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Abatantuono: “Si sono messi tutti a studiare, anche chi non era portato. Abbiamo perso grandi falegnami e idraulici”

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Diego Abatantuono non ha peli sulla lingua e in occasione dell’uscita del film Il mammone, dal 7 novembre su Sky Cinema, dice la sua sui giovani d’oggi. “Tanti si concentrano sulla mancanza del lavoro, sull’impossibilità economica, ma credo anche che la nostra generazione nel dopoguerra si sia focalizzata troppo sul foglio di carta, sul fatto che i figli non dovevano fare la fatica che hanno fatto i genitori. Si sono messi tutti a studiare, anche chi non era portato… Questa fissa di far studiare i figli ha prolungato il percorso scolastico e così nel frattempo abbiamo anche perso grandi falegnami, grandi idraulici”, spiega l’attore intervistato dal Corriere della Sera.

Le cose per lui, e ai suoi tempi, andavano diversamente: “La mia è stata un’esperienza anomala. Appena ho potuto ho iniziato a fare la mia vita, mia mamma lavorava al Derby di Milano, da adolescente facevo il tecnico delle luci per I Gatti di Vicolo Miracoli e ho iniziato a girare per l’Italia. Ho fatto il primo film a 20 anni, vivevo a Roma e quando tornavo a Milano stavo al Giambellino dai miei, ero fortunato, avevo la mia stanza. Di fianco a me nelle case popolari uguali alla nostra c’erano famiglie con sei figli”.

Non manca poi una simpatica stoccata al suo amico Gabriele Salvatores, che è diventato il compagno dell’ex moglie di Abatantuono: “Io pigro? Perché lui no?”, si chiede l’attore del film Il mammone. “Ha fatto la stessa carriera che ho fatto io, non mi sembra sia a Los Angeles a fare i 100 metri… Per altro io ho fatto 100 film e lui ne ha fatti 10; io ho fatto tre figli e lui ne ha ereditata una da me; io ho tre nipoti che chiamano nonno lui”. Infine una battuta a sfondo calcistico: “Come immagino l’inferno? Essere juventino e non vincere mai la Champions oppure essere interista e dovermi inventare il triplete per fregiarmi di una coppa interessante che di per sé non esiste”, ironizza Abatantuono.

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