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Non sparate su Syriza

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Ecco perché mi sento di dire che non dobbiamo affatto aver paura di Alexis Tsipras

Forse inizialmente lo capirono in pochi, ma la tattica di Antonis Samaras di impuntarsi su Stavros Dimas presidente della Repubblica era proprio finalizzata a tornare alle urne.

In uno schema politico in cui, soprattutto per quanto riguarda Nuova Democrazia, non si riconosce l’esistenza di due blocchi contrapposti (dopo il dissolvimento del Pasok), Samaras non ha continuato quella prassi ellenica secondo cui il capo dello stato spetta all’opposizione.

Ha proposto dunque un esponente del suo partito come presidente della Repubblica non riuscendo a ottenere la maggioranza qualificata necessaria.

Da qui il ritorno alle urne, prima di una serie di diktat europei previsti per il mese di marzo che avrebbero visto la popolarità del primo ministro in carica scendere ancora di più. Compromettendo, questa volta veramente, le sue chance di vittoria.

Rispetto al doppio voto del 2012, probabilmente in queste elezioni si delineerà una chiara maggioranza di governo.

Sia nel caso probabile di una vittoria di Tsipras sia nel caso di una vittoria del fronte conservatore, ci saranno forze politiche pronte a determinare maggioranze di governo e cordoni sanitari ostili ad Alba Dorata.

Ma non è escluso che Alexis Tsipras ottenga addirittura la maggioranza assoluta dei seggi, cosa che non avviene dalla vittoria di Papandreou nel 2009.

In questo quadro, la vittoria di Syriza assumerebbe un significato storico. In primo luogo perché si tratterebbe di uno dei primi casi europei in cui la forza di maggioranza del Paese è una formazione a sinistra del Partito del Socialismo Europeo (in passato solo Cipro ha vissuto una situazione analoga, e del resto Nicosia potrebbe essere il primo viaggio all’estero del futuro premier Tsipras).

In secondo luogo perché formalizzerebbe la nascita di due blocchi diversi rispetto a quelli che hanno animato la politica ellenica dal 1974 al 2012.

Nonostante tutto, l’attenzione è incentrata prevalentemente sull’economia: quale politica porterà avanti Tsipras? Cosa rischia la Grecia dal punto di vista economico? Si rischia un’uscita di Atene dall’euro?

L’approccio consigliato, anche a seguito delle iniezioni di liquidità deliberate dalla Bce, deve essere quello di non preoccuparsi.

Il governo Papandreou scovò i conti truccati del precedente governo Karamanlis: baby pensioni e debito pubblico stellare (ereditato però anche dai governi socialisti a guida Simitis) che necessitavano di una cura da cavallo.

Questa cura è arrivata attraverso la Troika, che ha sistemato alcune sacche di sostanziale improduttività, ma non ha risollevato il Paese dalla crisi che attanaglia Atene.

Da qui la necessità e il desiderio degli elettori greci sia di punire un governo che ha chiesto tanto ai propri cittadini, sia di puntare su una politica di ridistribuzione e crescita a scapito del solito rigore.

In questo quadro (lungi dal definire Tsipras un socialdemocratico), lo stesso governo di Syriza potrebbe fornire un suo contributo in sede europea alla battaglia che si sta portando avanti attorno al patto di stabilità e crescita.

Che per alcuni risulta essere sempre più di stabilità e sempre meno di crescita.

A maggior ragione dopo la recente decisione della Bce, è inverosimile che Tsipras cancelli radicalmente tutte le risoluzioni precedentemente varate portando il Paese in uno splendido ma deleterio isolamento.

È verosimile invece che Tsipras chieda proroghe per quanto riguarda la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, proponendo scadenze diverse a organismi europei e non “trilaterali”.

In questo senso, addirittura, non solo è possibile che Tsipras si trovi a suo agio con alcuni leader della socialdemocrazia europea (anche con Renzi), ma addirittura che il suo approccio possa portare un contributo a un’idea di Europa sempre più federale e meno intergovernativa.

Un’Europa in cui si prendono le decisioni assieme, in cui la Germania vale uno e in cui non sono riconosciuti istituzionalmente validi diktat da parte di organismi dissimili tra loro (come Bce, Ue e Fmi).

Ecco perché mi sento di dire che non dobbiamo affatto aver paura di Alexis Tsipras.

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