. In fin dei conti lui aveva cominciato con me una relazione omosessuale che si stava trasformando in qualcosa di diverso. Io avevo messo in conto che lui mi potesse dire “guarda io sono gay, non sono attratto da una persona trans”. Come sai, una persona trans non è una persona gay, è una persona che sta facendo una transizione e ha una sua identità sessuale e può essere attratta o dagli uomini o dalle donne. Invece, ho trovato subito un appoggio fortissimo da lui, dalla sua famiglia, dai miei colleghi, datori di lavoro: tutti sanno che continuerò ad essere il rompiscatole di prima, anzi forse di più visto che ora sono più centrata e attenta.”
“In alcuni casi già accade: qui in Emilia-Romagna abbiamo l’esempio di Greta, una ragazza che in ambito scolastico ha fatto transizioni senza problema ed è stata a raccontare il suo percorso in molte trasmissioni televisive. Il punto è che i ragazzi sono molto più avanti di quello che crediamo ma ci deve essere un impegno a formare e sensibilizzare l’apparato docente: c’è bisogno che i ragazzi non trovino davanti un muro di gomma ma qualcuno che capisca che non c’è nessuna anormalità in quello che stanno passando e sappia guidarli”.
“Non sono assolutamente d’accordo: è un periodo in cui siamo in lotta per il Ddl Zan e per avere riconosciuti tutta una serie di diritti civili che non è proprio il momento di nascondersi. Non è un fatto privato quello che sono. Bisogna parlare sempre di più di cosa significa essere transgender, non binary, anche per cancellare quell’immaginario che vede il transessuale sempre e solo in ambiti di malaffare o prostituzione. E dobbiamo farlo anche e soprattutto per tutti quei bambini incompresi e inascoltati che si sentono sbagliati.”
“Mi verrebbe da rispondere: “Ma quando mai lo è stato?”. Ti faccio un esempio: sul lavoro io ho comunque un ruolo apicale e l’altro giorno ho notato che, nonostante avessi dato un ordine a un ragazzo, questo non mi ascoltava. Non aveva considerato che sarò sì una donna trans ma il mio caratterino rimane sempre quello, rimango la solita battagliera. Quindi l’ho messo in riga subito. Io mi accorgo ogni giorno di più che le donne sono il motore dell’Italia e nonostante questo le discriminazioni misogine sono all’ordine del giorno. Anche per questo motivo è importante l’approvazione del Ddl Zan.”
“Assolutamente sì: tutti mandandomi grandi messaggi di stima. Antonella mi ha chiamato dicendomi “Ma insomma, ti pare che debba imparare le cose dai social dopo che ci conosciamo da anni? E mi ha invitato a “È sempre mezzogiorno” e se ci pensi è una scelta innovativa e rivoluzionaria. Una chef transgender a mezzogiorno su Rai 1 serve a dare visibilità al mondo trans (io sono anche, da molto tempo attivista del “Gruppo Trans” di Bologna) e ad abbattere stereotipi. Tra l’altro penso di essere la prima chef a fare coming out, ma magari ce ne fossero altre e uscissero allo scoperto. Non vedrei l’ora di combattere con loro a suon di padelle!”.