Quale sviluppo per i BRICS?
Nasce la Banca dei Paesi emergenti. Quali sfide per riscrivere la storia dello sviluppo?
Un giorno dopo la chiusura dei Mondiali, il Brasile è stato teatro di un altro evento internazionale, che certo non ha smosso le folle come la Coppa del Mondo, ma che ha una grande rilevanza dal punto di vista geopolitico. Si tratta del Vertice dei paesi emergenti, i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica) che dal 14 al 16 luglio si è svolto a Fortaleza. Un meeting importante perché sul piatto della bilancia ci sono le scelte politiche ed economiche avanzate dai paesi emergenti e non dai poteri forti tradizionali, Stati Uniti, Europa e Giappone che non siedono nemmeno al tavolo degli invitati.
Martedì i leader dei BRICS, che rappresentano il 40% della popolazione mondiale e 16 miliardi di dollari in termini di Pil, hanno annunciato la creazione di una nuova Banca per lo sviluppo, la New Developmente Bank, autonoma rispetto alle istituzioni finanziarie (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) che sarà operative a partire dal 2016. Oltre a questo, è prevista anche l’istituzione di un Fondo di Riserva per affrontare problemi di restringimento del credito estero. Una notizia positiva ed attesa da tempo, ma che comunque per le organizzazioni della società civile solleva delle questioni di non poco conto: non ci sono al momento chiare indicazioni di come altri attori, inclusa la società civile, possano fornire input nelle politiche di questa nuova Banca. Un aspetto non secondario ma anzi cruciale, se si vogliono evitare gli errori già compiuti in passato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario, che sono stati messi sul banco degli imputati da parte degli stessi BRICS e il cui modello di sviluppo viene fortemente contestato.
“In un mondo ideale infatti, attori di sviluppo del peso dei BRICS dovrebbero essere portatori di buone notizie per i paesi poveri – commenta Sameer Dossani, coordinatore dell’advocacy internazionale per ActionAid – per anni il FMI e la Banca Mondiale hanno intrapreso un modello di sviluppo fallimentare basato su liberalizzazioni, privatizzazioni e politiche di austerity. Politiche che hanno creato enormi disuguaglianze sociali e che sono attualmente in fase di revisione o comunque di analisi anche nei Paesi europei, pur essendo ancora parte delle strategie del FMI in Africa e Asia”.
D’altro canta per la prima volta, i BRICs hanno utilizzato una terminologia e un linguaggio decisi nei confronti dell’evasione fiscale, condannando con forza il tax planning aggressivo e qualsiasi forma di elusione fiscale. Un’azione non da poco visto che su questo fronte, sono proprio i paesi emergenti che potrebbero in futuro offrire una sponda perché i paesi poveri siano in grado di ottenere quelle risorse che perdono per colpa di un sistema fiscale globale che consente alle compagnie internazionali di eludere sistematicamente le tasse.
“Vogliamo quindi sperare che i BRICS stiano riscrivendo la storia dello sviluppo” – commenta Sameer Dossani, coordinatore di advocacy per ActionAid- “purtroppo i primi segnali non sono promettenti. Le banche di sviluppo nei BRICS stanno già finanziando progetti in altri paesi senza alcuna consultazione con gli attori locali e senza che le comunità locali ne traggano alcun beneficio. Dove è la trasparenza, se qualcosa va storto? Siccome sulla creazione di questa Banca sono stati forniti pochi dettagli, i nostri timori come organizzazione al fianco dei più deboli, è che questo modello privo di consultazioni sarà portato avanti anche dai BRICS con questa nuova Banca. Al contrario chiediamo che la Banca dei BRICs si doti di politiche improntate sulla trasparenza, e sulla salvaguardia sociale e ambientale e con meccanismi formali di consultazione delle comunità più povere e delle organizzazioni della società civile sui processi di sviluppo della nuova istituzione finanziaria”.
In questi giorni in Brasile, ActionAid ha preso parte ad un summit parallelo sempre a Fortaleza organizzato dalla società civile, che ha discusso gli impatti dei diversi modelli di sviluppo adottati nei paesi emergenti. Lanciando anche uno studio dal titolo “La cooperazione brasiliana e gli investimenti nell’agricoltura africana”, che analizza le pratiche e i progetti finanziati dalla Banca di Sviluppo Brasiliana (BNDES) e il loro impatto sui diritti umani e sull’accesso della terra in Africa.
“Il Brasile promuove sia modelli agricoli buoni che cattivi” – spiega Jorge Romano, Direttore di ActionAid Brasile – “Per esempio, la Banca di sviluppo brasiliana è molto ansiosa di riprodurre un modello produttivo industriale di canna da zucchero in paesi come il Mozambico ma la produzione su larga scala ha spesso avuto un impatto devastante dal punto di vista sociale e ambientale in Brasile. Altre agenzie brasiliane stanno tentando di condividere gli aspetti positivi del modello brasiliano, incluso il sostegno ai piccoli agricoltori, o iniziative di sicurezza alimentare e anche progetti di agricoltura sostenibile che la stessa ActionAid promuove nel suo lavoro con le comunità locali.”