W. Bush è tornato di moda
Un sondaggio riabilita l'ex presidente, che inaugura la sua biblioteca/museo puntando sulla nostalgia e il futuro della dinastia
Sparito per più di 5 anni, George W. Bush è tornato. Di moda. Fino all’altro giorno era denigrato dai democratici, abbandonato dai reppublicani e considerato dalla popolazione uno dei peggiori presidenti di sempre. Oggi invece, dopo una settimana di fuoco, è tornato alla ribalta.
A riabilitarlo agli occhi degli States e del mondo c’è stato il sondaggione del Washington Post in collaborazione con ABC News: a fine dei suoi due mandati, nel 2009, il suo tasso di approvazione tra i cittadini americani era intorno al 30%. Colpa delle guerre, dell’atteggiamento muscolare, la crisi, le numerose ferie e via dicendo. Con il nuovo sondaggio invece il tasso schizza al 47%, un record positivo che non veniva raggiunto da sette anni. Sono scomparse le delusioni e la rabbia nei suoi confronti, gli hanno diluito le colpe e, di fronte a un Partito Repubblicano radicale come quello di questi ultimi anni, è cresciuta anche un po’ di sana nostalgia.
Ma non è solo una questione di numeri: questa settimana si è svolto un’importantissima cerimonia che ruotava tutta intorno all’ex presidente texano. A Dallas, infatti, è stata inaugurata la biblioteca/museo a lui dedicata, la George Bush Presidential Library and Museum: tomi importanti, documenti preziosi, cimeli presidenziali e così via. All’evento hanno partecipato i leader di tutto il mondo (Blair, Aznar, Olmert e l’onirico Berlusconi), nonchè il così detto presidential club al completo (Obama e tutti gli ex presidenti americani ancora in vita: Carter, Bush senior, Clinton e Bush junior appunto).
Tutti hanno speso buone, buonissime parole a cui l’ex presidente a risposto con giganti sorrisi e qualche lacrimuccia. Clinton, suo predecessore alla Casa Bianca, si è lanciato in complimenti degni di nota: «a me piace G. W. Bush, anche quando siamo in disaccordo. Perchè è diretto in maniera disarmante»; l’ha pure ringraziato per alcune sue vecchie iniziative, come la legge sugli aiuti per combattere l’Aids in Africa. Anche Obama, che ha fatto dell’emancipazione totale da Bush il suo cavallo di battaglia per anni di campagne elettorali, si è spinto in gentilissimi cerimoniali «un Presidente che apprezzo», una «persona compassionevole e generoso».
Il buon vecchio W in grande spolvero, insomma. Il Partito Repubblicano –e i conservatori tutti– l’avevano relegato alle più buie stanze della storia, cercando dal primo giorno di amministrazione Obama di togliersi di dosso tutto ciò che ricordava anche solo lontanamente il bushism. Ora la passione potrebbe riaccendersi, sarebbe un errore enorme, ma i revisionisti sono dietro l’angolo.
E se non sarà lui, poi, saranno le nuove leve della sua famiglia. Approfittando del momentum nostalgico ora tutti spingono su altri due membri della dinastia Bush: prima Jeb Bush –il fratello minore– alla sfida presidenziale del 2016; poi, perchè no, un altro George, il giovane George P. Bush figlio di Jeb, alla ricerca di un posto in Congresso.
L’ex presidente spinge convitamente per entrambi. Non è d’accordissimo sua madre Barbara: «Ne abbiamo avuti abbastanza di Bush», chiosa quasi seccata. Ma oggi è W il Bush in copertina, è lui quello tornato di moda.
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