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Sayda Zeinab: un ritorno al passato

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Dove i sogni non hanno prezzo

Ci sono quartieri del Cairo del tutto snobbati da ogni circuito turistico – ormai raro-, eppure penso che molti si emozionerebbero a fare una passeggiata a Sayda Zeinab, un quartiere popolare a ridosso del centro della capitale egiziana che da anni è il mio rifugio quando il suono incalzante dei clacson dei taxi mi innervosisce troppo. In realtà, ci sarebbero molti motivi per venire qui, se non altro per vedere la moschea dedicata a Zeynab, la figlia di Ali e Fatima, la cui tomba, secondo gli sciiti, sarebbe conservata proprio qui. E’ per questo che, lo scorso autunno, nel suo storico viaggio al Cairo il presidente iraniano Ahmadinejad è stato uno dei pochi capi di stato passato da questo quartiere.

Ogni volta che vengo qui è un toccante viaggio nella storia. Scendo dalla metro, cammino qualche isolato e mi trovo negli anni ’50, in un tranquillo villaggio fermo a settant’anni fa. Chi conosce Fez può cogliere al volo questa immagine. Asinelli per strada, galline, vecchi mestieri e poi tanti odori che stimolano piccoli ricordi di infanzia di istanti estivi passati in quel sud Italia dove più di vent’anni fa l’odore del pane appena sfornato era un’esperienza di estasi completa che catturava il mio olfatto fino a fissarsi indelebilmente nella mia memoria dove resta vivo tutt’ora.

A Sayda Zeinab ritrovo quei mestieri di cui ho letto solo nei libri conservati nella mia libreria, ma mai visti sotto i portici di Bologna. L’arrotino qui non èsolo un ricordo dei miei genitori, ma esiste davvero, come l’uomo che impaglia le ceste e quello che ripara le sedie una ad una. E poi tante donne che seccano la verdura al sole o cucinano in pentoloni appoggiati sulla brace a terra.

La cosa più stravolgente e coinvolgente è la calma che si respira in questo dedalo di stradine, dove anche una visibilmente straniera e estranea al contesto si riesce a rilassare, incrociando gli sguardi delle ragazze e passando tra i discorsi dei signori più anziani che si fumano una shisha – narghilè- dopo l’altra. E le lezioni qui non finiscono mai. Ieri ho scoperto che negli anni ’50 la shisha si fumava mettendo il carbone direttamente sul tabacco, la carta argentata che ora separa questi due strati qui non è ancora arriva o, se è arrivata, non ha riscosso successo.

La più bella sorpresa di ieri è stato però un bambino di 7 anni con un futuro da attore nel Dna. Mentre il suo amichetto lo lascia per andare a sentire che cosa vuole la mamma che lo chiama dalla finestra, il bimbo avvista una vespa italiana e inizia il suo film personale. Sale su quel veicolo a due ruote che immagina essere suo, sistema lo specchietto retrovisore approfittandone per controllare che i suoi capelli siano a posto e finge di accendere il bolide.

Prima immagine di correre da solo in una strada a doppia corsia, dove incrocia amici di infanzia che lo saluto e gli chiedono dove va. Poi ritorna con l’immaginazione al Cairo e inizia a suonare il clacson, arrabbiandosi con un tassista che gli taglia la strada. Bulletto in ottima forma, il nostro eroe torna con i piedi per terra solo quando si accorge che neanche lla fantasia piú estrema gli riesce a far guadagnare quei centri menti che solo l’adolescenza gli regalerà, ma che sono sufficienti per toccare con la punta dei piedi a terra quando si è comodamente seduti sul sellino di una Vespa.

Nel guardarlo con la stessa dedizione di chi guarda un film al cinema, il suo viso mi ha fatto ricordare quello del piccolo Omar Salah il venditore di patate dolci che ha perso la vita a febbraio proprio in angolo di piazza Tahrir. Un soldato infastidito da Omar, che voleva vendergli una patata dolce non subito, ma dopo essere andato in bagno, gli ha sparato due colpi a bruciapelo, al cuore. E Omar Salah, che manteneva la sua famiglia, è morto all’istante. Grazie ai murales che ritraggono il suo volto, Omar è ora conosciuto dagli egiziani come no dei martiri più giovani di quella rivoluzione che stenta a fare vedere tutti i suoi risultati. Prima peró era uno dei tanti bimbini senza nome che trascorrono la loro infanzia aggirandosi per il centro del Cairo per lavorare e aiutare la famiglia a fare tornare quei conti che non quadrano mai. Bimbi che faticano, ma che non smettono di sorridere, di sperare e di sognare.

A mostrarlo è anche il nostro attore di Sayda Zeinab. Al lato della Vespa ha ammucchiato un sacco di plastica pulita che ha raccolto in mattinata. Quando il lavoro finisce, ci si lava le mani e si torna a sognare, per fortuna esiste la fantasia, che non ha prezzo, ma che regala tanto.

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