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Lo sceicco della Roma, la bufala autocostruita

Immagine di copertina

Su Adnan Adel Arif al-Qaddumi Al Shtawi ne hanno dette di tutti i colori. Cucendogli addosso un abito che non ha mai avuto

Un 54enne giordano di origini palestinesi, trapiantato a Perugia.

Moglie impiegata, figlio carabiniere, figlia che lavora con lui.

Un appartamento di due camere, dignitoso, in un paese alle porte del capoluogo umbro.

S’era diffusa la voce, nel circondario, secondo cui Adnan al-Qaddumi stesse aspettando lo sblocco di una grossa eredità.

Nessuno si aspettava che questa eredità fosse così imponente da permettere all’uomo di comprarsi un pezzo della A.S. Roma.

La leggenda che circolava corrisponde col racconto dell’interessato, raccolto dai giornalisti de “Il Tempo”:

“Sto in Italia dal 1980 per studiare la lingua italiana all’università di Perugia. Ero già laureato in chimica farmaceutica. Quando risiedevo qua gli studi e il soggiorno li pagava mio padre, mi inviava mille dollari al mese. Così ho conosciuto Maria Grazia e mi sono innamorato. Così quando ho detto di rimanere qua la mia famiglia ha rifiutato; la mia vita è cambiata e mi sono stati chiusi i rubinetti nell’81. A quel punto mi hanno ripudiato ed hanno tolto i miei diritti e il sostentamento. Ho iniziato a lavorare come barista, imbianchino e carpentiere. Poi ho scoperto di avere disponibilità di conti correnti all’estero ma non potevo toccarli. Erano soldi che mi spettavano come erede. Sono risalito a una parte dell’eredità depositata presso banche arabe ma la mia vita è rimasta la stessa; non mi piace ostentare i miei titoli. Non serve e voglio sempre salvaguardare la mia famiglia italiana. Nel 2011, ho siglato un accordo con una società che appartiene alla famiglia reale saudita, la Hi-tech International Group”

Al-Qaddumi, ora, con quei soldi vuole entrare nella Roma, principalmente perché ama quella squadra, che considera un “simbolo”.

Una storia che va verificata – magari lui fa solo il prestanome, vai a sapere – ma che sembra davvero bella (un amore, una rinuncia, un altro amore – la Roma -, un lieto fine).

Ma questa non è la storia che abbiamo letto sui giornali per settimane.

Non sappiamo quando, né perché, è comparso in testa al nome del compratore, il titolo di “sceicco”.

Lo spiego.

La parola “sceicco” è un calco dell’arabo “shaykh”, una parola che significa “vecchio” e (quindi) “saggio”.

E’, semplicemente, un onorifico che si usa in diversi contesti, principalmente religioso e familiare.

Ma gli “sceicchi” che intendiamo “noi” sono strani principi con copricapi esotici che stanno seduti sui loro tesori avendo vagoni di petrodollari.

E i tifosi conoscono “sceicchi” – quelli sì, davvero, “sceicchi del petrolio” e di famiglia reale – che girano per l’Europa comprando cose come il Paris St. Germain.

Al “titolo”, col passare dei giorni e con l’aumentare della tensione (i romanisti non sono certo i tifosi più calmi del pianeta), si è associata poi la fotografia di un uomo che sembrava proprio uno “sceicco”: portava la “ghutra” –  cioè il tradizionale copricapo indossato da tutti gli “sceicchi” che si rispettino – e sembrava essere sorridente e sicuro di sé.

Erano tutti pronti ad accogliere nella Città Eterna il classico stereotipo di Riccone delle Sabbie quando i punti di riferimento hanno iniziato a ballare.

Vediamo come è andata.

In febbraio Mediaset sport, sotto al titolo “Roma nei guai per lo sceicco”, riportava:

“La Procura di Roma aprirà domani un fascicolo processuale, intestato ‘atti relativi a’ per verificare l’eventuale sussistenza di illeciti dietro le voci dell’ingresso dello sceicco arabo Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi nella società che controlla l’As Roma Calcio. Alla notizia il titolo della società giallorossa era infatti schizzato in Borsa, ma sul profilo dello sceicco e sulla sua reale intenzione di entrare nel club ci sono numerosi dubbi”.

Nessuno immaginava che il personaggio ritratto nella fotografia pubblicata in quell’articolo non fosse Adnan al-Qaddumi bensì Adel al-Jubayr, ambasciatore saudita negli Stato Uniti (molti la ripresero senza controllare).

L’articolo negava la (immaginata) ricchezza di al-Qaddumi, ma la fotografia rafforzava l’idea che fosse davvero uno “sceicco”.

A “scoprire” il “falso”, o meglio a scoprire questo “falso del falso”, è stato Il Messaggero che il 12 marzo titolava: “Roma, lo sceicco da 1.000 euro: gli è stato rifiutato anche un piccolo credito”.

Quelli di Dagospia, inbufaliti, riprendevano la notizia in questi termini: “Roma presa per il culo: se questo è uno sceicco…”

Tutti arrabbiati, insomma, ma con chi?

Con chi c’è da arrabbiarsi se dallo stereotipo dell’arabo ricco spunta uno sceicco delle Mille e una Notte?

Se attorno a una figura mitologica si è fatta fiction al punto che il Fatto Quotidiano definisce al-Qaddumi “presunto sceicco”?

Con noi stessi?

Penso di sì: che c’entra Adnan con tutto questo?

Nulla, davvero.

E fra l’altro sembra che tutto questo agitarsi attorno alla sua “figura” rischi di danneggiare i suoi interessi in Arabia Saudita.

Comunque, a ridere più di tutti era, già a fine febbraio, il titolista di Akhbar al-balad, giornale online giordano, che scriveva: “Il giordano Shtawi occupa la stampa italiana e blocca la Borsa”.

L’articolo chiudeva così:

“sulla stampa italiana è ancora in corso la controversia attorno a questo sheykh che secondo il Corriere della Sera fa tornare in mente il film ‘Lo sceicco bianco’ interpretato dal famoso attore italiano Alberto Sordi”

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