Weediquette Tibetana
Il Buddhismo si cela dietro ogni gesto dei tibetani
Il giovane tibetano davanti a me sta girando una canna. Siamo seduti su dei cuscini sparsi intorno a una stufa che teoricamente dovrebbe riscaldare l’intero locale. Ma al posto della porta d’ingresso c’è soltanto una misera tendina che rende virtualmente vano qualsiasi tentativo di mantere una temperatura decente all’interno della stanza. Cerco sollievo ordinando una lattina di pessima birra locale e già mi sembra di poter sentire il mio stomaco che chiede pietà.
Non è semplice rendere idea di quanto faccia freddo a Little Lhasa quando tramonta il sole. Dirò soltanto che oggi anche i tibetani, popolo proveniente da una regione soprannominata il “tetto del mondo” – l’altopiano tibetano è il più alto al mondo, situato a nordest della catena himalayana – indossavano la loro giacca pesante.
Osservo i movimenti precisi del mio amico, Tenzin, e mi chiedo come sia possibile utilizzare le dita in questo momento. La mia birra arriva. Tenzin “brinda” con il suo spinello, ma non lo accende. Lo passa a me. Io lo guardo sorpreso.
Dopo aver assistito a “rituali” di questo genere in tre continenti diversi pensavo che almeno una regola fosse universale: chi rolla è il primo a fumare. Non qui. Tenzin mi guarda divertito e mi ricorda il motto delle scuole per i bambini tibetani rifugiati all’estero: “Gli altri prima di te stesso”.
Pensavo di dovermi iscrivere a un corso di meditazione silenziosa per trovare il buddhismo a McLeod Ganj e invece mi sbagliavo di grosso. Il credo buddhista, a metà tra una religione e una filosofia, si riflette in ogni singolo gesto dei tibetani, anche in quello di un ragazzo che fuma hashish.
La sera avanza e il locale comincia a popolarsi. Il whisky è una delle bevande preferite dai tibetani e prima di andarmene a letto me ne verranno offerti diversi bicchieri. Li accetto senza farmi pregare e ben presto mi ritrovo a partecipare a conversazioni che spaziano dal prezzo delle prostitute di Berlusconi al rigore mancato da Roberto Baggio nella finale di USA 94 (Il “codino” è un idolo da queste parti: calciatore egregio e buddhista convinto).
Quando torno in stanza e accendo il portatile mi concedo una mezz’oretta di zapping tra i siti di news regionali. Ѐ successo di nuovo. Un altro uomo si è dato fuoco e ha perso la vita lottando contro l’oppressione cinese. Ѐ il centoventicinquesimo. Mi ripropongo di dedicare il prossimo post alla sua memoria.
Il Tibet non è libero.