Primo sgombero-Salvini a Roma: “Ci hanno trattato come animali, senza pietà, i bambini piangevano disperati”, parla uno sfollato
A Roma c'è stato il primo sgombero della direttiva Salvini. Il palazzo occupato di via Costi, inserito all'interno di una zona di capannoni industriali, era valutato a rischio per le sue precarie condizioni igienico sanitarie
Mentre le ruspe buttano giú le baracche e rimuovono l’immondizia, fuori in strada sono in pochi. Di chi viveva nel palazzo di Tor Cervara, il primo a essere sgomberato a Roma dopo la circolare voluta da Matteo Salvini, non ci sono molte persone.
Chi è rimasto è seduto a terra: c’è chi si guarda intorno, chi parla al telefono e cerca di spiegare quello che è successo. Qualcuno tiene accanto uno zaino riempito degli oggetti che è riuscito a portare via.
Lo sgombero del palazzo occupato, circondato da capannoni industriali, è iniziato la mattina presto ed è stato disposto dalla procura sulla base di una denuncia per occupazione abusiva di un immobile di proprietà privata.
Gli uomini delle forze dell’ordine sono arrivati alle sette e hanno notificato ai residenti il provvedimento di allontanamento. Non si sono registrate tensioni e, secondo quanto riportano fonti ufficiali, una quarantina di persone sono state fatte salire su due pullman e accompagnate in Questura per le procedure di identificazione.
Nello stabile, stando ai numeri del Comune, vivevano un centinaio di persone. Di più invece, quasi duecento, secondo chi nel palazzo ci abitava: famiglie, bambini, migranti ma anche italiani.
“Sono arrivati questa mattina presto, senza pietà. La polizia ha spaccato la porta. I bambini stavano dormendo e si sono impauriti. Piangevano come disperati. Ci hanno detto di preparaci, di uscire. Dentro casa è rimasto tutto: il latte, il biberon, i vestiti”, racconta Abbas. Italiano di origini irachene, nel palazzo occupato ci viveva da tre anni insieme alla famiglia: sua moglie, che viene dalla Serbia, e due bambine piccole, di tre e dieci anni. Una, dice, “è malata. Soffre di asma. Ora mi preoccupano le sue condizioni di salute”.
“Stavamo dormendo ancora tutti e non abbiamo fatto in tempo a prendere molto. Sapevamo che lo sgombero ci sarebbe stato il 17 settembre ma sono arrivati prima. Altrimenti ci saremmo preparati. Ci hanno trattato come animali”.
Le poche cose che è riuscito a recuperare le tiene vicino a sé, negli zaini e in due carrelli della spesa che ha riempito di fretta. Prima del palazzo di Torcervara, Abbas ha vissuto in altri posti occupati perchè, racconta, non aveva un lavoro e non poteva pagare l’affitto. Ora, ad aiutarlo è la parrocchia del quartiere.
“Il comune dice che ci sarà una ridistribuzione e che le donne e i bambini saranno portati in case-famiglia. Ma non hanno detto dove manderanno gli uomini. Il rischio è che le famiglie vengano separate e io non voglio stare lontano dai miei figli. Preferisco dormire in strada. E non sono il solo a pensarla così”.
Lo sgombero, racconta, è avvenuto senza resistenze e scontri. Anche lui non ha opposto resistenza. “Ora non ho una sistemazione e questa notte dormirò in strada”.
Appena ha saputo, sua cugina Elisa è venuta ad aiutarlo. Anche lei ha alle spalle altre storie du occupazioni. “Non potevo lasciare mio cugino in strada e qui sembra che non sia nessun tipo di sostegno. Manderanno la madri e i bambini da un’altra parte e separeranno le famiglie. Non credo sia la giusta soluzione”, spiega.
“Qui in Italia mangiano la testa della gente, è una vergogna”, racconta un ragazzo che ha vissuto per anni nel palazzo. “Dove andrò stasera? Metto un materasso sul prato e dormirò davanti al palazzo dove sono stato per tre anni”.
Il palazzo di Tor Cervara era conosciuto per le difficili e precarie condizioni in cui si trovava. Sulla complessa situazione di una periferia fatta di edifici abbandonati, ex fabbriche e capannoni, si era espresso anche Medici Senza Frontiere nel report Fuori Campo, in cui si parlava della mancanza di basilari strutture di accoglienza nella zona.
“Il palazzo era in condizioni critiche. Topi, rifiuti, e una grande terrazza all’ultimo piano utilizzata come latrina”, raccontano alcune persone che hanno partecipato allo sgombero.
“L’edificio è stato costruito circa 20 anni fa e poi per diversi problemi di condono è stato abbandonato. Non ci sono i bagni, non c’è acqua corrente perché manca l’impianto idraulico e la corrente arriva grazie a dei gruppi elettrogeni. Facciamo questo lavoro da anni ed è uno dei peggiori edifici che abbiamo visto”.
Una situazione che conoscono anche i comitati di quartiere, che avevano più volte portato la situazione all’attenzione del comune. “Sono anni che ne parliamo con la sindaca e la situazione è cambiata solo oggi. Dentro le condizioni di vita erano al limite. Immondizia ovunque e non c’erano né acqua né elettricità. È anche probabile che di notte venissero a scaricare qua l’immondizia. I rifiuti si accumulavano, dentro e fuori”, spiega Alessandro, del comitato di zona Tor Cervara.
“Ma la situazione non si risolve con uno sgombero, che finisce per creare altre condizioni di marginalità se non si garantiscono serie strutture d’accoglienza”.
È d’accordo Elisa, che fa parte dei comitati per la casa di Roma e che è arrivata sul posto per vedere cosa stava succedendo. “Gli sgomberi non fanno che aggravare la situazione. Bisogna agire alla radice del problema e pensare a risolvere la questione abitativa”, spiega.
“Le condizioni in cui vivevano non sono accettabili ma sgomberare non risolve il problema. Al contrario lo aggrava perché butta in strada le persone, che poi finiranno in altri posti e formeranno altri ghetti, marginalizzati e senza alternative”.