Paura e delirio a Salou
Novemila studenti britannici si ritrovano sulla Costa Dorada per una settimana di alcol, sesso e sport
Salou è una tranquilla cittadina di mare ad un’ora da Barcellona. Le sue lunghe spiaggie sabbiose l’hanno resa una meta classica del turismo per famiglie, che durante l’estate riempiono le strade ordinate di questo paesino della Costa Dorada. Niente lascerebbe immaginare che tra la fine di marzo e gli inizi di aprile quegli stessi viali e quelle spiagge vengono letteralemente invase da migliaia di studenti britannici completamente ubriachi e vestiti da supereroi o conigliette Playboy e che in quelle settimane l’unica brezza che spira tra i pini marittimi è un misto di alcol, urina, vomito e sudore.
È il Saloufest, officialmente un festival sportivo per studenti universitari britannici. Ma più che vincere il torneo di pallamano o la partita di rugby, l’obiettivo che attrae i 9 mila studenti provenienti da Inghilterra, Galles e Scozia è la promessa di bagordi, sbronze e sesso sfrenato per un’intera settimana. Una promessa che non viene affatto disattesa.
“È grande… è tornato… ed è migliore che mai!”. La pagina web degli organizzatori della 13ª edizione di questo baccanale di bassa stagione è sicura del successo dell’iniziativa e i numeri lo confermano. Ieri sono ripartiti i primi 4.000 arrivati sette giorni fa, mentre la settimana prossima e quella successiva arriveranno altri 5.000 studenti, tra i 18 e i 25 anni, che di giorno proveranno ad applicare le tattiche dei loro allenatori e di sera, qualunque sia stato il risultato delle competizioni, daranno fondo alle scorte di birra, vino e liquori dei locali di Salou.
Il festival era praticamente sconosciuto fino al 2010, quando la denuncia di stupro di una ragazza aveva richiamato l’attenzione dei mezzi d’informazione e acceso i riflettori su questo mega raduno simile agli “Spring breaks” che si celebrano negli Stati Uniti. Da allora, ad ogni inaugurazione del Saloufest, si dibatte sull’opportunità di questo evento e sulle sue ripercussioni.
I detrattori sottolineano che l’inciviltà dei partecipanti rende difficile durante quei giorni la vita quotidiana dei cittadini del paese. L’immagine poi delle orde di ragazzi, sovente nudi o poco vestiti, spesso urlanti e quasi sempre ubriachi, che girano di locale in locale fino all’alba, contrasta con quella che Salou si è costruita negli anni di cittadina a misura di famiglia. D’altro canto, chi è a favore rimarca che durante questi giorni gli esercenti e il comune registrano enormi entrate economiche, che in un periodo di profonda crisi rappresentano una boccata d’ossigeno da 5 milioni di euro.
Questo dibattito, in realtà, ne cela un altro, più complesso, sul modello turistico spagnolo. Il paese iberico, infatti, è la prima destinazione per vacanze del mondo e la seconda per introiti. I 300 giorni di sole all’anno, i 7.900 km di costa e le 511 spiagge con bandiera blu attraggono 59 milioni di turisti internazionali, che generano un fatturato di 56 miliardi di euro. Tuttavia, nonostante i tentativi di ampliare l’offerta, il turismo spagnolo è rimasto inchiodato al modello “Sun, sand sea”, che genera un minor valore aggiunto e condanna il paese al denominato “turismo da sbronza”.
Ma difficilmente nei prossimi tempi il governo metterà mano ad un settore in cui sono impiegati 2 milioni e mezzo di persone e rappresenta il 10% dell’intero PIL. Al contrario, l’apertura – in realtà, ancora sulla carta – dei cantieri del progetto del macrocasinò Eurovegas a Madrid segnala che la rotta continuerà ad essere la stessa. E lo sarà anche per la Generalitat della Catalogna, che ne ha avviato uno simile chiamato Barcelona World, che sorgerà a 10 minuti da Salou…