Spagna, gli attivisti che lottano contro la costruzione del mattatoio più grande d’Europa (voluto da un italiano)
Dietro il progetto nel villaggio di Binéfar c'è il gruppo Pini, che fa capo a Piero Pini, arrestato alcune settimane fa in Ungheria
Mattatoio Spagna Binéfar | Da una parte c’è un gruppo industriale italiano famoso in tutto il mondo per la produzione di carne, dall’altra movimenti ecologisti e animalisti spagnoli che si oppongono alla realizzazione del mattatoio più grande d’Europa.
Accade a Binéfar, un villaggio spagnolo con poco meno di 10mila abitanti che si trova nella comunità autonoma di Aragona, nel nord-est della Spagna.
Il maxi-mattatoio, destinato secondo gli attivisti a costare 15 milioni di euro pubblici e a “torturare e uccidere” tra i 16mila e i 30mila maiali al giorno, in origine avrebbe dovuto essere realizzato in Italia e precisamente a Manerbio, nel Bresciano, ma il progetto è tramontato nel 2013 per i “troppi ostacoli burocratici”.
Negli anni successivi l’idea è stata riproposta in Spagna e precisamente a Binéfar, dove negli ultimi mesi sono iniziati i lavori di costruzione del mattatoio. TPI ha intervistato una degli attivisti e delle attiviste che si stanno opponendo al progetto.
Mattatoio Spagna Binéfar, chi c’è dietro: il gruppo Pini
Dietro la realizzazione del mattatoio c’è il gruppo valtellinese Bresaole Pini, con sede Grosotto, in provincia di Sondrio, che di recente ha acquisito il controllo dell’azienda Ferrarini.
Il gruppo è guidato dall’imprenditore 67enne Piero Pini, soprannominato in Italia “il re delle bresaole”.
All’inizio di marzo Pini è stato arrestato in Ungheria insieme ad alcuni suoi collaboratori, con l’accusa di frode fiscale per l’operato della sua società Hungary Meat Kft, che detiene uno stabilimento di produzione di carni fra i più grandi dell’Ungheria.
Nel 2016, l’imprenditore era stato arrestato in Polonia con le accuse di riciclaggio e frode e scarcerato dopo pochi giorni.
Mattatoio Spagna Binéfar: il campeggio degli attivisti in segno di protesta
Ad opporsi alla costruzione del mattatoio sono una serie di gruppi antispecisti ed ecologisti, che dall’inizio di marzo hanno piantato le loro tende nel parco di fronte al cantiere e hanno messo in atto azioni dimostrative contro la realizzazione del progetto.
“Siamo di fronte al mattatoio, in un parco verde”, racconta a TPI Alba, un’attivista di 25 anni, in una chiamata Whatsapp. “Si sta molto bene qui, ci sono molti fiori. Lì dall’altro lato della strada, stanno proseguendo con la costruzione, non si sono fermati”.
Alba si definisce antispecista, ma ci tiene a precisare che al campeggio hanno partecipato molti attivisti appartenenti a gruppi diversi e provenienti da diverse città, attraverso il passaparola sui gruppi Whatsapp.
“Alcuni stanno qui dall’inizio, come me, ma ci sono persone arrivate dopo”, spiega. “C’è gente molto motivata”.
Da cosa è nata la decisione di manifestare contro il mattatoio?
“Io sono antispecista, ma parlo per me”, dice. “Faccio parte di uno dei gruppi di Barcellona – ma non c’è un solo gruppo – e la nostra prima ragione è per gli animali, perché pensiamo che noi umani non dobbiamo usare nessun prodotto animale. Non usare gli animali come macchine, come schiavi”.
La prima traccia del progetto sulla gazzetta ufficiale risale al 2017, ma gli attivisti l’hanno scoperto solo pochi mesi fa.
“A Barcellona abbiamo formato un gruppo e abbiamo fatto alcune investigazioni e alcuni viaggi qui al villaggio prima del campeggio”, prosegue. “Abbiamo trovato dei documenti (che TPI ha potuto visionare, ndr) che dispongono la riqualificazione del suolo. Poi abbiamo chiesto i dettagli del progetto al comune, ma non abbiamo avuto risposta. Dicono di non aver niente a che fare con il progetto e scaricano la responsabilità sulla Regione”.
Un giorno gli attivisti si sono incatenati al cancello con i tubi di pwc, bloccando i lavori per alcune ore. Ma nel momento in cui parliamo con Alba ci sono solo 5 di loro al campeggio, quindi non sono seguite altre azioni dimostrative.
Nei momenti di maggiore partecipazione, in genere i weekend, gli attivisti sono una trentina, ma sono molti a offrire il loro sostegno da lontano: già quasi 3.500 persone infatti hanno firmato la petizione online per dire “No” al mattatoio.
La presenza degli attivisti a Binéfar è pacifica, tuttavia nelle scorse settimane ha provocato una dura reazione da parte dei militanti di estrema destra che vivono nella zona, come ha riportato anche il quotidiano online spagnolo Público.
Mattatoio Spagna Binéfar: l’aggressione dei militanti di Vox
“Ci sono stati alcuni incidenti con i militanti di Vox, che hanno lanciato pietre sulle macchine dei compagni. Sappiamo che sono stati loro perché li abbiamo visti”, dice Alba.
Come vedono invece la loro presenza gli abitanti del villaggio? “La popolazione è molto divisa”, racconta Alba, “Qui quasi tutte le persone ha un lavoro legato allo sfruttamento animale. Nello stesso villaggio c’è già un altro mattatoio, più piccolo. Data la presenza di questa industria, ci sono anche molti migranti qui”.
“I bianchi sono molto abituati al modello di vita di produzione e consumo che hanno. Poi ci sono i ghetti dove vive la gente nera, e i neri sono molto simpatici e buoni con noi”.
Le difficoltà registrate finora però non hanno fermato gli attivisti: “Vogliamo continuare a resistere. Giorno 25 maggio abbiamo organizzato una marcia in tutto il villaggio”, annuncia Alba.