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Home » Spettacoli

“Tu vuò fa’ l’americano?” Intervista al regista che porta nelle sale il grande Renato Carosone

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Parla Lucio Pellegrini, il regista che ha omaggiato il grande Renato Carosone con il nuovo film Rai a lui dedicato. Paola Savina ci porta dietro le quinte

Andrà in onda il 18 marzo su Rai 1, il film TV “Carosello Carosone”, che racconta la storia di Renato Carosone, il più celebre rappresentate della musica italiana nel mondo, amato fin oltre oceano per “‘O Sarracino”, “Tu vuò fa’ l’americano”, “Maruzzella” e altri pezzi eterni del suo repertorio.

Il conduttore di questa biografia televisiva, che ricostruisce fedelmente il percorso di vita che ha condotto Carosone al successo, è Lucio Pellegrini. Regista che ha esordito nel mondo del cinema nel 1998 con “E allora Mambo!” (con Luciana Littizzetto, Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu) e che ha diretto altri sei film, tra i più recenti e di successo “Figli delle stelle” (2010), “La vita facile” (2011, con Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Vittoria Puccini), ma che si è dedicato molto negli ultimi tempi soprattutto a fiction TV.

E dopo nove anni dall’ultimo film (“E’ nata una star”, 2012) e otto serie televisive (tra cui ricordiamo “Romanzo siciliano”, 2015 e “Il Miracolo”, 2018, ideata da Niccolò Ammaniti), la mano di Lucio Pellegrini torna a dirigere un lungometraggio, ritratto di vita di un artista immortale. E a TPI regala alcune anticipazioni e curiosità sul film che glorifica un talento tutto italiano0.

Lucio, dopo tanti anni di serie tv sei tornato – sempre per la TV – a girare un film. Di quale tipo di regia preferisci occuparti, quale senti più nelle tue corde tra serie e film?

Credo che ci sia una confluenza totale tra le due, non c’è grande divergenza in termini assoluti tra serie e film. La differenza lo fa il tipo di progetto e soprattutto l’impegno produttivo sul progetto. Per esempio, il lavoro più complesso di cui mi sono occupato recentemente è stato “Il Miracolo” di Ammaniti, serie che abbiamo girato per 8/9 mesi. Sono 8 puntate ma è come se fossero stati 8 film! Quindi dipende dalla storia e dalla trama, alcune si esprimono meglio in serie e altre in film. Trovo che le serie siano l’ideale per storie che necessitano di maggiori approfondimenti, tempi più dilatati, per descrivere mondi più complessi.

Com’è nata l’idea di Carosello Carosone? O meglio, sappiamo che quest’anno si omaggia il centenario della nascita di Carosone, ma questo è un po’ l’anno dei centenari e grandi anniversari storici, in memoria sia di personaggi che di eventi importanti. Cito alcune ricorrenze del 2021: 200 anni dalla morte di Napoleone, il 700esimo anniversario dalla morte di Dante, cent’anni dalla nascita di Missoni e a breve (il 12 marzo) di Gianni Agnelli e altri ancora… come mai la scelta di celebrare proprio Renato Carosone?

La concomitanza con questa ricorrenza in realtà è stata un po’ casuale, c’era già da tempo l’idea di fare qualcosa su di lui, da parte dei produttori (casa di produzione Groenlandia, Matteo Rovere e Sydney Sibilla), che poi sono anche amici. Io personalmente sognavo di lavoraci da tempo, sono un appassionato del genere musicale…e chi meglio di Carosone per un film, personaggio che ha aperto la strada nel mondo alla musica italiana contemporanea? Appena c’è stata l’opportunità di metterlo in scena l’ho colta al volo. Già una volta, tempo fa, ci sono andato vicino a raccontare un musicista, non meridionale, ma poi è saltato tutto…

Ci puoi dire quale musicista?

Dovevamo girare un film su Luigi Tenco una decina di anni fa, l’avevamo già messo in piedi ma poi, per strani ‘incastri di cinema’, non è andato a buon fine…ma succede, è il rischio del mestiere. Da lì mi è rimasta la voglia di affrontare un tema musicale e oggi finalmente ce l’ho fatta.

“Carosone è stato un anticipatore di generi e stili, il primo contaminatore, nella sua musica ha sempre accolto suoni e parole dal mondo per creare qualcosa di nuovo”. Cito le parole di Avitabile in un’intervista a Rai Radio2, dopo la sua esibizione a Sanremo con Amadeus e Fiorello cantando Caravan Petrol e poi un medley…è questa l’immagine dell’artista che volevi far emergere nel film?

