Non è nulla di davvero nuovo: dalla strage di Fort Hood, ai maldestri attentatori che tentarono di far esplodere due aerei imboscando l’esplosivo rispettivamente nelle scarpe e nei boxer, fino al tragico duo Tsarnaev solo un mese fa, a costellare la storia recente del terrore (islamico, ma non solo: basti pensare allo xenofobo Anders Breivik) è stata scritta da lupi solitari, slegati o solo blandamente allacciati a organizzazioni più grandi e strutturate.
La stessa Al-Qaeda – ormai più un marchio utilizzato da una rete di franchise che un’entità concreta- usa i suoi organi di propaganda per incoraggiare singoli islamisti residenti in Occidente a combattere la guerra all’infedele con “bombe costruite in cucina”.
Andiamo così verso un futuro di tanti mini-attentati con poche vittime, abborracciati con mezzi di fortuna (le pentole esplosive degli Tsarnaev sono persino troppo sofisticate: bastano un coltellaccio, una spranga, un po’ d’olio sull’asfalto) e perpetrati da battitori liberi. Azioni che si collocano a cavalcioni fra la violenza politico-religiosa e la criminalità comune degli emarginati che popolano le sconfinate periferie delle metropoli europee.
Una guerra a bassa intensità, senza exploit spettacolari o stragi raccapriccianti, ma tanto più snervante in quanto gesti del genere sono più difficili da prevedere e scongiurare.
C’è però qualcosa di inedito e peculiare sia nell’attentato di Londra che in quello di Parigi, che mi sembra non sia stata sottolineata abbastanza. E’ che in entrambi i casi gli obiettivi dei terroristi sono stati militari, simboli dello stato e dell’interventismo occidentale nei paesi islamici.
La scelta in qualche modo rovescia la logica del terrorismo, che si distingue dalla guerra vera e propria proprio perché non fa distinzioni fra persone in divisa e persone senza divisa. Colpisce anzi preferibilmente i civili (, perché mira a istillare il terrore nella popolazione per creare instabilità e sfiducia nelle istituzioni democratiche. “Voi non sarete mai al sicuro”, ha ringhiato il killer di Londra in un video surreale, ma il suo stesso contegno sinistramente conciliante nei confronti dei passanti falsificava quell’anatema.
Non è semplice capire la ragione di questa improvvisa svolta in favore della scelta di bersagli specifici, che ricorda alla lontana quella delle Brigate Rosse italiane. Con molti distinguo, è chiaro.
Potrebbe essere frutto delle particolari sensibilità dei due attentatori riguardo a casi specifici in cui sono coinvolte le forze armate (a Londra si è parlato chiaramente di Afghanistan, in Francia il movente potrebbe essere l’operazione Mali). O una maniera di conquistare i favori di quella parte della popolazione islamica in Occidente che, pur avendo orrore per la violenza contro i comuni cittadini, cova un certo risentimento per gli interventi militari europei in Medio Oriente. In ogni caso, si tratta solo di un altro aspetto di questo novello terrorismo anarchico e casereccio: senza una vera regia centrale, ognuno attenta come gli pare e piace.