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Cosa leggono quelli di Al-Qaida

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La rivista on-line "Inspire" promuove un modello di Open Source Jihad

Nel caso ve lo foste perso, qualche giorno fa è uscito l’ultimo numero di “Inspire”.

Fra i pezzi forti ci sono un editoriale contro l’intervento francese in Mali, una fatwa dal suggestivo titolo “Un proiettile al giorno toglie l’infedele di torno” e una pratica guida per provocare incidenti stradali grazie all’impiego di olio e chiodi.

Se state strabuzzando gli occhi, forse è il caso di spendere qualche parola per spiegare di cosa si tratta.

Nata nel 2010 come organo ufficiale di Al-Qaida nella Penisola Araba, “Inspire” è una rivista distribuita on-line, e rivolta a tutti i Musulmani che parlano inglese e vivono nei paesi Occidentali.

L’obiettivo è istruire e incoraggiare i lettori a diventare mujaheddin senza dover partire per qualche sperduto campo di addestramento in Pakistan o in Sudan. Perché, come spiegava il primo numero di “Inspire”, si può contribuire allo sforzo jihadista “costruendo una bomba nella cucina di tua madre”.

Ma quali sono le letture preferite dei militanti di Al-Qaida? “Inspire” è costituito soprattutto da interviste a leader fondamentalisti (Osama, qualche mese prima di morire, scrisse un pregnante pezzo sulle responsabilità occidentali per l’effetto serra), testimonianze dai campi di battaglia in Yemen, Afghanistan e Sudan, editoriali al vetriolo su temi d’attualità e, soprattutto, la rubrica “Open Source Jihad”- che dà indicazioni su tecniche di guerriglia, creazione di esplosivi e altre amenità.

La rivista è particolarmente insidiosa perché accantona lo stereotipo della banda militante che vive nel deserto col kalashnikov a tracolla, promuovendo un’idea di jihadismo della domenica, con particolare presa sui giovani musulmani delle periferie europee e americane.                                                                                 

Lo stile di scrittura, altisonante ma moderno, e caratterizzato da un inglese perfetto, è stato a lungo un altro punto di forza di “Inspire”, fino al settembre 2011, quando i due principali curatori della rivista, entrambi di madrelingua inglese, furono uccisi da un drone americano in Yemen.

Si era pensato che quella sarebbe stata la fine di “Inspire” e del suo “Open Source Jihad”, ma così non è stato. Qualcuno ha preso le redini del progetto che, seppur con un inglese più incerto, continua a chiamare a raccolta i mujaheddin del Web. Perché “Inspire” , come la stessa Al-Qaida, non è più un’entità fisica, una persona o un gruppo di persone. E’ un’idea, e le idee sono a prova di proiettile.

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