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Pentole contro la Kirchner

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Per la terza volta da settembre, migliaia di persone sono scese in piazza contro il governo argentino

#18A è stato l’hashtag usato su twitter in Argentina per convocare all’ennesimo “cacerolazo” contro il governo. Così com’era successo il 13 settembre e l’8 novembre dell’anno scorso, decine di migliaia di persone sono scese in piazza con le loro pentole e mestoli a far sentire il frastuono del loro scontento. Una forma di protesta con una lunga storia in Argentina, il cui momento culmine fu durante il default del 2001, quando le pentole vuote rappresentavano la fame del popolo di fronte alla corruzione generalizzata della classe politica. Ma questa volta, così come l’anno scorso, a manifestare non sono i settori più poveri del paese, bensì i ceti medio-alti, che reclamano la perdita di libertà, specialmente economiche, a causa delle iniziative statali degli ultimi anni.

Tra i temi più controversi, spiccano sicuramente il forte controllo cambiario applicato dal governo di Cristina Fernández de Kirchner, cosí come la crescita dell’inflazione e la criminalità.

Una batteria di reclami che coinvolgono una fetta grande della popolazione argentina, esplicitamente allineata contro il governo, ma senza una rappresentanza politica chiara in parlamento. Sebbene i partecipanti abbiano sottolineato più volte la spontaneità dell’evento, la mano dei dirigenti dell’opposizione è apparsa questa volta più chiara dietro le quinte, con appelli e logistica prestata dalle strutture di partito. I rappresentanti dei partiti di destra, e alcune formazioni progressiste si sono presentati in piazza com’era successo nelle altre proteste della cittadinanza. Nonostante ciò, nessun partito riesce ancora a canalizzare lo scontento sociale nell’ambito della politica, e le dimostrazioni di piazza di questa opposizione senza seggi in parlamento, non lasciano intravedere la crescita di nessun gruppo politico verso le elezioni amministrative di ottobre.

Quel che rimane chiaro è che esiste un malessere forte dei settori piú agiati del paese e buona parte della classe media. Molti i cartelli in riferimento a Enrique Capriles, il candidato della destra venezuelana sconfitto nelle ultime elezioni e che ha chiamato i suoi sostenitori a protestare nelle strade di Caracas negli ultimi giorni, anche attraverso l’uso del cacerolazo. Anche se i seguaci di Capriles hanno poi causato violenze e otto morti in Venezuela, in quello che Nicolás Maduro ha definito come un colpo di stato sventato, i “caceroleros” argentini hanno sfoggiato cartelli in appoggio alla protesta oppositrice venezuelana.

Così come si sono spinti fino al parlamento, dove alla stessa ora si votava il progetto, alla fine approvato, di riforma della giustizia, goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso e spinto all’imponente manifestazione di giovedì. Durante l’apertura delle sessioni ordinarie del parlamento a marzo, la presidente ha annunciato l’invio del testo di riforma alle camere, dove si prevede l’eleggibilità dei giudici della corte suprema di giustizia direttamente da parte degli elettori. Il potere giudiziario viene quindi messo al vaglio del voto popolare, un’iniziativa che secondo l’opposizione tende a promuovere l’arrivo di giudici legati al governo e sottomettere cosí uno dei tre poteri dello stato alle necessità della politica.

In un anno elettorale effervescente, dove il kirchnerismo al governo deve affrontare le spaccature interne aperte dal governatore della provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli, e altri dirigenti politici, le proteste potrebbero aumentare col correre delle settimane. E l’opposizione spera, questa volta, di poter capitalizzare lo scontento sociale per mettere i bastoni tra le ruote alla presidente.

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