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La speranza a pedali

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Storie di risciomen di Kathmandu

Come iniziare a parlare di una paese, penso con una storia di persone che sperano e faticano.    

Era una notte d’estate, a Basantapur, il grande piazzone di fronte all’antico Palazzo Reale, gruppi di ragazzi giocavano a pallone. La piazza un tempo era il parcheggio degli elefanti dei sovrani e da qui il nome. Sotto le pagode dei templi vicini dormiva chi era senza casa, giunto dai villaggi in cerca di fortuna.

Come sempre decine di risciò-men attendevano, parlando, scherzando o sonnecchiando, qualche corsa. E fu lì che ci venne l’idea di provarli e organizzammo una gara, il risciò-men dietro, a dare consigli.

Il risciò è un mezzo incontrollabile se non si ha confidenza ed esperienza. I freni sono inesistenti, le ruote storte, la catena salta fuori ad ogni pedalata e, ben presto, la gara si concluse senza vinti e vincitori. Con felicità pagammo qualche rupia ai contadini inurbati, sorpresi di come era per loro possibile dominare il mezzo. E fu un occasione per parlare e sentire storie, tristi, di rassegnazione e di speranza.

Tanto raccogliemmo alcuni dati: un risciò costa circa euro 200 ma, i più giovani, raccontavano di un risciò a batteria in vendita in Bangladesh (la mecca dei risciò-men) per il doppio. A Kathmandu non si era mai visto ma, spiegavano, che con esso avrebbero viaggiato il doppio (e guadagnato) con metà fatica.

Per ora, giovani e vecchi, si dovevano accontentare dei trabbicoli che avevano, colorati e dotati di un telo di plastica (o di uno sgangherato ombrello) per ripararsi dalla pioggia del monsone. Tutti lo affittavano da padroni pagando 50-60 rupie al giorno (5 euro) e guadagnavano mediamente fra le 200 e le 500 rupie (cioè una media mensile detratte le spese di manuntenzione di circa 9.000 rupie cioè euro 90) . Grande festa quando c’erano i bhanda(scioperi in cui à vietato usare macchine) che fortunatamente per loro, sono molto frequenti in Nepal. In questi casi sono gli unici autorizzati a trasportare clienti e merci e allora il prezzo delle corse sale e loro si portano a casa fino a 2000-3000 rupie al giorno. Qualche volta si beccano qualche cazzotto dagli scioperanti ma il rischio poteva essere corso.

Nell’ultimo censimento, prima che ufficialmente fosse vietato rilasciare altre licenze, risultavano operativi oltre 500 risciò nella Valle e un numero incalcolabile nel piano Terai, dove sono il principale mezzo di trasporto.

Bir Bahadur ha più di 50 anni, gira da 20 come un pazzo fra le strade caotiche di Kathmandu, trasporta grasse signore che straripano dal piccolo seggiolino, montagne di pacchi e balle, turisti noiosi con zaini pesantissimi che chiedono sconti. Parla qualche parola essenziale d’inglese, ripete il solito mantra go to Thamel on nepal helicopter.

Come tutti i risciò-men è insultato dagli automobilisti, dai pedoni quando fischia per spostarli, s’infila nei vicoli più stretti dove, a volte, rimane incastrato bloccando il traffico, ansima nelle salite e, spesso, è costretto a scendere per spingere il risciò carico. Fà pena vederli fra le pozzanghere e i buchi delle strade di Kathmandu ma bisogna imporsi di utilizzarli perché noi “quiri“(stranieri) li paghiamo mediamente, e giustamente, il doppio dei locali.

Per i più anziani valgono le parole del protagonista del libro la Tigre Bianca (di Aravind Adiga). Poteva anche essere un conducente di risciò-una bestia da soma umana-però mio padre era un uomo con un progetto. Il suo progetto ero io.

Bir scese da Kavre perché il suo campo di mais non bastava a sostenere i sei membri della famiglia, voleva far studiare qualche figlio ma non ce l’ha fatta. Mi raccontava che si sente colpevole, per aver fatto così poco per loro.

Lo stesso sentimento che provai io una sera a Thamel quando mi sentii chiamare da un ragazzo sul risciò, stavo già facendogli vedere le chiavi della macchina per scoraggiarlo, quando mi disse che ci eravamo incontrati a Bolde Pediche durante una riunione nelle scuole del progetto. Gli chiesi cosa ci faceva lì e mi raccontò che aveva dovuto lasciare la scuola, la sua famiglia era stata costretta a venire a Kathmandu per trovare un lavoro. Avrà avuto 16 anni. Poi scomparve nel traffico. Qualcosa avevamo sbagliato.

I Tamang, un tempo portatori, sono la maggioranza dei risciò men di Kathmandu ma s’incontrano anche molti Madhesi saliti dal Terai, come Ram, più giovane e con più speranze. Rideva come un pazzo seduto dietro mentre guidavo il suo risciò, sbandando come un pazzo durante la gara di quella notte. La sua famiglia non poteva mantenerlo ed allora è partito in cerca di fortuna. Quando ha finito di lavorare s’inchioda in qualche ristorantino a vedere film di Boollywod ma ha ancora la sua speranza di finire la scuola (ha lasciato in VII classe) ed entrare nella polizia o nell’esercito. Spedisce qualche soldo alla sua famiglia di otto persone che vivono vicino a Bara, in un piccolo villaggio ai margini della giungla. Il resto cerca di rispiarmarlo, dice, per pagarsi gli studi quando avrà abbastanza per ridurre il lavoro e rimettersi a studiare.

Altri s’infilano nei baretti più scalcinati e cercano di sottomettere fatica e disperazione con immani bevute di rum e whisky locale. Liquidi che contribuiscono alla veloce distruzione fisica, insieme al continuo pedalare, dei risciòmen.

Qualche organizzazione, nel Terai, prevede degli schemi di microcredito che permettono a gente come Ram e Bir d’acquistare il risciò e guadagnare qualche soldo in più che gli consentirebbe di acquistare terra nei villaggi. In Rajasthan, alcuni risciò furono dotati di telefono cellullare e fungevano da cabine mobili, arrotondando così i guadagni.

Un tempo la speranza dei riscio-men di Kathmandu era comprare una patente o guidare un “tempu” un specie di vespa cabinata, ora scomparsa e vietata per l’inquinamento. Ho raccontato a Ram, sempre attivo nella Piazza, che in Bangladesh, dove la sua categoria raggiunge 1 milione di operatori, è nato Magic Tin Chakar Taroka cioè ‘Three-wheeler Stars’ dove centinaia di risciò-men si sfidano, per mesi, in una gara di canzoni. Quest’anno, a novembre, ha vinto Omar Alì, 45 anni, che ha proposto le canzoni che per 25 anni ha cantato ai passeggeri del suo risciò. Milioni di SMS l’hanno proclamato vincitore della trasmissione, “Whenever he sings, he sings from deep inside. It’s soul-stirring, ha spiegato il presentatore della popolarissima trasmissione. Ora inizierà un piccolo business con i USD 1500 vinti al concorso e spera di cambiare definitivamente vita se, il suo prossimo album, avrà successo. Che storia

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