Sì, il film parla di una vita fatta di tante avventure. Dall’esperienza africana, Carosone torna con suoni nuovi e utilizza proprio quei suoni afro per farne una sintesi con la melodia tradizionale napoletana, creando una musica ante litteram, che non esisteva. E in pochissimi anni ha portato così la canzone italiana sullo scenario internazionale, per la prima volta, diventando un modello per altri colleghi fuoriclasse…Pino Daniele lo considerava il suo maestro ed era il mito di Paolo Conte. Inoltre, per me è stata una bellissima sfida provare a mettere in scena un passato che io stesso non ho vissuto, mi sono divertito a immaginare e a creare questo film in costume, interpretato in stile contemporaneo.

Nel film, oltre alla storia del successo del genio musicale e al suo volto professionale, colpisce molto il suo aspetto umano. In particolare questa sua precisione, rigore e puntualità, tratti non proprio tipici del DNA partenopeo (come lui stesso ammette in una scena) e la sua fermezza verso valori importanti, come la famiglia, l’amicizia, la lealtà. Questo ricorda molto la tua abilità nel mettere a nudo l’umanità dei personaggi e di esaltare con grande realismo le caratteristiche degli italiani all’estero, mi riferisco ai tuoi film La vita facile e Figli delle Stelle. Si può definire così il tuo stile?

Sì è proprio così, la mia missione è riuscire a trasmettere sugli schermi uno sguardo dall’alto sulla vita e la dolcezza con cui vengono messi in scena i personaggi dei miei film. Questo è il fil rouge che lega tutti i miei lavori. Carosone, per carattere, si presta bene a questa mia intenzione, non è difficile comunicarne la straordinaria umanità e la tenerezza. Oggi difficilmente qualcuno lascerebbe tutto a 39 anni, all’apice del suo successo. Invece lui l’ha fatto, perché non voleva perdersi anni preziosi da vivere nel privato con i suoi affetti. Mi sembrava interessante questo aspetto, oltre che la rappresentazione del “napoletano fuori dagli schemi”. Volevo poi che emergesse bene la sua impostazione musicale classica, l’approccio da grande lavoratore, meticoloso non solo con sé stesso ma anche coi suoi collaboratori, con tante idee in testa che ha trovato il modo di realizzare.

Il ruolo complesso di Renato Carosone è stato affidato a Eduardo Scarpetta, giovanissimo attore che ha recitato in L’amica geniale e Capri Revolution. Come l’hai scelto e com’è stato il suo percorso di trasformazione da Eduardo in Carosello Carosone?

Cercavo prima di tutto un attore napoletano giovane, ma non un ragazzo contemporaneo, volevo un tipo un po’ “all’antica”, che avesse quella naturalezza che non è così comune. Mi è subito piaciuto al provino, aveva tante caratteristiche giuste e ho scelto lui. Sulla parte musicale ha dovuto lavorare tantissimo, Eduardo sapeva un po’ suonare il piano ma ci è voluta grande dedizione per migliorarsi con lo strumento e tante lezioni di canto per arrivare al personaggio. Eduardo, grazie al supporto del grande Stefano Bollani e al suo grande talento recitativo, ha fatto un’ottima performance, sono molto fiero del risultato.

Ci sono ad oggi, secondo te, degni successori di Carosone, anticipatori di generi e stili com’è stato lui? O qual è l’artista che più si avvicina?

Domanda difficile, perché oggi c’è una massificazione dello stile musicale. Gli ultimi artisti che, come Carosone, partendo dall’Italia hanno generato un movimento mondiale e una contaminazione musicale, sono stati Paolo Conte e Pino Daniele. Anche loro usavano l’ironia e questo modo di descrivere i personaggi nelle canzoni, con leggerezza e classe… e anche loro hanno sempre giocato sulla parte di esecuzione, che per Carosone è mezzo di grande spettacolo. Oggi è più complicato ritrovare questi talenti, ma le cose accadono sempre quando meno uno se lo aspetta…

Un’ultima domanda. Ci racconti una curiosità, un aneddoto divertente sul set?

Aver scelto due attori pensando che fossero non solo perfetti per la parte, ma anche perfetti sconosciuti e poi scoprire che fossero migliori amici! Parlo proprio di Eduardo Scarpetta e Vincenzo Nemolato, che nel film interpreta Gegè Di Giacomo, tra l’altro con una somiglianza incredibile con il personaggio vero. Dopo averli scelti, li ho fatti incontrare per rompere il ghiaccio, farli conoscere…e i due amici sono scoppiati a ridere, non ci credevano. Nessuno dei due si era ancora parlato per darsi la notizia e così è stata una sorpresa per entrambi. La cosa bella è che non abbiamo dovuto costruire nessuna relazione tra loro, perché esisteva già. E poi eravamo davvero circondati dall’atmosfera giusta, a Napoli tanti ambienti sono rimasti intatti, così com’erano all’epoca di Carosone, gli anni ’50 e ’60. E ci siamo ritrovati esattamente immersi nella realtà che volevamo raccontare.

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